
Whistleblowing: fin dalla nostra primissima educazione scolastica abbiamo imparato che non si deve “fare la spia”. Raccontare ad altri di un compagno che fa qualche cosa di sbagliato non è socialmente accettato e, qualche volta, può valere anche una punizione!
In generale la vita ci insegna anche in seguito che è bene non raccontare degli altri e concentrarsi su se stessi, tuttavia…nel mondo del lavoro esistono dei casi dove segnalare comportamenti non corretti può essere non soltanto lecito, ma anche opportuno.
Il Whistleblowing (“soffiatore di fischietto”) è una pratica ereditata dal mondo del lavoro americano, in uso per segnalare condotte illecite da parte di qualcuno (solitamente colleghi, capi, collaboratori).
Ad esempio: casi di maltrattamento, molestie, corruzione, furto, discriminazione. Situazioni che possono portare danno all’azienda e quindi alla collettività delle persone che vi lavorano.
Proprio per questo motivo il Whistleblowing è tutelato dalle norme aziendali e solitamente gestito mettendo a disposizione canali anonimi di segnalazione: chi segnala non deve correre il rischio di subire “vendette” o ritorsioni e deve essere protetto dall’azienda.
E’ chiaro che, seppur normato e consentito, occorre gestire questo strumento con scrupolo e coscienza. Chi decide di “segnalare” non deve farlo con leggerezza, ma valutando con estrema attenzione le circostanze, la gravità dei fatti e l’oggettività degli stessi.
Per saperne di più su questa e su tutte le altre tematiche legate al mondo del lavoro, non perdere le prossime uscite della nuova rubrica “L'alfabeto del lavoro in 21 parole”: il tuo "bignami" sulle parole del lavoro, sempre con te!
Gregorio Moretti
Sono nato nel 1980, laureato in Teorie della Comunicazione, da oltre 20 anni mi occupo di persone nelle aziende