L'anello di Policrate
La potenza di Policrate era famosa in tutta la Ionia e nel resto dell'Ellade (Grecia); ovunque si sapeva che lui depredava e rapinava tutti.
La grande fortuna di Policrate però non rimase nascosta ad Amasi, e ciò fu per lui motivo di preoccupazione; e, quando la sua fortuna aumentò, Amasi gli scrisse una lettera con scritto che a lui non piaceva molto la sua grande fortuna, poiché pensava che, alla fine, questa lo avrebbe portato a una cattiva sorte e di conseguenza gli consigliava di gettare l'oggetto a cui lui teneva di più, in modo da non ritrovarlo mai più, e se così le sue fortune non si fossero ancora alternate con alcune sventure, avrebbe dovuto ripetere questa pratica.
Policrate, fidandosi di Amasi, si chiese quale fosse il gioiello a cui lui teneva di più e, riflettendo, scelse l'anello che portava sempre con sé e applicò il consiglio che gli era stato dato: si imbarcò in una nave e, quando fu abbastanza lontano dall'isola, si tolse l'anello e lo gettò in mare, poi tornò a casa e si sentì molto addolorato.
Alcuni giorni dopo, un pescatore, volle donare a Policrate un grande pesce che era riuscito a pescare, Policrate accettò il dono e invitò il pescatore a pranzo; mentre i cuochi stavano tagliando il pesce, trovarono all'interno del suo stomaco l'anello che Policrate aveva gettato in mare e glielo portarono. Egli, pensando che questo fatto avesse origini divine, scrisse in una lettera ad Amasi, ciò che era accaduto.
Amasi lesse la lettera e comprese che è impossibile per un uomo sottrarre un altro uomo dal suo destino e che Policrate, a causa di tutta questa gran fortuna, non avrebbe avuto una buona fine, quindi dichiarò di rompere il trattato di ospitalità verso Polictrate, perché piombando una grande sciagura su Policrate, egli non avrebbe dovuto essere triste come nei riguardi di un suo ospite.