Concetti Chiave
- Il De magia, noto anche come "Apologia", è l'autodifesa di Apuleio durante un processo per accusa di magia.
- Questa orazione giudiziaria è l'unica dell'età imperiale giunta fino a noi, sebbene rielaborata per la pubblicazione.
- Apuleio presenta i suoi accusatori come persone indegne, mentre lui e il giudice sono descritti come moralmente onesti.
- Nella prima parte del discorso, Apuleio minimizza le accuse secondarie, come il fatto di aver scritto poesie d'amore.
- Apuleio distingue tra la magia volgare di cui è accusato e una magia più nobile, legata a un rapporto filosofico con il divino.
Il De magia
Il De magia, conosciuto anche come "Apologia" (ossia discorso in difesa di sé, di altre persone, di un idea o di una dottrina), è l'autodifesa pervenutaci in codici che Apuleio pronunciò in occasione del processo per accusa di uso di magia. Questa fu l'unica orazione giudiziaria di tutta l'età imperiale che è giunta fino a noi, però sappiamo con certezza che il testo fu rielaborato dall'autore in vista della pubblicazione ( pratica molto frequente nell'antichità). Fin dall'inizio della trattazione Apuleio identifica gli accusatori come dei personaggi indegni e spregevoli, mentre presenta il giudice e se stesso come degli uomini caratterizzati da onestà morale e comunanza di interessi filosofici. Nella prima parte del discorso Apuleio prova a togliere forza alle accuse secondarie, ossia quelle ricavate dai suoi comportamenti interpretati dagli accusatori come indizi d'immoralità: ad esempio il fatto di aver scritto poesie d'amore. Nel capitolo 25 incomincia la vera difesa e confutazione dall'accusa di magia. Apuleio contrappone alla magia volgare di cui è accusato una magia più nobile, consistente in un particolare rapporto del filosofo con l'ambiente divino, in una speciale pratica di familiarità. L'apologia come abbiamo detto è un'orazione giudiziaria, ma Apuleio l'ha connotata in senso spiccatamente epidittico; introduce excursus di tipo morali, aneddoti ed esempi tratti dalla storia greca.