Ali Q
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Perfetto:
Il termine “perfetto” deriva dal latino “perfectus”, cioè “compiuto”.
Sia il perfetto che l’aoristo vengono utilizzati per azioni compiute nel passato, tuttavia esiste tra i due una sostanziale differenza: mentre l’aoristo è utilizzato per azioni compiute e concluse nel passato, il perfetto è utilizzato per azioni compiute nel passato ma che hanno conseguenze nel presente.

Esso presenta la seguente struttura:
Tema verbale raddoppiato + Caratteristica temporale (κ) + Desinenza (principali all’indicativo e modali negli altri modi).

Le caratteristiche del perfetto sono le seguenti:
1) All’indicativo il perfetto presenta due desinenze proprie: “α” (che è una desinenza originaria) e “ε” alla terza persona singolare;
2) All’infinito abbiamo la desinenza –ναι prefissato da “ε”, dove cade l’accento.

La epsilon viene inserita per facilitare il suono tra due consonanti. La sua funzione è dunque “eufonica”;
3) Nel participio troviamo le desinenze: ως, υια, ος.
Il nominativo maschile deriva da “wōs: “w” cade generando un allungamento. Per il femminile si usa il “grado zero”: ws. Il neutro deriva invece da “wŏs”.

Perfetto medio-passivo:

Il perfetto medio-passivo ha una struttura specifica, in quanto si forma dal tema verbale raddoppiato più la desinenza medio-passiva senza alcun altro elemento intermedio.
Le desinenza sono, come per l’attivo, principali all’indicativo e specifiche negli altri modi.

Per l’indicativo la struttura è la seguente:
Raddoppiamento + Tema verbale + Desinenze principali

Essendo questa la struttura del perfetto passivo, non si creano problemi fonetici con le terminazioni in vocale. Diversamente, il tema fonetico si presenta invece nella composizione dei temi terminanti in consonante: all’incontro della consonante finale del tema verbale e quella iniziale della desinenza.
Normalmente, dunque, tra queste due consonanti si ha il cosiddetto “adattamento”, regolato da norme specifiche.
Il problema si complica però quando si ha l’incontro tra tre consonanti: quella finale del tema e le due delle desinenze “σθαι” e “ντι” della terza plurale.
Nel primo caso il problema si risolve eliminando “σ” dalla desinenza e risolvendo poi con l’adattamento della consonante finale del tema con il “θ” della desinenza. Nel secondo caso, invece, si possono avere due soluzioni: una linguistica che trasforma il “ν” della desinenza in sonante (ν→α), oppure ricorrendo ad una perifrasi formata dal participio perfetto + indicativo presente del verbo ειμι.

Come nell’aoristo, vi sono anche qui delle forme in cui l’accento non segue le regole generali di accentazione, come per esempio l’infinito o il participio.
Per il congiuntivo e l’ottativo si utilizzano perifrasi formate dal participio + congiuntivo o ottativo dei verbi in “μι”.
L’imperativo usa le sue desinenze medio-passive.

Piuccheperfetto:

Il piuccheperfetto è un derivato del perfetto. Utilizza dunque il suo stesso Tema temporale + Suffisso εσ (che nel latino, per rotacismo, diventa invece “er”) + Desinenze (storiche, come nell’aoristo).

La forma medio-passiva non ha il suffisso “εσ”, ma aggiunge direttamente le desinenze (storiche).

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