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“Il mondo come volontà e rappresentazione” di Schopenhauer
Schopenhauer non mette oggetti fuori dall’esperienza a differenza di Kant che sosteneva che esistevano oggetti fuori dall’esperienza. Dobbiamo comunque pensare a una realtà fuori dalla conoscenza. Inoltre Schopenhauer nega che l’oggetto si costruisca su una pressione della realtà sui nostri sensi ma è tutta opera dell’intelletto, infatti non distingue sensibilità e intelletto. Ogni conoscenza di un oggetto, quindi rappresentazione intuitiva nello spazio, non esiste se non nell’intelletto. Con rappresentazione bisogna quindi intendere gli oggetti costituiti dall’intelletto e il mondo reale è coperto da questi. Realtà e pensiero vanno distinti. La rappresentazione non è altro che un fenomeno. L’intelletto pone davanti a questa realtà in se una sorta di involucro chiamato velo di maya. Questo velo rende il mondo dell’esperienza una sorta di illusione perché la realtà che noi conosciamo non è la realtà come essa è in sé, ma conosciamo solo fenomeni che sono un inganno. Il mondo è illusorio. Il soggetto dà spazio, tempo e causalità a questi oggetti rendendoli così una gigantesca finzione.
Il corpo umano è l’unica possibilità di arrivare all’in sé perché non accediamo al corpo solo dall’esterno ma anche dall’interno. Posso osservare un movimento ma anche dall’interno come una volontà perché il corpo è volontà. È un’esperienza di un essere in tensione, di un muoversi. La volontà è ciò che sta oltre alle rappresentazioni, è l’in sé del mondo. La volontà non è descrivibile in termini di spazio, tempo e causalità perché è senza spazio quindi infinita, non ha tempo quindi illimitata ed è priva di ordine quindi irrazionale. La volontà tende solo ad affermare sé stessa.
“Il mondo come volontà e rappresentazione” di Schopenhauer
Schopenhauer non mette oggetti fuori dall’esperienza a differenza di Kant che
sosteneva che esistevano oggetti fuori dall’esperienza. Dobbiamo comunque pensare
a una realtà fuori dalla conoscenza. Inoltre Schopenhauer nega che l’oggetto si
costruisca su una pressione della realtà sui nostri sensi ma è tutta opera dell’intelletto,
infatti non distingue sensibilità e intelletto. Ogni conoscenza di un oggetto, quindi
rappresentazione intuitiva nello spazio, non esiste se non nell’intelletto. Con
rappresentazione bisogna quindi intendere gli oggetti costituiti dall’intelletto e il
mondo reale è coperto da questi. Realtà e pensiero vanno distinti. La rappresentazione
non è altro che un fenomeno. L’intelletto pone davanti a questa realtà in se una sorta
di involucro chiamato velo di maya. Questo velo rende il mondo dell’esperienza una
sorta di illusione perché la realtà che noi conosciamo non è la realtà come essa è in sé,
ma conosciamo solo fenomeni che sono un inganno. Il mondo è illusorio. Il soggetto dà
spazio, tempo e causalità a questi oggetti rendendoli così una gigantesca finzione.
Il corpo umano è l’unica possibilità di arrivare all’in sé perché non accediamo al corpo
solo dall’esterno ma anche dall’interno. Posso osservare un movimento ma anche
dall’interno come una volontà perché il corpo è volontà. È un’esperienza di un essere
in tensione, di un muoversi. La volontà è ciò che sta oltre alle rappresentazioni, è l’in
sé del mondo. La volontà non è descrivibile in termini di spazio, tempo e causalità
perché è senza spazio quindi infinita, non ha tempo quindi illimitata ed è priva di
ordine quindi irrazionale. La volontà tende solo ad affermare sé stessa. L’unica legge
della volontà è il suo conservarsi. Grazie alla procreazione si mantiene in vita. L’uomo
è l’unico essere vivente che si stupisce della propria esistenza, delle sue proprie opere
e si chiede come sia possibile ciò. Quando arriva a questa riflessione e a questo
stupore nell’uomo nasce il bisogno di fare metafisica quindi diventa un animale
metafisico. Questo bisogno di filosofia e di spiegazioni metafisiche del mondo è spinto
dal desiderio di conoscenza della morte, di considerazione del dolore e della miseria
della vita. Avere questo desiderio, volere qualcosa è avere una mancanza quindi il
piacere è soddisfare questo bisogno ma è secondario rispetto alla volontà che è puro
dolore. La felicità è volta solo a soddisfare questa mancanza. Questo piacere è
momentaneo così come la noia che non ci fa tendere al dolore. Il dolore prevale sul
piacere. Bisogna così smettere di tendere al volere, smettere di tendere al dolore e a
queste mancanze.
Schopenhauer studia dunque delle vie per poter smettere di volere, smettere di avere
questa tensione al dolore. Sono delle presunte vie di liberazione. La prima potrebbe
sembrare essere quella del suicidio ma è scorretto perché è rispondere alla volontà
perché è una tensione al dolore e comunque togliendosi la vita non si infliggono grandi
perdite alla volontà. Una prima via valida è invece l’arte. L’opera d’arte rende
oggettivabile la volontà, nell’esperienza dell’opera vediamo la volontà standone fuori,
non c’è più una tensione dentro di noi grazie all’opera d’arte. L’arte permette di
contemplare la vita. Le arti si dispongono in una gerarchia in cui il gradino più alto è
occupato dalla musica. La musica è l’arte più profonda, non è espressione, è
movimento irrazionale senza concetti. L’arte però non è abbastanza perché
l’esperienza che possiamo avere di un’opera non è illimitata. L’altra via possibile è
l’etica. L’etica è un essere al servizio degli altri, è la scoperta della compassione cioè
del soffrire assieme agli altri, capire che siamo tutti sullo stesso piano e viviamo la
medesima situazione. Quando non prevarico l’altro tutto appare all’uomo in maniera
differente e diventa capace di giustizia. Successivamente diventa poi capace di carità
ovvero è capace di assumersi il dolore dall’altro, si fa carico della sofferenza altrui per
poter togliere l’altro da questo dolore. La terza e ultima via praticabile e che porta a