Ali Q
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La forma verbale

Una forma verbale è costituita da alcuni elementi consecutivi (morfemi), aventi tutti una precisa funzione. Essi sono nell’ordine:
1) Tema verbale (che può coincidere o no con la radice);
2) Suffisso o caratteristica temporale;
3) Caratteristica modale (come nell’ottativo o congiuntivo);
4) Desinenza o terminazione (con o senza vocale tematica).

L’insieme degli elementi 2),3),4) formano la cosiddetta “terminazione temporale”, che informa sulle varie categorie verbali: tempo, modo, persona, numero, diatesi.
Il tema verbale informa invece sull’azione espressa: togliendo da una forma verbale la terminazione temporale, si ottiene il tema verbale.
Il gruppo tema verbale + caratteristica temporale forma invece il “tema temporale”.

Ogni tema temporale è caratterizzato da uno specifico suffisso temporale.
Il tema temporale del presente si ottiene togliendo la terminazione “ω” alla voce che costituisce il “lemma” del verbo.

Il tema temporale del presente può non essere caratterizzato (si tratta di quei verbi come φευγω oppure λυω, in cui il tema temporale coincide anche con il tema verbale) oppure caratterizzato da uno fra i seguenti suffissi temporali:

1) Un vocalismo in ε, come δοκέω, che ha per tema temporale: δοκέ-. Fa invece eccezione ποιέω, in cui la ε fa parte anche del tema verbale.

2) Da un “ν”, come il verbo τέμνω, in cui il tema temporale del presente è τέμν-, ma il tema verbale è τέμ-.

3) Da un “νε”, come il verbo άφικνέομαι, in cui il tema temporale è άφικν-, ma il tema verbale è άφικ-.

4) Da un “αν”, come il verbo άμαρτάνω, in cui il tema temporale è άμαρταν-, ma il tema verbale è άμαρτ-.

5) Da un “αν” + nasale infissa (inserita nel tema verbale), come il verbo λανθάνω o λαμβάνω.

6) Da una “j”, come τείνω, in cui essa reagisce con la consonante finale del tema verbale in vario modo, secondo le regole fonetiche.

-(labiale π,β,φ + j) → il presente risulta terminante in “πτ” (come “κλέπτω”, che ha T.V. κλεπ-);
-(δ + j) → il presente risulta terminante in “ζ” o “σσ”;
-(velare γ,κ,χ+ j) → il presente risulta terminante in “σσ” o “ττ” (come “τάσσω”, che ha T.V. ταγ-);
-(ρ o nasale + j) → la “j” diventa “ι” e fa “metatesi” (cioè inverte la sua posizione) con la “ρ” o la “ν” (come “φαίνω”, che ha T.V. φαν-);
- tutti i verbi terminanti in “αινω”, “εινω” o “ειρω” hanno un tema temporale in cui la “j” invece si vocalizza.
-(λ + j) → il presente risulta terminante in “λλ”, come “βάλλω”.

Detto questo, il futuro è caratterizzato dai suffissi σο/σε. Il σ cade però nei temi in liquida e nasale.
Anche nell’aoristo il σ cade, ma provoca l’allungamento di compenso della vocale immediatamente precedente.
La maggior parte dei verbi presenta l’aoristo debole. Per avere aoristo forte (o aoristo II), infatti, i verbi devono avere un tema temporale del presente che si distingue dal tema verbale: ciò può avvenire o attraverso un suffisso che lo caratterizza o mediante un diverso grado apofonico della vocale radicale. Se tale distinzione non ci fosse, infatti, risulterebbe un aoristo II con forme identiche all’indicativo.
Hanno l’aoristo III, invece, i verbi in cui il tema verbale è monosillabico e terminante in vocale. E’ il motivo per cui questo tipo di aoristo viene anche detto “radicale o atematico”.

A differenza del latino, in cui compaiono due soli tipi di desinenze (attive e passive), in greco ne esistono quattro: attive, mediopassive, principali e secondarie (storiche).
Non entriamo però nel merito di questa faccenda, che risulta piuttosto complessa.
Si conclude solo dicendo che, nel definire una forma verbale, occorrerà citare il tema verbale, la caratteristica temporale (suffisso), un eventuale caratteristica modale, e infine il tipo di desinenza. Esse saranno principali o storiche all’indicativo, mentre saranno “proprie” negli altri modi.

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