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L’areté: la virtù eroica in Omero

Nella cultura greca-arcaica — ma anche, largamente, in quella della Grecia dell’età classica — designa ma ha un senso diverso da quello che noi generalmente attribuiamo a questo termine. Non riguarda solo la condotta umana, ma, in generale, il carattere di eccellenza, di compiutezza e perfezione, di qualsiasi essere. Buono, in tal senso, è ciò che svolge al meglio la sua funzione eminente. Fra gli uomini, buono è colui che riesce a raggiungere i risultati migliori.

Che unisce, quindi, carattere e forza d’animo a vigore fisico e capacità di usare al meglio la forza, quando è necessario, per conseguire dei risultati. Questo tipo di virtù si identifica con i valori dell’aristocrazia greca, con i valori della stirpe e giustifica il diritto al comando degli “eroi” sul resto della popolazione, su coloro che sono loro soggetti.

Al centro del sistema di valori del mondo omerico è il concetto di areté, che ha poco a che fare col concetto moderno di “virtù”. In Omero l’areté riguarda la prestanza e la superiorità dell’eroe in battaglia, la sua forza e destrezza, ma anche la sua astuzia e la capacità di intervenire e di prevalere nei dibattiti nelle assemblee dei capi. La virtù si identifica soprattutto con la forza: forza del braccio nella mischia e forza della parola nell’assemblea. L’areté eroica è considerata un predicato della nobiltà e un patrimonio ereditario della stirpe, cioè della famiglia nobile (quasi sempre di origine semi-divina) in cui l’eroe viene a nascere.

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