Erodoto - Libro 1: Creso e Ciro
Erodoto nei suoi libri narra il risultato delle sue ricerche storiche per evitare che le grandi imprese greche e barbare vadano perdute nel tempo.
Inizio delle ostilità tra greci e persiani
VERSIONE DEI PERSIANI: I Fenici arrivarono ad Argo per commerciare. Quando alcune donne della città, tra cui Io, la figlia del re, si recarono alle navi per acquistare delle merci, vennero aggredite dai marinai e catturate. I Fenici allora si allontanarono e partirono alla volta dell’Egitto. Da allora iniziò una serie di reciproci rapimenti tra greci e barbari.
Secondo i barbari (in particolare i Persiani) non bisognava preoccuparsi delle donne rapite perché non si sarebbero mai lasciate prendere se non fossero state consenzienti.
I greci invece radunarono addirittura un esercito per il rapimento di Elena ed abbatterono la città di Priamo.
VERSIONE DEI FENICI: Io andò in Egitto perché era rimasta incinta dopo una relazione con il timoniere della nave e non voleva tornare in patria per la vergogna. Iniziò poi una lunga serie di reciproci rapimenti…
Creso e Solone
Creso, per primo fra i barbari di cui abbiamo notizia, aggredì e sottomise numerose città greche al pagamento di un tributo e ne annesse i territori al regno dei Lidi. La capitale Sardi all’apice del suo splendore era visitata da molti sapienti dell’epoca, tra cui Solone di Atene.
Un giorno Creso gli chiese chi fosse l’uomo più felice che avesse mai conosciuto, convinto di aggiudicarsi il primo posto. Il saggio però rispose che non è possibile stabilire se un uomo è veramente felice finché non sa come ha concluso la vita. Infatti molti uomini, pur essendo straricchi, non sono felici, molti invece, che vivono una vita modesta, possono dirsi davvero fortunati.
Creso, non contento della spiegazione, congedò Solone. Dopodiché iniziò a subire la vendetta del dio per aver creduto di essere l’uomo più felice del mondo.
Il destino di Atis
Creso ebbe un sogno rivelatore nel quale gli venne indicato che Atis, il suo unico figlio (ne aveva anche un altro ma non lo considerava tale perché muto), sarebbe morto colpito da un punta di ferro. Al risveglio fece radunare tutte le lance e i giavellotti con le punte di ferro nelle stanze delle donne per evitare che colpissero il figlio. Inoltre fece sposare il ragazzo per evitare che andasse a condurre spedizioni militari come soleva fare.
Giunse a Sardi Adrasto, un greco che aveva ucciso il fratello involontariamente e per tale motivo era stato cacciato di casa. Creso lo purificò e lo accolse con benevolenza perché era discendente di un suo alleato.
Un giorno i messaggeri dei Misi, abitanti del monte Olimpo di Misia, riferirono al sovrano che un cinghiale stava distruggendo le loro coltivazioni e non riuscivano a fermalo, neanche col tutto il loro esercito. Chiesero quindi l’aiuto di Atis. Il principe convinse Creso a lasciarlo andare perché il cinghiale non possedeva armi, pertanto non sarebbe stato colpito da nessuna punta di ferro. Il sovrano di Sardi affidò il figlio ad Adrasto, ma proprio questi, mentre cercava di colpire il cinghiale, centrò il corpo di Atis, che morì come profetizzato nel sogno del padre.
Reazione di Creso
Creso, dopo aver chiesto consiglio al dio Zeus, notò che Adrasto era talmente pentito a tal punto che decise di togliersi la vita. Il sovrano però, notando il suo pentimento decise di non punirlo, ma provo solo tanta compassione per l’uomo più sciagurato del mondo. Questi però decise comunque di suicidarsi sulla tomba di Atis.
Nascita, infanzia ed ascesa al potere di Ciro
Astiage, re dei Medi, ebbe una visione interpretata dai Magi come la rovina del suo regno da parte di suo nipote, figlio di sua figlia, Ciro. Così volle eliminare il bambino appena nato per evitare che diventasse re. Ordinò ad Arpago, il suo più fedele servitore, di portare a casa sua il bambino e di ucciderlo; ma Arpago non volle uccidere il bambino e costrinse un contadino a sopprimerlo. Neanche questo contadino volle uccidere Ciro, ma la moglie decise di scambiare il suo bambino morto alla nascita e tenere Ciro, a cui venne dato un altro nome. Il cadavere del bambino morto venne dato ad Astiage che lo seppellì e non temette più la disfatta del suo regno. Quando Ciro crebbe, giocando con i suoi compagni, rivelò il suo grande talento nel governare, ma, maltrattando il figlio di un grande capo dell’ esercito, venne chiamato a corte di Astiage che, sfortunatamente, lo riconobbe e punì Arpago duramente mentre affidò Ciro ad un’altra famiglia. Ciro diventò grande e si fece riconoscere per le sue grandi doti di comandante; fino a che Arpago decise di allearsi con lui al fine di rendere i persiani più forti e ribellarsi ai Medi e ad Astiage. Radunò un grande numero di soldati e con essi conquistò e schiavizzò i Medi che da tempo sopprimevano i Persiani stessi.
Preparativi dello scontro tra Lidi e Persiani
Dopo due anni di lutto strettissimo, la notizia dell’ascesa al potere di Ciro e della conseguente espansione della potenza persiana spostarono i pensieri di Creso sul modo in cui avrebbe fermato l’avanzata prima che diventasse troppo influente.
Prova degli oracoli
Il sovrano decise di testare le conoscenze di tutti gli oracoli greci e dell’indovino Ammone di Libia; in caso di riscontro positivo avrebbe inviato dei messaggeri per chiedergli se avesse potuto intraprendere delle spedizioni militari contro la Persia.
Gli incaricati avrebbero dovuto chiedere dopo 100 giorni dalla partenza cosa stesse facendo Creso in quel momento. Questi, quando lesse i responsi, restò soddisfatto solo dall’indovino Ammone e dall’oracolo di Delfi, l’unico che indovinò che il sovrano aveva ucciso e cucinato in una pentola di bronzo una testuggine e un agnello. Il sovrano cercò di assicurarsi il favore del dio di Delfi offrendo numerosi sacrifici e doni agli abitanti della città.
Dopo una nuova consultazione i due oracoli affermarono entrambi che se avesse mosso guerra contro i persiani avrebbe rovesciato un grande regno; per far ciò gli consigliarono di assicurarsi l’amicizia degli eserciti greci più potenti. Gli venne anche detto che il suo regno sarebbe durato finché un mulo non sarebbe diventato re dei Medi.
Alleanza con Atene
A quell’epoca la città di Atene era governata dal tiranno Pisistrato, che salì al potere con un colpo di stato.
Alleanza con Sparta
In quel periodo Sparta era appena uscita da una lunga serie di conflitti, in particolare quello contro Tegea, che li aveva impegnati a lungo. Creso inviò un messaggero per proporre un’alleanza militare e le due popolazioni strinsero vincoli di amicizia. Gli spartani accettarono anche perché in precedenza avevano chiesto ai Lidi dell’oro per costruire una statua di apollo e Creso decise di regalarglielo, sebbene fossero disposti a pagarlo.
La battaglia di Pteria
Creso mosse guerra contro Ciro perché aveva fiducia nell’oracolo e voleva vendicare suo cognato Astiage, imprigionato e spodestato dal sovrano persiano.
Creso attraversò il fiume Alis e, dopo aver saccheggiato la città di Pteria, combatté, proprio in quella regione, contro l’esercito di Ciro, che aveva radunato un numeroso esercito prendendo con sé tutte le popolazioni che lo separavano dall’invasore. Quando giunse la notte la battaglia terminò senza che nessuna fazione avesse prevalso sull’altra. Creso, vista l’inferiorità numerica del suo esercito, decise di ritirarsi, facendo ritorno a Sardi, per allearsi con gli Egiziani e i Babilonesi e attaccare nuovamente Ciro in primavera. Dunque congedò tutto il suo precedente esercito, composto prevalentemente da mercenari.
Il contrattacco di Ciro
Non appena Creso si fu messo sulla via del ritorno Ciro intuì che Creso, dopo essersi ritirato, avrebbe sciolto l'esercito; riflettendo trovò che la cosa fondamentale a quel punto era avanzare su Sardi con la massima celerità possibile, prima che le forze dei Lidi si radunassero una seconda volta.
Presagio
Dalla terra spuntarono dei serpenti; appena i cavalli li videro li divorarono. Questo presagio rappresenta la città di Sardi (quella dei “figli della terra”, i serpenti) che sarebbe stata saccheggiata da una popolazione straniera (simboleggiata dai cavalli). Tuttavia, quando Creso venne a conoscenza del significato del presagio, era già troppo tardi: i persiani erano arrivati davanti alla città ed erano pronti a combattere; egli cercò comunque di radunare il suo esercito e andò in battaglia.
L’assedio di Sardi
Ciro schierò in prima fila dei soldati che montavano dei cammelli, utilizzati precedentemente per trasportare le salmeria; dietro di essi mise la fanteria ed infine la cavalleria. Creso invece mise in prima fila i suoi cavalli; questi però, alla vista dei cammelli, fuggirono (come aveva previsto Ciro).
I Lidi allora balzarono giù dalle selle e si avventarono sui persiani come fanti. Alla fine, dopo numerose perdite da entrambe le parti, Creso e il suo esercito si ritirarono dentro le mura della città, che venne messa sotto assedio. Il re di Sardi inviò quindi dei messaggeri a chiedere un aiuto imminente alle città alleate.
Il rogo di Creso
I Persiani riuscirono ad entrare nella città dopo 14 giorni, risalendo l’unica parte delle mura ritenuta inespugnabile dai Lidi perché alta e scoscesa e pertanto non sorvegliata da sentinelle.
Ciro ordinò di erigere una grande pira e vi fece salire Creso legato in catene insieme a quattordici giovani Lidi. A questo punto l’ex sovrano di Sardi si ricordò delle parole di Solone “Nessuno che sia vivo è felice” e comprendendole invocò il suo nome.
Ciro udì le parole di Creso e se ne fece spiegare il contenuto; allora, al pensiero che nella condizione dell'uomo non vi è nulla di stabile e sicuro e temendo una vendetta divina, ordinò di spegnere al più presto il fuoco ormai divampante e di far scendere Creso e i suoi compagni. Tuttavia questa operazione fu possibile solo dopo che Creso pregò il dio Apollo, il quale scatenò un temporale e li salvò dal rogo.
Egli inoltre spiegò a Creso che gli aveva mosso guerra per volere di un dio, lo stesso che aveva condotto il suo regno alla disfatta. Ciro concedette a Creso di recarsi nuovamente a Delfi, per domandare il motivo della reazione del dio in seguito ad alcuni consigli politici e al riconoscimento del suo potere. La Pizia dunque gli spiegò che neanche un dio poteva modificare il fato, anzi, egli aveva fatto fin troppo ritardando di tre anni la caduta del regno, che doveva vendicare l’ascesa al potere illegale del suo quinto ascendente; inoltre la colpa era anche di Creso perché aveva mal interpretato le profezie. Il Mulo di cui si parlava era proprio Ciro, perché sua madre era nobile mentre il padre era un semplice suddito.
La conquista di Babilonia
Babilonia era una delle più grandi potenze della Mezzaluna Fertile, inattaccabile, circondata da mura alte, massicce e possenti e dal fiume, che rendevano inaccessibile la città. Ma con un’abilissima mossa, i Persiani e il loro capo, costruirono degli argini per diminuire la portata del fiume per poterlo così attraversare facilmente. I Babilonesi, allora in festa, si accorsero troppo tardi dell’invasione nemica, e fu così che Ciro si impadronì di Babilonia. Babilonia, come vuole precisare Erodoto, era un’immensa potenza, con enormi ricchezze, con una grande forza militare e molti piani per rendere la città inattaccabile da ogni potenza nemica. Infatti per molti secoli questa città fu presa d’assalto, ma mai nessun esercito riuscì a sottometterla (infatti i Persiani furono i primi). Erodoto tende anche a sottolineare, in conclusione, molti aspetti della tradizione dei Persiani che presero molti usi da diverse città. Specifica in particolare modo la forma e l’aspetto della camera santuaria, con un tavolo d’oro e una donna a sorvegliare il tutto e a preparare per l’ascesa del Dio, le leggi, perlopiù relative al ruolo delle donne e dei figli in quell’epoca, il sacrificio per il dio, la giustizia e la sepoltura dei morti.