Concetti Chiave
- La tipologia del guerriero gallo viene descritta come dotata di prestanza fisica e ardore guerresco, ma anche di tracotanza e incostanza, secondo gli scrittori latini.
- La romanizzazione ha trasformato la percezione dei galli, che hanno perso l'immagine di barbari, trasferita poi ai popoli germanici.
- Cesare ha marcato la distinzione tra galli e germani, descrivendo i germani come più selvaggi rispetto ai civili galli.
- Velleio Patercolo ritrae i germani come feroci e inumani, incapaci di essere civilizzati, mentre Tacito offre una visione più complessa e ambigua.
- Tacito riconosce nei barbari una morale e uno spirito d'indipendenza, pur sottolineando le loro caratteristiche incivili, creando una figura contraddittoria.
Indice
- Tipologia del guerriero gallo
- Romanizzazione e cambiamento della percezione dei Galli
- Distinzione tra Galli e Germani
- Velleio Patercolo e la feritas dei Germani
- Opinioni contrapposte tra Velleio Patercolo e Tacito
- Il punto di vista di Tacito sui Barbari
- Contraddizioni nella figura del barbaro in Tacito
Tipologia del guerriero gallo
A partire da questa vicenda, si andò costituendo una tipologia del guerriero gallo ampiamente diffusa tra gli scrittori latini: prestanza fisica (il tratto più spesso rilevato è la corporatura gigantesca che, insieme alla capigliatura incolta e all'abbigliamento inconsueto, assimila il barbaro a una belua) e ardore guerresco si accompagnano e si contrappongono a stolta tracotanza, scarsa resistenza e incostanza. Ecco ad esempio le parole che lo storico Livio, attivo sotto Augusto, attribuisce al personaggio di Camillo, quando questi esorta gli Ardeati a muovere senza timore contro i Galli che si stanno avvicinando alla loro città.
Romanizzazione e cambiamento della percezione dei Galli
Con la progressiva sottomissione e la conseguente romanizzazione della Gallia Cisalpina e Narbonese, e poi di quella Transalpina a opera di Cesare, i Galli perdono in parte, agli occhi dei Romani, le caratteristiche tipiche della "barbarie", rappresentata ora, tra i popoli settentrionali, dai Germani.
Distinzione tra Galli e Germani
La distinzione tra Galli e Germani (considerati fino ad allora tutti di comune stirpe celtica) è istituita per la prima volta con chiarezza da Cesare. Nel De bello Gallico (1,31) è proprio un Gallo, Diviziaco, che contrappone i Germani di Ariovisto, homines feri ac barbari, ai più civili e benestanti Galli, in nome dei quali chiede a Cesare di ricacciare al di là del Reno «quell'uomo barbaro, iracondo, temerario». Pochi capitoli dopo lo scrittore riferisce come le voci sulla ingens magnitudo corporum e sullo straordinario valore guerresco dei Germani siano sufficienti a gettare nel panico i suoi soldati; il resoconto, infine, delle inconcludenti trattative con Ariovisto e della battaglia che segue aggiunge al ritratto tracciato da Diviziaco alcuni elementi che significativamente ne completano la figura di barbaro: egli si rivela arrogante e infido, superstizioso e ferocemente selvaggio.
Velleio Patercolo e la feritas dei Germani
Proprio sulla irriducibile feritas dei Germani, unita a una straordinaria astuzia messa al servizio dell'inganno, insiste Velleio Patercolo, che prestò servizio nell'esercito romano inviato sul Reno subito dopo la disfatta subita da Varo a Teutoburgo nel 9 d.C. Egli la attribuisce al fatto che Varo «immaginava fossero esseri umani coloro che invece nulla avevano di umano salvo la voce e le membra, e che si potessero ammansire con le leggi coloro che non si potevano domare con le spade». Essenza della barbarie è considerato il rifiuto di sottomettersi a Roma e di accettare i benefici della civiltà, rifiuto che spoglia i barbari di ogni caratteristica umana, eguagliandoli a bestie feroci.
Opinioni contrapposte tra Velleio Patercolo e Tacito
Quanto rozzamente chiara e semplice è l'opinione di Velleio Patercolo sui barbari, altrettanto complessa, varia, e in definitiva ambigua è invece quella di Tacito, sia nelle opere storiche sia nelle due operette Agricola e Germania, in cui l'interesse etnografico è esplicito e dichiarato.
Il punto di vista di Tacito sui Barbari
Egli sa porsi dal punto di vista dei barbari ribelli e riconoscere che essi combattono per conservare o recuperare la propria libertas. Questo atteggiamento, non nuovo nella tradizione letteraria latina (già Cesare infatti e poi Sallustio e Livio avevano saputo dar voce alle legittime aspirazioni all'indipendenza degli altri popoli), ricorre con particolare frequenza in Tacito, sempre diviso tra l'ansia per la sicurezza di Roma e l'adesione sentimentale alle ragioni di coloro che aspirano alla libertas.
Contraddizioni nella figura del barbaro in Tacito
Nella figura del barbaro in Tacito si sovrappongono infatti tendenze divergenti: da una parte il disprezzo e il timore per degli esseri incivili, al limite della ferinità, dall'altra il rispetto e la simpatia per la sanità morale e lo spirito d'indipendenza di popolazioni che tengono in scacco Roma. Per Tacito, insomma, i barbari devono essere sottomessi e ammirati.Domande da interrogazione
- Quali sono le caratteristiche principali attribuite al guerriero gallo dagli scrittori latini?
- Come è cambiata la percezione dei Galli con la romanizzazione?
- Qual è la distinzione tra Galli e Germani secondo Cesare?
- Come descrive Velleio Patercolo i Germani?
- Qual è il punto di vista di Tacito sui barbari?
Gli scrittori latini descrivono il guerriero gallo come dotato di prestanza fisica, con una corporatura gigantesca, capigliatura incolta e abbigliamento inconsueto, associato a un ardore guerresco ma anche a stolta tracotanza, scarsa resistenza e incostanza.
Con la romanizzazione della Gallia, i Galli hanno perso parte delle caratteristiche di "barbarie" agli occhi dei Romani, che ora vedevano nei Germani il nuovo simbolo della barbarie.
Cesare distingue i Galli dai Germani, considerati fino ad allora di comune stirpe celtica, descrivendo i Germani come più feroci e barbari rispetto ai più civili e benestanti Galli.
Velleio Patercolo descrive i Germani come dotati di irriducibile feritas e straordinaria astuzia, rifiutando di sottomettersi a Roma e accettare la civiltà, eguagliandoli a bestie feroci.
Tacito riconosce le legittime aspirazioni dei barbari alla libertas, mostrando un atteggiamento complesso e ambiguo che oscilla tra disprezzo e rispetto per la loro sanità morale e spirito d'indipendenza.