Sofocle nasce a Colono (quartiere di Atene) nel 496 a.C. da una famiglia agiata. Visse in un periodo di cambiamenti politici dovuti alla nascita e fine stessa della civiltà classica con Pericle. Recitò in prima persona all’interno di cori fino a che non esordì come poeta tragico nel 468 a.C. Era anche un uomo politico, fu stratega ed era anche molto religioso tanto da introdurre il culto del dio guaritore Asclepio. Di lui a noi restano 7 tragedie. Se per Eschilo la tragedia ha la funzione di offrire una guida alla polis attraverso un dolore educativo affinché si comprenda i propri limiti e quelli del divino, per Sofocle ogni tragedia ha la sua unità incentrando tutto su un personaggio perciò rappresenta una tragedia di uomini, di eroi omerici che diventano uomini, nasce così la nuova figura dell’eroe tragico. Altre innovazioni sono l’aumento dei coreuti da 13 a 15, gli attori in scena sono tre ed elimina la trilogia legata nematicamente così da porre il personaggio in tutta la sua originalità e non più all’interno di una saga mitica. Sono frequenti soprattutto monologhi con una scrittura equilibrata tra armonia formale e tensione interna (come proprio di tutta l’arte greca classica).Se Eschilo metteva in scena l’azione, Sofocle la pone al centro la sofferenza. L’uomo non può interpretare i messaggi divini, soffre e l’unico modo per superarla è con un atto di fede tra uomo e dio poiché tra i due c’è incomunicabilità. La partenza è identica ma Eschilo mostra le azioni giuste degli dei, Sofocle parla dal punto di vista umano e si rassegna. La scena perciò è dominata dall’intelligenza umana che non arriva e non tutto può.
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Sofocle