Concetti Chiave
- Il trabiccolo, noto anche come prete o monaca, era un attrezzo utilizzato per scaldare il letto durante le fredde notti invernali.
- In Toscana, il termine trabiccolo descrive un'intelaiatura di legno a cupola che sospende uno scaldino con brace per riscaldare il letto.
- Il prete ha una struttura arcuata che solleva le lenzuola dal recipiente di brace, differente nella forma ma simile nella funzione al trabiccolo.
- Il termine monaca è utilizzato in alcune regioni per descrivere lo stesso dispositivo, con una possibile connessione umoristica alla figura di un monaco.
- In altre lingue, come lo spagnolo, il francese e il tedesco, il nome del dispositivo varia ma spesso mantiene riferimenti umoristici o descrittivi delle sue caratteristiche.
Indice
Introduzione all'argomento
A seconda delle regioni, questo attrezzo, un tempo molto utile per scaldare il letto prima di coricarsi nelle freddi notti invernali, si chiama, trabiccolo, prete (prê), monaca (mùnega).
Trabiccolo
Normalmente questo termine è usato per indicare o un vecchio veicolo poco stabile, oppure un mobile mal fatto, traballante e tutto sgangherato. In Toscana, il termine indica anche un’intelaiatura di legno a forma di cupola, all’interno della quale viene sospeso uno scaldino con della brace. Di solito serviva per riscaldare il gelido letto un po’ di tempo prima di coricarsi, ma poteva essere utilizzato anche per asciugare la biancheria quando non c’era il sole. Certamente non era molto stabile perché tale strumento si trovava a contatto col materasso che è morbido e comunque e lo scaldino era soggetto a dondolare.
Prete
A volte, il trabiccolo prende il nome di “prete” anche se la forma è diversa. Il prete ha una struttura arcuata o telaio per poter tenere sollevate le lenzuola dal recipiente pieno di brace ricoperta di cenere. Questa volta il recipiente non è sospeso, ma collocato su di un ripiano di legno appositamente predisposto. Nel dialetto milanese, il termine “prêt” viene spiegato con la rassomiglianza coil cappello del prete, presumibilmente con la forma usata nei secoli scorsi, quale ad esempio il cappello “a barca”, indossato da don Basilio nel Barbiere di Siviglia di Rossini.
Monaca
In varie province settentrionali, oltre al “prete” si parla di “monaca” (“monega” in dialetto). Per taluni sarebbe il nome dell’attrezzo nel suo insieme, mentre per altri sarebbe o il telaio o lo scaldino. Qui si potrebbe osservare che, ancora di più del cappello comune da prete, la cuffia delle suore di San Vincenzo di un tempo, larga e rigonfia al centro, potrebbe dare l’idea di un rigonfiamento fuori dal comune.
In spagnolo
Esiste, però una coincidenza linguistica strana: in spagnolo, la cuffia delle suore si chiama “toca”, mentre il trabiccolo è chiamato “tumbilla”, cioè “piccola tomba” oppure “tumulo”. Questa pare che sia la definizione più pittoresca, ma non è sufficiente pensare alla sola struttura dell’attrezzo: bisogna che sia nascosto dal lenzuolo e dalla coperta per avere una corrispondenza completa.
In francese
In francese si chiama “moine (= monaco), perché, pare nella forma farebbe pensare al pancia prominente di un religioso e non ad un cappello dato che i frati portavano il cappuccio. Lo scaldaletto poteva assumere la forma di un semplice recipiente circolare di rame con coperchio apribile nel quale collocare dei carboni coperti di cenere. Per prenderlo in mano e sistemarlo nel posto giusto, doveva essere munito di un bastone piuttosto lungo.
In tedesco e in inglese
In questo ambito, l’inglese e il tedesco dimostrano di avere poca immaginazione o scarso senso di umorismo. In inglese, si adopera il termine “warming pan” e in tedesco il semplice “Bettwärmer”. Il primo, però è un contenitore di metallo con un lungo manico di legno, in cui si pone della brace e si colloca sotto le lenzuola.
Il senso umoristico del termine
È molto probabile che l’origine de vocabolo “prete”, “monaco (= moine in francese) o monaca debba essere ricercata nel senso dell’umorismo di malizia presente non soltanto in Toscana. Perché non ricorrere alla figura di un grasso prete o monaco (maschio o femmina è ininfluente) che può riscaldare molto meglio di un uomo (il marito) no di una donna (= la moglie) le gelide coperte delle stanze non dotate di riscaldamento? Sotto questo punto di vista, il termine “monaco” sembrerebbe più adatto perché, nella letteratura popolare la grassezza fisica del monaco è sempre stata presa di mira ed oggetto di scherno.Che ci sia un pizzico di malizia si riscontra anche nel significato attribuito al termine dialettale “monega”, quando si tratta delle cosiddette “monachine” o “monachelle”, ossia di quelle scintille di fuoco che emette un pezzo di legno quando brucia. Lo scrittore toscano Francesco Redi, autore de Il Malmantile racquistato (una parodia della Gerusalemme liberata del Tasso) scrive il distico seguente: “che vi daranno almen qualche diletto/le monachine quando vanno a letto” E la dose umoristica e maliziosa aumenta quando l’ultima scintilla prima che il fuoco si spenga del tutto viene chiamata la badessa.
Precisazioni fornite dai dizionari
Un vecchio dizionario scolastico italiano-latino traduce lo scaldaletto con “thermoclinium”, ma non ci è dato sapere se si trattasse di uno scaldino o di un ipocausto, ossia di un sistema di riscaldamento consistente nel far circolare dell’aria calda all’interno di cavità poste nei muri o nel pavimento (un antesignano dei pannelli radianti moderni)Un dizionario milanese-italiano fa distinzione fra “prete da scaldare i letto” usato in città e “mùnega”, una voce comune al di là del Pò, usata in qualche paese del contado.