
Erano gli anni Ottanta. Io avevo solo 24 anni, e uno spirito ribelle che dovevo ancora imparare a governare. Di lì a poco mi sarei laureata in Economia e mi apprestavo ad affrontare una delle sfide più importanti della mia vita. No, non mi riferisco alla seduta di laurea, ma a una faccenda ben più complessa: avevo deciso di comunicare ai miei genitori che non sarei tornata in famiglia e non mi sarei impiegata nella banca dove mio padre era funzionario.
Avevo scelto Pavia e la sua Università per godere di un ambiente che mi avrebbe permesso di “aprire la mente”. Così mi disse mio padre quando dovetti selezionare la sede dei miei studi.
Ma quella sua illuminata previsione andò ben oltre ogni possibile scenario.
Infatti, proprio verso la fine del mio percorso universitario, incappai in una giovane e innovativa corrente di pensiero, ancora sconosciuto ai più, ma che negli anni successivi avrebbe completamente cambiato le nostre vite e sarebbe stata conosciuta con il nome di Rivoluzione Digitale. Proveniva dalla Silicon Valley, era dirompente, e io avevo deciso di cavalcare quell’onda.
Così, fatto un bel respiro, andai da mio padre e gli dissi: “Trattami come un figlio maschio! Dammi l’anno del militare e permettimi di dimostrarti che posso camminare con le mie gambe. Mantienimi ancora un anno a Pavia dopo la laurea”.
Non so se fu per la sorpresa di udire quelle parole tutto d’un fiato o per l’immagine di un momento importante della mia crescita, fatto sta che quello che chiedevo mi fu concesso.
Così, giovane, donna, timida, iniziavo da lì la mia strada. Non sapevo bene cosa aspettarmi, sapevo solo che andavo incontro al mio futuro con il cuore pieno di gioia e di sogni.
Certo, niente era sicuro in quel nuovo mondo che stava ancora nascendo. Un mondo, quello digitale, che doveva fare i conti con il vecchio e consolidato universo analogico: l’unico allora conosciuto.
Certo era di gran lunga più sicuro un comodo posto in banca, ma mi sarei persa un’opportunità. Sicuramente non avrei capito quanto il digitale potesse essere amico delle donne. Non ho mai avuto dubbi al riguardo, e dopo trentaquattro anni di frequentazione, e di carriera in questo ambito, posso solo dire che non poteva che essere così.
La sua natura fluida, duttile, brillante, futuribile. La sua capacità di cambiare l’uso del tempo e dello spazio. La sua leggerezza che permette di reinterpretare il lavoro e il suo luogo fisico. La sua logica e la sua creatività nella scrittura del codice. La sua predisposizione nei confronti del nuovo. Il suo essere inclusivo. La sua necessità di competenze trasversali e di visione.
Tutte caratteristiche molto affini all’essere femminile.
E poi, chi l’ha detto che le materie tecniche e scientifiche sono scelte di genere?
Tanto per iniziare, il primo programmatore della storia in realtà fu una donna: Ada Lovelace, figlia del famoso poeta britannico Lord Byron.
Durante la seconda guerra mondiale furono sempre le donne a fare i conti con la decifrazione dei codici segreti.
E ancora, negli anni ’60, il Programma Mercury americano di missioni spaziali con equipaggio fu salvato proprio da un gruppo di donne, di colore, garantendo il buon esito di una missione decisamente difficile. Consiglio a tutti la visione del film “Il diritto di contare”.
Ma allora, perché si è arrivati a pensare che il digitale, con tutte le sue implicazioni, fosse lontano dall’essere femminile? Semplice. Perché quando i computer iniziarono a entrare nelle case (il primo fu il famoso Commodore 64 del 1982) un esercito di giovani maschi iniziò a scoprire il magico mondo della programmazione e la grazia femminile lasciò il posto al nascente fenomeno dei NERD e, non riconoscendosi in quel modo di essere, semplicemente, se ne allontanò.
Ma la storia può essere ripresa da dove l’abbiamo lasciata.
Non solo.
Il mondo ha ricominciato a cambiare, e lo sta facendo sotto i nostri occhi, con una velocità straordinaria e inarrestabile.
In questa folle sua corsa ha bisogno di fantasia, di fiducia, di resilienza, di valori, di unione, di cuore, di ribellione, di creatività e immaginazione. Tutte caratteristiche che si ritrovano nei giovani. Ci sono tante opportunità per i nostri ragazzi: c’è un mondo da ridisegnare.
Scienziati, tecnici, umanisti o creativi che siano, c’è posto per tutti. C’è bisogno di tutti.
Se chiudo gli occhi mi sembra di essere ai blocchi di partenza, come quella lontana sfida che vinsi tutta d’un fiato.
Mariuccia Teroni, Founder e Presidente di FacilityLive
FacilityLive è la scaleup hi-tech italiana definita dai media globali “The European Search Platform”.
www.facilitylive.com.