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parola chiave dell’articoloLe telecomunicazioni e, più in generale, l’Information Technology, nei prossimi anni, saranno cruciali per determinare la crescita (o meno) dell’Italia. Una porzione importante del PNRR è, infatti, dedicata proprio allo sviluppo tecnologico del nostro Paese, per tentare di metterlo al passo col resto d’Europa e del mondo avanzato.


Ma c’è un problema, le TLC vengono puntualmente inserite dai rapporti ufficiali anche tra i comparti produttivi che soffrono di più l’ormai (purtroppo) famoso mismatch tra domanda e offerta di lavoro: i posti, anche da noi, ci sarebbero; a mancare sono delle figure sufficientemente formate per svolgere dei compiti molto tecnici.

TLC, il lavoro c'è ma mancano figure formate per farlo

Secondo l’ultimo "Borsino Excelsior delle professioni” di Unioncamere e Anpal, i tecnici informatici, telematici e delle telecomunicazioni sono proprio ai vertici dei profili più difficili da reperire: per oltre 1 posizione aperta su 2 è arduo trovare candidati adeguati. Per capire qual è la situazione attuale e come si sta muovendo il settore, noi di Skuola.net abbiamo interpellato Laura Di Raimondo, direttore generale di Asstel (Assotelecomunicazioni), l’ala di Confindustria che riunisce le aziende operanti nel campo delle telecomunicazioni.

  • Pare che il vostro settore sia tra quelli che hanno più difficoltà nel reperire la forza lavoro che gli occorre: lo conferma?
  • “E’ proprio così. La filiera delle TLC, nel nostro Paese, è caratterizzata da un forte iato tra le figure professionali richieste dalle aziende e le competenze disponibili sul mercato del lavoro. Il futuro delle imprese, però, passa attraverso la capacità di ridurre questo divario tra domanda e offerta, sviluppando competenze digitali e percorsi professionalizzanti per i nostri giovani che devono accedere al mondo del lavoro e per le persone che lavorano nelle Filiera”.

  • Ma, nello specifico, quali sono i profili potenzialmente più richiesti?
  • “Uno studio del Politecnico di Milano realizzato per Asstel, ha messo in evidenza la grande necessità di potenziamento delle competenze digitali hard (come Cybersecurity, Data analytics, AI, IoT e Cloud). Un’esigenza chiara su cui si sta lavorando su un duplice binario: a livello sistemico sviluppando percorsi formativi e di orientamento professionale, a livello aziendale investendo in programmi strutturali di upskilling e reskilling. Ad esempio, nel 2021 è stato coinvolto il 100% delle persone della Filiera e le stime confermano tale numero anche per il 2022”.

  • Quali sono le competenze da possedere e i percorsi formativi da seguire per accedere a queste posizioni lavorative?
  • “E’ necessario assumere nelle nostre imprese persone che abbiano nuove skill professionali capaci di guidare l’innovazione e attivare un circolo virtuoso di competenze e innovazione. In questo contesto, sicuramente le discipline STEM appaiono tra le più promettenti per avere accesso al lavoro nel nostro settore. Ben sapendo che il numero di laureati in Italia, pur superando nel 2021 i 350mila (+1% rispetto al 2020), rimane tra i più bassi in Europa (secondo gli ultimi dati Eurostat) e che i laureati in materie STEM valgono il 27% del totale”.

  • Come si può fare per incentivare questo tipo di formazione?
  • “Le aziende e le istituzioni devono collaborare in maniera sistemica per offrire ai giovani migliori strumenti e contenuti per orientarsi affinché scelgano con consapevolezza il percorso più in linea con il loro talento e con le loro aspettative, ma anche con le opportunità lavorative. Dobbiamo avere l’obiettivo di inserire studentesse e studenti all’interno di una rete di partner capillare e dialogante (Istituzioni, Aziende, Università, Regioni, Camere di Commercio, Associazioni di categoria e scuole) per attivare un processo di crescita della consapevolezza che li metta di fronte al proprio futuro professionale, al fine di sviluppare le competenze necessarie per inserirsi al meglio nel mondo del lavoro”.

  • A tal proposito, di recente Confindustria ha siglato un accordo con vari soggetti istituzionali per sviluppare una filiera formativa nell'ambito degli ITS Academy: di cosa si tratta?
  • “L’Accordo siglato tra Ministero dell’Istruzione, Confindustria, Regione Emilia-Romagna, Lombardia, Liguria, Puglia, Umbria, Ministero per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, ACN, associazione Nazionale degli ITS e INDIRE riveste un ruolo centrale soprattutto alla luce dell’importanza che gli ITS ricoprono nello sviluppo delle competenze digitali individuata nella Strategia Nazionale di Cybersicurezza 2022-2026”.

  • Nel concreto, quali azioni verranno intraprese attraverso questa collaborazione?
  • “L’accordo prevede la realizzazione di una rete di coordinamento nazionale per lo sviluppo della transizione digitale, specializzata nella formazione professionalizzante terziaria di competenze digitali in particolare in ambito Cloud Computing e Cyber Security. In poche parole, il protocollo ha l’obiettivo di definire percorsi formativi per sviluppare profili specializzati in Cloud computing, Cyber Sicurezza e tecnici per la Trasformazione digitale della PA e alle piccole e medie imprese, con competenze trasversali in architetture, processi, sviluppo software, tecnologie, acquisizione e gestione dati, cloud e infrastrutture, sicurezza informatica”.

  • Qual è l’obiettivo di un’iniziativa del genere? A cosa vorreste che porti?
  • “Si tratta di un passaggio di grande rilevanza per consentire di fare della collaborazione pubblico-privato un asset fondamentale per la diffusione delle competenze digitali, che sono sempre più richieste sia dalla PA sia dalle imprese. Competenze che, proprio in realtà come gli ITS, possono contribuire a formare e consolidare in una logica di sistema, così da permettere ai giovani di arrivare sul mondo del lavoro con professionalità in linea con le esigenze del mondo produttivo”.

  • Nell'ambito delle TLC, peraltro, si registra un forte gender gap: qual è la situazione oggi?
  • “Secondo l’Osservatorio “Talents Venture e STEAMiamoci sul Gender Gap nelle facoltà STEM” le donne che frequentano i corsi STEM in Italia sono circa il 37%. Un mondo, questo, perciò ancora caratterizzato da forti bias sul genere. Un divario che purtroppo penalizza le donne non solo in termini di opportunità professionali, ma si ripercuote anche sul mondo aziendale. Gli studi condotti dall'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere dimostrano, infatti, che l'eliminazione della disparità uomo-donna nei campi STEM avrebbe un impatto positivo significativo sulla crescita economica dell'Unione Europea nei prossimi decenni.

    Dobbiamo però avere presente che il problema del rapporto tra istruzione e lavoro riguarda i giovani nel loro complesso, come dimostra l’ultimo rapporto dell’Ocse ‘Education at a Glance 2022’ secondo il quale i Neet italiani sono in sensibile aumento. Nell’ultimo anno il numero di giovani Neet, tra i 25 e i 29 anni che non studia né lavora è aumentato dal 31,7% durante la pandemia da Covid nel 2020, al 34,6% nel 2021. Tuttavia tra i giovani Neet di età compresa tra i 25 e i 29 la maggior parte sono donne a testimonianza di una situazione di genere rispetto alla quale è necessario intervenire urgentemente”

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  • Come raddrizzare la rotta e aprire a sempre più ragazze le porte dei settori più tecnici?
  • “Per quanto riguarda Asstel, siamo da tempo impegnati a promuovere iniziative nate per favorire la presenza femminile negli studi sulle materie STEM. Ad esempio, attraverso l’attivazione di borse di studio e di percorsi di mentorship, che aiutino le studentesse a completare il ciclo di studi in queste materie, operando per ridurre il tasso di abbandono precoce e accompagnare le laureate nel mondo del lavoro. Allo stesso tempo, siamo impegnati a promuovere e valorizzare l’occupazione femminile con l’obiettivo di favorire le condizioni per permettere alle donne il raggiungimento di una giusta parità di accesso al lavoro, salariale e parità di carriera. Dobbiamo evitare con tutti i mezzi che le donne siano penalizzate sia dentro sia fuori la sfera lavorativa”.