L’Ode a Policrate si apre con un elenco degli eroi che parteciparono alla guerra di Troia; ma Ibico interrompe quasi subito l’enumerazione piuttosto impersonale, per introdurre un tema nuovo, indicato dagli studiosi con il termine latino di recusatio, cioè “rifiuto”, evidente nell’affermare chiaramente il suo atteggiamento di indipendenza rispetto ai modelli tradizionali, nel sottolineare la sua libertà di scelta nella composizione di un’opera,di cui l’autore si sente,e vuole essere,pienamente responsabile.
Secondo quanto afferma Ibico, solo le Muse,nella venerabile onniscienza, sarebbero in grado di affrontare per intero l’immenso e ponderoso tema delle lodi degli eroi; un mortale non ci riuscirebbe mai in modo adeguato, a causa sei limiti stessi della sua natura. E poiché il poeta è ben consapevole di ciò, preferisce abbreviare la trattazione del tema eroico, per passare subito a ciò che gli è più congeniale e che più vivamente lo ispira: la lode di Policrate. Così, dopo aver esaltato la bellezza del giovane Paride, figlio di Priamo, paragonandolo all’acheo Zeuxippo ed affermando che i due eroi erano alla pari, come un metallo prezioso è uguale ad un altro, Ibico conclude la sua composizione sviluppando per la prima volta in maniera esplicita il tema della poesia eternatrice. Infatti egli afferma che le qualità degli uomini, come la bellezza e la gloria, sono comunque destinate all’oblio entro poco tempo, se la loro sopravvivenza non fosse affidata alla forza immortale del genio poetico, che in questo modo esalta contemporaneamente l’oggetto del proprio canto e se stesso.
Coloro che mandarono in rovina
La città di Priamo, famosa e ricca,
partendo da Agro,
per volere del grande Zeus
e per la bellezza della bionda Elena,
scatenando una contesa molto celebrata
nella guerra dolorosa,
Ate colpì la sventurata Pergamo,
a causa di Afrodite dall’aura chioma.
Ora,io non ho desiderio di cantare
ne Paride traditore dell’ospite,
ne Cassandra dalla caviglia snella,
ne gli altri figli di Priamo,
ne l’indiscrivibile giorno in cui
fu presa Troia dalle alte porte;
(…)
Certo le Muse sapienti
inizierebbero questo racconto
ma un uomo mortale
non potrebbe, in vita sua narrare tutto
(…)
Ora la loro bellezza dura per sempre;
e anche tu, Policrate, avrai gloria immortale,
per il mio canto e per la mia fama.