Una critica sociale
Con Esiodo la giustizia viene reclamata come un principio derivato direttamente da Zeus e ritenuto perciò capace di frenare le prevaricazioni dei ceti dominanti sulla massa della popolazione e di punire i giudici “mangiatori di doni”, cioè i signori che esercitano il monopolio della giustizia e si fanno facilmente corrompere dai loro “pari”. I margini d’arbitrio, dovuti anche al potere di chi controllava e deteneva, in una cultura orale, le norme consuetudinarie, erano, dunque, allora larghissimi.
Ecco perché la lotta per il diritto scritto diventa una lotta per l’uguaglianza, di cui è un’eco la stessa poesia esiodea. In essa la concezione del diritto e della giustizia ha una forte valenza etica. Ma non per questo è meno importante sul piano politico, in quanto registra una insofferenza popolare e una critica sociale sempre più diffusa contro la corruzione e la prevaricazione dei nobili.
La critica esiodea a quell’esercizio del potere si basa sull’assunto etico - religioso che l’equità e la giustizia vengono dallo stesso Zeus e, prima o poi, si affermeranno nel mondo.
In conseguenza delle mutate condizioni politiche e sociali l’areté tradizionale omerica si trasforma, entra in crisi. All’areté aristocratica subentrano nuove e numerose areti, o valori: ad esempio il valore del lavoro e dell’emulazione nel lavoro, la giustizia come isonomia o uguaglianza davanti alla legge, o il principio della 5ophros)ne, cioè della saggezza, prudenza, misura.