
La cura del Pianeta fa bene alla salute ma anche all’occupazione. Ormai sono sempre di più le aziende che, pure in Italia, spingono sui cosiddetti eco-investimenti, attività volte alla produzione di beni e servizi green o alla riduzione dell’impatto ambientale dei cicli industriali. A dirlo è il Rapporto GreenItaly 2018, elaborato da Unioncamere e Fondazione Symbola. Le imprese che, ad esempio, nel periodo 2014-2017 hanno investito in tecnologie ‘verdi’ sono state circa un quarto dell’intero panorama nazionale. Un dato che si sta traducendo anche in un’impennata delle opportunità di lavoro legate a questa conversione all’eco-sostenibilità: sono i cosiddetti ‘Green Jobs’. Attualmente, circa 3 milioni di lavoratori - corrispondenti al 13% dell’occupazione complessiva italiana – possono essere fatti rientrare in questa categoria. E la crescita continua. Solo nel 2018, secondo le previsioni (i dati ufficiali ancora non ci sono), i contratti attivati dalle imprese che riguardano i green jobs dovrebbero essersi aggirati attorno alle 473.600 unità. E stiamo parlando di settori extra-agricoli, altrimenti i numeri sarebbero nettamente più alti.
Il settore energetico guida la rivoluzione Green. Soprattutto al Nord
I settori più attivi da questo punto di vista sono sicuramente quelli delle public utilities idriche ed energetiche (che coinvolgono in mansioni ‘green’ quasi la metà delle unità produttive: 44,6%). Ma anche nel comparto manifatturiero si evidenzia un’apprezzabile propensione agli eco-investimenti, con una quota di imprese pari al 30,7%. Si scende al 20,8% per quanto riguarda il settore delle costruzioni, che si assesta sostanzialmente sullo stesso piano del terziario (23,9%). A livello geografico, invece, le regioni che hanno raccolto il guanto di sfida con più entusiasmo sono nel triennio (2014-2018) si trovano soprattutto al Nord: la Lombardia è l’area con il più alto numero di imprese eco-investitrici (quasi 62.000, il 17,8% del totale nazionale); segue il Veneto (quasi 35.000 unità, il 10,1% delle aziende green del Paese); altre tre regioni – Lazio, Emilia-Romagna e Campania – superano le 25 mila imprese eco-sostenibili. Le province più diligenti? Spiccano Roma e Milano (rispettivamente con quasi 25.100 e oltre 21.500 imprese), terza Torino (quasi 14.400 imprese). Anche se, valutando la “propensione green” dei territori (percentuale di imprese del genere sul totale regionale) presentano valori elevati ampie fasce del Sud come la Calabria, la Basilicata, il Molise e la Sardegna (tutte con quote comprese tra il 26% e il 29%), ma anche regioni del Nord Est come Trentino-Alto Adige (prima assoluta con il quasi il 29%), Veneto e Friuli Venezia Giulia.
I lavori 'verdi' sono più stabili degli altri. Meglio se si ha una laurea
Una delle grandi differenze che separano i green jobs dai lavori tradizionali riguarda le modalità di selezione. Perché, pur trattandosi quasi sempre di mansioni decisamente operative, richiedono una profonda conoscenza delle nuove tecnologie e delle innovazioni nei singoli campi d’applicazione. Anche per questo oltre un terzo dei nuovi contratti per lavori ‘verdi’ sarà riservato a laureati (per le altre figure professionali la quota si ferma al 10%). Altra caratteristica centrale dei green jobs è la stabilità: le assunzioni a tempo indeterminato sono oltre il 46% (nel resto dei lavori sono poco più del 24%). Forse perché le imprese, da questa tipologia di lavoratori, si aspettano una certificata esperienza specifica nella professione (è richiesta per oltre il 30% dei contratti, contro quasi il 16% alle altre figure). Ulteriore nota distintiva dei green jobs è la difficoltà di reperimento, che si verifica nel 39% dei casi (poco più del 22% nel caso delle professioni non green).
Flessibilità e adattamento le soft skill fondamentali
E poi ci sono le soft skill, le competenze trasversali. Che nel caso dei green jobs assumono un valore spesso decisivo. Basti pensare, ad esempio, alla flessibilità e all’adattamento, attitudini ritenute molto importanti per quasi il 78% delle assunzioni (contro meno del 62% per altri tipi di lavoro). Il motivo principale? Il costante aggiornamento che tali figure spesso devono seguire per unire produttività e sostenibilità. Altra competenza particolarmente richiesta (in quasi il 69% dei nuovi ingressi) è la capacità di lavorare in gruppo. Piuttosto determinanti per le figure ‘verdi’ sono anche la capacità di risolvere problemi (le professionalità green tendono a ricoprire ruoli strategici) assieme alla capacità di lavorare in autonomia (richiesta a sei nuovi assunti su dieci).
Le dieci professioni 'green' del futuro: la formazione tecnica è determinante
Ma il rapporto GreenItaly 2018 non si limita a disegnare il profilo del lavoratore ‘green’. Entra anche nel dettaglio, provando a individuare le dieci professionalità che saranno più corteggiate dalle aziende. C’è, ad esempio, l’installatore di reti elettriche a migliore efficienza, colui che nelle imprese del settore energetico si occupa di riqualificare le reti di distribuzione in ottica green (fonti rinnovabili o impianti ad alta efficienza). Una figura a lui molto vicina è il meccanico industriale green, che materialmente dovrà installare questa tipologia di macchinari. Sempre nel solco tecnico-tecnologico si sta facendo strada una professionalità nuova: il meccatronico green, che unendo elettronica, meccanica e informatica è chiamato a rendere più performanti, anche sul piano energetico, i motori (di ogni genere).
Molti i settori destinanti a cambiare
Tanti altri settori, però, sono interessati dalla svolta ecologica: quello agroalimentare si sta concentrando sulla ‘filiera corta’, avvicinando il produttore al consumatore, specialmente al livello locale? E allora c’è bisogno di un programmatore agricolo della filiera corta, che pianifichi la distribuzione (in termini soprattutto di trasporto) per ridurne l'impatto ambientale. L’avvento di nuovi materiali e di nuovi processi, invece, sta rivoluzionando il settore edile. Oggi, tra i consulenti delle imprese di costruzione, non dovrebbe mancare un promotore di materiali sostenibili, l’esperto interno all’azienda costruttrice (o l’incaricato delle imprese produttrici) che suggerisce oppure sceglie direttamente gli eco-materiali. Anche il manovale, però, non sfugge al rinnovamento: chi sa maneggiare gli innovativi calcestruzzi green (come quelli in grado d'imprigionare la CO2 e ridurre l’inquinamento) ha sicuramente una marcia in più quando cerca lavoro. Il discorso appena fatto si può benissimo adattare pure al settore termoidraulico, in cui vanno già a ruba gli installatori di impianti a basso impatto ambientale (climatizzatori, caldaie, sistemi geotermici, fotovoltaici, ecc.).
Le nuove sfide per chi ha ruolo direttivi e di cooordinamento
Anche i ruoli di comando stanno subendo in positivo una svolta 'verde'. È il caso del risk manager ambientale, centrale in ogni azienda votata alla green economy. Il suo compito? Individuare le eventuali falle nell'attuazione delle politiche green e trovare le possibili soluzioni, garantendo il rispetto delle norme in materia ambientale. Oppure dell’ingegnere esperto in gestione dell'energia, che deve progettare (e verificare il corretto funzionamento) dei nuovi sistemi, domestici o industriali che siano.