beatriceinnaro
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Concetti Chiave

  • Schopenhauer describes life as a pendulum swinging between boredom and pain, with temporary pleasure as an illusory interval.
  • Human desire, driven by an insatiable will, leads to a constant state of lack and emptiness that no satisfaction can permanently fulfill.
  • Pain is universal and inherent in the essence of the world, as the will manifests as a perpetually unsatisfied tension in all things.
  • Humans, being more aware, experience greater dissatisfaction, intensifying the world's inherent suffering, especially geniuses.
  • The world's apparent beauty masks a universal struggle, an internal conflict within the will, revealed through hostile interactions.

Indice

  1. La metafora del pendolo
  2. Il dolore universale

La metafora del pendolo

Il pessimismo di Schopenhauer viene spiegato tramite la sua metafora sulla vita, che è come un pendolo che oscilla tra la noia e il dolore. La vita, infatti, è dolore per definizione, in quanto volere significa desiderare, e desiderare significa trovarsi in uno stato di mancanza e di vuoto (poiché nell’uomo la volontà è più cosciente, l’uomo è il più bisognoso degli esseri) che nessun appagamento può colmare definitivamente.

Infatti, il soddisfacimento di un bisogno, ovvero il piacere, è una situazione temporanea nel quale si placa il desiderio e il dolore, dopo il quale subentra la noia, rimpiazzata poco dopo dalla ricerca di un altro desiderio da appagare. La vita, quindi, è un pendolo che oscilla tra il dolore e la noia, che passa per l’intervallo illusorio del piacere.

Il dolore universale

Poiché la volontà, che è tensione perennemente insoddisfatta, si manifesta tutta in ogni cosa, il dolore non riguarda solo l’uomo, ma ogni ente del mondo. L’uomo, poiché è più consapevole, patisce maggiormente l’insoddisfazione dei propri desideri, potenziando così il male del mondo riassunto in lui (il genio, inoltre, soffre ancor più intensamente). Ciò, quindi, porta il filosofo a sviluppare una radicale forma di pessimismo cosmico per il quale il dolore non è solo nel mondo, ma nell’essenza stessa del mondo (la volontà). L’espressione di questo dolore universale è non solo l’insoddisfazione, ma anche la lotta di tutte le cose che si cela dietro la “meraviglia” del mondo, un’autolacerazione della volontà in una molteplicità conflittuale di parti e individui reciprocamente ostili (come la formica gigante d’Australia che, quando viene tagliata in due, non muore, ma le due metà cominciano a combattere tra di loro).

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