gigiobevi99
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Indice

  1. Erodoto
  2. Le storie
  3. Struttura delle storie
  4. Il metodo storiografico
  5. Il senso della storia e la visione del mondo
  6. Pensiero politico
  7. Lingua e stile

Erodoto

Le storie

Si aprono con un proemio nel quale l’autore presenta l’opera, precisando che è sua intenzione sottrarre all’oblio le imprese grandi e mirabili e indagare le cause delle guerre persiane degli anni 490 e 480-78. Lo spazio cronologico narrato è di circa ottant’anni. I pilastri su cui tale racconto poggia sono i regni dei primi quattro sovrani persiani (Ciro, Cambise, Dario e Serse).
Questo testo fu diviso dai grammatici alessandrini in nove libri, ciascuno intitolato con il nome di una musa, anche se Erodoto aveva indicato le varie parti semplicemente con il termine λόγοι.
Le storie possono essere divise in due grandi sezioni, costituite dai libri 1-5 e 5-9. Nei primi 4 si racconta l’espansionismo persiano, mentre negli ultimi si inseriscono i Greci che si infiltrano nel discorso principale fino a dominarlo. Storia persiana e greca, quindi, si sovrappongono.

Struttura delle storie

Quest’opera contiene molto più del racconto delle vicende del Mediterraneo orientale. Il racconto principale è molte volte interrotto da excursus di carattere etnografici, storici, geografici, che hanno fatto ritenere che l’opera di Erodoto non sia nata come un progetto unitario.
Qui nasce la “questione erodotea” che ha visto contrapporsi “unitari” e “separatisti”: i primi sostengono che egli aveva in mente un piano generale dell’opera, gli altri che egli abbia aggiunto in corso d’opera digressioni dipendenti dal filone unitario.
La composizione avvenne sicuramente con l’ausilio della scrittura ma inizialmente era affidata alle letture pubbliche.
La presenza nel testo di promesse non mantenute e la portata storica hanno fatto sorgere la questione della compiutezza dell’opera.

Il metodo storiografico

Erodoto elenca gli strumenti di cui si è servito nella sua ricerca: la visione diretta, fonte più degna di fede, l’ascolto dei racconti altrui e la riflessione personale. Egli dovette necessariamente ricorrere a testimonianze altrui, forse tramite testimoni oculari, ma principalmente tramite lunghe tradizioni orali.
Le fonti scritte di Erodoto sono in primo luogo le opere della letterature greca prodotta fino ad allora: egli cita circa 15 poeti, partendo da Omero.
Egli abbandona il tempo mitico, impossibile da verificare criticamente, e limita il proprio interesse alle azioni e agli eventi umani, gli unici storicamente accettabili. Ciò non significa che egli neghi la storicità dei personaggi e degli eventi dell’epica tradizionale, ma che ritenga che i poeti abbiano preferito le esigenze dell’arte alla verità, alterando dunque i fatti. Ecco perché si registra commistione di credulità e scetticismo.

Il senso della storia e la visione del mondo

Erodoto crede in un meccanismo ciclico interno, articolato in tre fasi: ascesa, apogeo, declino.
Tutto appartiene a un corso predisposto da una forza superiore, che egli indentifica con la “divina provvidenza”. Nessuno può sottrarsi al Fato, neppure gli dei, che fungono da motore e garante del meccanismo ciclico che regola il fluire disordinato dei fatti.
in alcuni casi i dei agiscono per vendetta contro chi pecca di tracotanza o per invidia verso chi è troppo felice e fortunato. In un mondo dominato dal destino e dalla divinità, l’uomo ha una libertà illusoria perché è spinto da una forza superiore a seguire il corso della storia. Questo ci pone difronte ad una concezione tragica della vita umana. L’uomo può solamente astenersi dalla tracotanza o utilizzare il suo intelletto per decodificare i segni tramite cui il destino si svela.

Pensiero politico

Il pensiero politico di Erodoto non si manifesta in maniera chiara. L’unica certezza che abbiamo è che era del tutto avverso alla tirannide poiché uno stato è libero se è retto da un governo che non agisce in maniera dispotica. Egli è consapevole delle debolezza della monarchia e della democrazia e si limita solo ad evidenziarli.

Lingua e stile

Nell’antichità ci fu grande ammirazione per lo stile di Erodoto, che scorre “senza intoppi”. L’unico che critica il suo stile è Aristotele, definendolo ormai superato perché caratterizzato dalla prevalenza della paratassi.
Alla base della sua lingua, c’è il dialetto ionico, lingua ufficiale della sua città, ma non è uno ionico puro, ma contaminato da elementi estranei ed eterogenei.
Egli verrà inoltre definito “omericissimo” specialmente per l’ispirazione alle forme e alle locuzione poetiche.

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