Studiò Platone e Tucidide, ebbe quindi una formazione morale e politica. Rimasto orfano, fu affidato insieme alla sorella ai nipoti del padre e all'amico Trippide. A loro il padre aveva lasciato il compito di amministrare il territorio ed essere amministrare il territorio ed essere il tutore dei figli. Quando Demostene raggiunse la maggiore età, ricevette 30 mine e citò in giudizio i tutori dedicandosi con passione al processo. Andò a scuola da Iseo e lì apprese un patrimonio di conoscenze giuridiche e oratorie. I logoi dicanicoi sancirono il suo esordio, egli fu infatti avvocato di se stesso. Ci sono pervenute 5 orazioni, non attribuibili a Demostene, che prendono il nome di logoi paragraficoì.
Le prime testimonianze pervenute della sua attività oratoria sono le due contro Afobo, una del 363, e una più tarda.
Dopo le orazioni riprese l'attività di logografo, che gli rese possibile il passaggio all'attività all'oratoria politica. Dal 355 al 330 fu il capo indiscusso del partito antimacedone e fu il sostenitore del primato geopolitico dell'Ellade. La tradizione lo descrive come un balbuziente ed infatti utilizzava anche delle tecniche particolari per risolvere questo suo problema. Fu il primo sostenitore del primato di Atene tanto che all'inizio del percorso lo videro allineato alla posizione di Eubulo, che si occupò dell'assetto finanziario in politica interna e dell'equilibrio in politica estera.
L'opera di Demostene si inserisce in un'atmosfera di delusione, di ripensamento della politica ateniese. Nella polemica contro Eschine utilizza toni accesi. A causa dello scandalo di Arpalo, in seguito al quale fu accusato di furto, Demostene fu costretto a lasciare Atene e vi rientrò solo nel 323 (morte di Alessandro Magno). In seguito al fallimento nella guerra lamiaca contro i filomacedoni, Demostene tentò la fuga nell'isola presso Trezene e per non cedere, si suicidò nel tempio di Poseidone nel 22.
Ci sono pervenuti discorsi assembleari, discorsi giudiziari, discorsi privati e orazioni epidittiche (discorso epidittico). In tutto sono 61 discorsi, 56 proemi e 6 epistole.
Nell'orazione "Sulle Simmorie", del 354, parla delle associazioni che si occupavano del pagamento di tributi speciali e avevano la funzione di allestire navi da guerra, ampliare la flotta con la quale Atene doveva affrontare l'avversario persiano. E' presente politica interna (finanziamento) e la politica estera (guerra). Demostene qui si stacca dalla politica di Eubulo per diventare più reazionario. Nell'opera "Per i Megapolitani", durante il tentativo ateniese di assoggettare la città di Megalopoli, D. invita gli ateniesi a difendere questi cittadini e lo stesso invito è presente, per quanto riguarda Rodi, nell'orazione del 352 "Per la oberazione dei cittadini Rodiensi". Molto interessante è la parte relativa all'esaltazione dei valori democratici. In quegli anni, Filippo di Macedonia conquistava diversi territori greci ed aveva partecipato alla guerra sacra per il predominio sul santuario di Delfi, che era un luogo strategico per i Greci. Demostene , in quell'occasione, criticò l'intervento di filippo e compose così la prima Filippica. Il tema principale è l'invito alla reazione contro Filippo, accusando gli ateniesi di non averlo affrontato subito, rendendolo una terribile minaccia. Dal 351 in poi Filippo palesò la sua intenzione di conquistare la Grecia dopo la minaccia all'isola Olinto. Oppressa dalla minaccia, Olinto chiese aiuto ad Atene e Demostene pronunciò le orazioni "Oliantiche", in cui sollecitava gli Ateniesi. In queste 30 orazioni Filippo viene rappresentato come peccatore di ubris, che avrebbe attirato la punizione di dike. Nel 347 a nome di tutti i greci, gli ateniesi inviarono a Filippo un'ambasceria, ma quando tornarono, Demostene accusò Eschine, uno degli ambasciatori, di essersi fatto corrompere dall'oro di Filippo. Nel 346 si colloca l'orazione "Per la pace". La pace è quella di Filocrate, negoziata pure da Demostene e non appoggiata dagli ateniesi che si sentivano discriminati. Questa non era una pace, ma una semplice tregua, spiega Demostene, che consigliava di accettare la pace in quanto gli Ateniesi non avrebbero potuto combattere contro Filippo. Nel 344 venne pronunciata la seconda Filippica, che riprende i temi affrontati nella prima con forte vivacità e passione, nella quale Demostene prospetta ai cittadini il pericolo in cui incorrono. Nel 341 compose la terza Filippica, che è considerata la più importante e contiene il tema tipico della contrapposizione fra mondo barbaro e grecità. Un barbaro farà soccombere Atene e la superiorità della Grecia sarà solo un ricordo. In seguito alla battaglia di Cheronea la Grecia fu conquistata e crollò l’istituzione della polis. Forse Demostene compose una quarta filippica, ma è stata definita spuria dalla maggior parte dei critici.
Nel 336, alla morte di Filippo, Ctesifonte propose una corona a Demostene in occasione delle grandi Dionisie. Eschine e i suoi si opposero con l'orazione "contro Ctenifonte". Demostene rispose con l'orazione "Sulla corona", in cui ripercorre la propria vita e mostra ai cittadini come si sia battuto per la patria. E' presente il tema della tuchè di fronte alla quale tutti gli uomini devono piegarsi.
Dravsen ci presenta Demostene come uomo obsoleto, del passato, ripiegato in se stesso, cieco di fronte all'uomo incarnato da Filippo prima e Alessandro poi. Beloch dipinge Demostene come un uomo miope, chiuso, legato nel suo patriottismo, che non vedeva la città-stato. Altri critici ritengono che Demostene sia stato uno dei peggiori demagoghi che Atene abbia mai avuto. Ci sono però anche delle critiche positive che vedono in Demostene un uomo che operò per il bene politico, per la polis.