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Sintesi

Tesina - Premio maturità  2009

Titolo: La volontà  di vivere del mondo

Autore: Guerra diaz Cristian alejandro

Descrizione: analisi del mondo, come rappresentazione fenomenica della volontà  di vivere.

Materie trattate: Scienze,chimica,italiano,biologia

Area: umanistica

Sommario: scienze,l'evoluzione attraverso le ere geologiche, la volontà  inconscia del mondo di crearsi ed evolversi, chimica, la pila, la volontà  inconscia dei metalli e le sostanze che la formano, che a contatto tra di loro trasformano energia chimica in elettrica, biologia, aristotele, la scala naturale, italiano, leopardi, la teoria del piacere come illusorio.

Estratto del documento

inconsapevolmente sostanze diverse e metalli diversi a contatto tra di loro formano

un'energia chimica e la trasformano in energia elettrica. Una caratteristica propria della

volontà, infatti, è che e' inconscia in tutte le cose materiali, in tutti i sistemi viventi e non,

tranne che nell'uomo; difatti, siamo noi esseri umani gli unici coscienti di ciò che quei

metalli e quelle sostanze sono capaci di fare, come tante altre cose, oltre a trasformare

energia chimica in elettrica.

La scienza, come spiega Schopenhauer, infatti, non è da svalutare ne da condannare, in

quanto essa svolge soltanto il suo compito, ovvero quello di spiegare i fenomeni

dell'Universo e di ciò che al suo interno è presente. Tornando all'esempio della pila, se

approfondito l'argomento, si può capire benissimo il suo funzionamento, proprio perchè

le scienze spiegano i fenomeni che avvengono nell'universo e sono limitate alla

trattazione di cio' che si svolge nel mondo fenomenico.

E' proprio questa la caratteristica essenzianle dell'uomo, ovvero quella di essere l'unico

ad interrogarsi sulla propria esistenza; "la scienza lo fa in modo scientifico razionale,

quindi anche se essa è limitata al mondo fenomenico, non è da condannare" dice

Schopenhauer.

Ecco perchè lui distingue l'uomo da tutto ciò che lo circonda, mediante una scala

ascendente, simile a quella di Aristotele, primo grande biologo della storia, il quale mise

una base da cui partirà Charles Darwin per lo studio e la ricerca sull'origine delle specie.

Aristotele credeva che tutti gli esseri viventi potessero essere disposti in una scala

gerarchica, detta <<scala della natura>>, secondo cui gli organismi più semplici

occupavano lo scalino più basso, l'uomo quello più alto e tutti gli altri organismi avevano

una propria posizione intermedia, sulla base di criteri evolutivi. Quasi in modo analogo,

secondo Schopenhauer, il mondo delle realtà naturali si struttura a propria volta

attraverso una serie di "gradi" disposti in ordine ascendente, con la differenza che

questa scala è fatta a seconda della coscienza della volontà di vivere. Il grado più basso

è costituito dalle forze generali della natura, intese come la pioggia, il vento ecc... I gradi

superiori sono le piante e gli animali. La piramide culmina nell'uomo, nel quale la volontà

diviene pienamente consapevole ed e' l'unico essere capace di percepire coscientemente

tutto ciò che vede e sente, volontà compresa; di conseguenza egli è portato, a differenza

degli altri esseri viventi, a stupirsi della propria esistenza e ad interrogarsi sullo scopo

ultimo della vita, proporzionalmente alla sua intelligenza.

Schopenhauer, quindi, afferma che l'essere è manifestazione di una volontà infinita, e

spiega che ciò equivale a dire che la vita è un eterno dolore, in quanto volere significa

desiderare, e desiderare signica a sua volta trovarsi in uno stato di tensione per la

mancanza di qualcosa che non si ha e si vorrebbe avere. Il desiderio risulta quindi, per

definizione, assenza, vuoto, indigenza, ossia dolore. E poichè nell'uomo la volontà è più

cosciente, egli risulta il più bisognoso e mancante degli esseri, e destinato a non trovare

mai un appagamento verace e definitivo, in quanto per un desiderio che venga appagato,

ne rimarranno tanti altri insoddisfatti; questa brama di vivere non finisce, ma persiste e

dura all'infinito.

Giacomo Leopardi, infatti, percepì questo stato esistenziale, tanto che nel corso della

sua vita elaborò la teoria del piacere, inteso come un cessamento apparente dell'eterno

dolore dell'uomo; Schopenhauer, difàtti, per questa teoria avrà grande stima e

considerazione nei confronti di Leopardi. Teoria secondo la quale, l'uomo nella vita

tende sempre a ricercare un piacere infinito, come soddisfazione di un desiderio

illimitato. Esso viene cercato soprattutto grazie alla facoltà immaginativa dell'uomo, che

può concepire cose che non sono reali. Poiché, grazie all'immaginazione, l'uomo può

figurarsi piaceri inesistenti infiniti in numero, durata ed estensione, non bisogna stupirsi

che la speranza sia il bene maggiore, e che la felicità umana corrisponda

all'immaginazione stessa (rapporto copia-modello tra gli individui e le idee,

Schopenhauer). La natura fornisce tale facoltà all'uomo come strumento per giungere

non alla verità, ma ad un'illusoria felicità. Anche l'occupazione, (che può essere

considerata la soddisfazione continua degli svariati bisogni che la natura ha fornito agli

uomini) è una condizione che porta felicità nella vita dell'uomo. Ad essa si oppone il

tedio, la noia, che è il male più grande che possa affliggere l'umanità. La felicità, dunque,

è più facilmente trovata dai fanciulli, che riescono sempre ad immaginare e perdersi

dietro ogni "bagattella", ovvero riescono a distrarsi con ogni sciocchezza. Secondo

Leopardi, l'umanità poteva essere più vicina alla felicità nel mondo antico, quando la

conoscenza scarsa lasciava libero corso all'immaginazione; nel mondo moderno, invece,

la conquista del vero ha portato l'immaginazione ad indebolirsi, fino a sparire del tutto

negli adulti.

Il pendolo quindi, già menzionato all'inizio, oscilla tra il dolore e la noia, passando per il

piacere momentaneo ed illusorio spinto dalla volontà di vivere. E' paragonabile proprio a

questo la vita dell'uomo.

A causa di quella volontà impulsiva perennemente presente nell'uomo, Schopenhauer

spiega l'origine di Dio, in quanto Dio a parere suo non è nient'altro che una menzogna

iniqua dell'ottimismo, una rappresentazione dei nostri più grandi bisogni e idee di bene e

male da secoli inculcate dalla morale sociale. In altri termini e' un tipo di sfogo dell'uomo,

il quale si rende conto dell'esistenza della morte, e cerca una via di scampo come il

paradiso, ovvero la rappresentazione degli aspetti ritenuti più belli del mondo stesso:

una "vita dopo la vita", per pura paura di morire, dettata anch'essa dalla volontà di

vivere. Analogamente, l'inferno è una rappresentazione dei lati più disastrati e sofferenti

del mondo (nei lazzaretti, nei campi di battaglia, nei tribunali ecc..). Infine, le

caratteristiche che l'uomo attribuisce a Dio, ribadisce Schopenhauer, sono le stesse

della volontà di vivere, ovvero unico, eterno ed incausato; quindi Dio nell'universo

doloroso di Schopenhauer non esiste, ma esiste solo la volontà di vivere che porta

avanti il mondo stesso.

Schopenhauer, come è percepibile, condanna e rifiuta ogni tipo di ottimismo e piacere

illusorio; quello storico e sociale perchè ritenuti solo tentativi di sopraffazione di alcuni

individui sugli altri, l'amore perchè come fine ha quello di provare puro piacere sessuale

e procreare, quindi di proliferare individui che saranno condannati a soffrire nel mondo

doloroso fino alla morte, l'ottimismo cosmico perchè pensare al mondo come organismo

perfetto è una contraddizione, giacchè la vita è un'esplosione di forze sostanzialmente

irrazionali e il mondo, anzichè essere il regno della logica e dell'armonia, è il teatro

dell'illogicità e della sopraffazione che non c'è solo tra uomo e uomo, bensì anche

all'interno della natura, infatti in essa vige la legge della giungla.

Da questo velo, da questa parvenza, sogno, rappresentazione, ecc... esistono vie di

liberazione, ovvero tappe attraverso cui l'uomo cerca di liberarsi dalla volontà di vivere, e

sono tre: l'arte, la morale e l'ascesi; non il suicidio, poichè è solamente una malcelata

forma di attaccamento alla vita, in quanto il suicida vuole la vita, ed è solo malcontento

delle condizioni che gli sono toccate, e per di più sopprime soltanto una manifestazione

fenomenica della volontà e non la volontà in se stessa.

-L'arte: mentre la conoscenza, quindi la scienza, è continuamente limitata a spiegare il

mondo fenomenico entro le sue forme che sono lo spazio e il tempo, asservita ai bisogni

della volontà, l'arte è conoscenza libera e disinteressata, e mira a individuare e

descrivere quelli che sono gli aspetti universali della realtà, l'essenza immutabile della

realtà che sono ad esempio: l'amore, l'afflizione, la guerra, in se le idee. Quindi, il

soggetto che contempla le idee (aspetti universali della realtà), non è più il normale

individuo naturale che segue i bisogni della realtà, ma il genio; infatti, per l'uomo

comune, il proprio patrimonio conoscitivo rappresenta la lanterna che illumina la strada,

mentre per l'uomo geniale è il sole che rivela il mondo. Ecco infatti perchè l'uomo geniale

è sottratto dalla catena infinita dei bisogni: perchè al posto di soddisfarli per continuare

a farla sussistere senza rendersene conto, prende coscienza di quei bisgoni stessi, della

volontà in sè, li individua e li descrive, elevandosi al di sopra della volontà, del dolore e

del tempo. Anche nell'arte c'è una scala ascendente. In essa, le varie forme di

manifestazione della volontà rappresentate dall'uomo, con l'architettura all'ultimo

gradino (materia organica), fino alla scultura, alla pittura e alla poesia, che hanno per

oggetto le idee del mondo vegetale, animale e umano. Spicca fra le arti la tragedia, che è

l'autorappresentazione del dramma della vita.

Come arte suprema però c'è la musica, che, con la sua caratteristica di non riprodurre

mimeticamente le idee come le altre arti, ma di porsi come immediata rivelazione della

volontà a se stessa, svolge spunti già presenti nell'estetica musicale romantica; spiega

Schopenhauer che essa si configura come "l'arte più profonda e universale, in quanto

assomiglia a una vera e propria metafisica in suoni", capace di metterci a contatto, al di

là dei limiti della ragione, con le radici stesse della vita e dell'essere.

Ogni arte è quindi si liberatoria, ma momentanea, in quanto cessa temporaneamente il

bisogno costante in noi, e quindi anche della volontà: e' una cessazione parziale, come

un breve incantesimo, essa infatti non è una via per uscire dalla vita, ma solo un conforto

dalla vita stessa.

-La morale implica un impegno nel mondo a favore del prossimo, non avendo pietà per

egli, a causa del solo riconoscimento visivo dei mali che lo colpiscono o del dolore che

egli prova; la pietà di cui parla Schopenhauer consiste in una vera e propria

conseguenza di un'esperienza vissuta personalmente, e di un'accettazione di tutti quei

mali e dolori, cosicchè la nostra azione di petà nei confronti del prossimo sia mediante

l'immedesimarci nella sua sofferenza, vivere, sentire, soffrire in carne propria quei mali.

La giustizia e la pietà sono due virtù attraverso cui la morale si concretizza, con la

differenza che una delle due, la giustizia, non ha un carattere positivo, in quanto più che

riconoscimento empirico dei mali altrui e alienazione nostra dall'egoismo, essa è un

freno solamente all'egoismo stesso, mediante il quale siamo disposti a riconoscere per

gli altri ciò che vorremo per noi stessi. La vera e propria pietà è paragonabile all'amore

vero, non quello di base sessuale e prolifica, quindi interessato, bensì ad un amore

disinteressato; consiste nel far propria la sofferenza di tutti gli esseri passati e presenti,

e nell'assumere su di noi stessi il dolore cosmico, cosicchè la volontà di essere al di

sopra degli altri in qualunque modo non ci colpisca. Schopenhauer, però, non ritiene una

vera e propria via di liberazione dalla volontà nemmeno questa, in quanto si rimane

all'interno della vita, questo fatto perciò presuppone che un attaccamento ad essa in

qualche modo ci sia ancora.

La vera via di liberazione dalla volontà di vivere, secondo Schopenhauer e' l'ascesi, cioe'

il deliberamento, l'infrangimento della volontà, mediante l'astensione dal piacevole e la

ricerca dello spiacevole, l'espiazione e la macerazione spontaneamente scelta, per la

continuata mortificazione della volontà.

L'ascesi nasce dall'orrore dall'uomo provato per l'essere di cui è manifestazione il suo

proprio fenomeno, per la volontà di vivere, per il nocciolo e l'essenza di un mondo

riconosciuto pieno di dolore.

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