Concetti Chiave
- L'angoscia in Kierkegaard nasce dalle infinite possibilità esistenziali, non legata a eventi concreti, ma a condizioni come pausa e disperazione.
- La disperazione deriva dalla riflessione su se stessi, causata da una libertà eccessiva o difettosa, con il passato che influisce sul futuro.
- Kierkegaard utilizza citazioni bibliche per illustrare l'angoscia, sottolineando l'incertezza e il dolore umano attraverso le parole di Gesù.
- La disperazione è vista come una "malattia morale", risultante dalla mancanza di necessità e libertà, portando l'io a sentirsi incompleto.
- La fede è proposta come cura, riconoscendo la dipendenza da Dio e accettando la propria limitatezza, pur mantenendo l'onere della scelta.
Indice
L'angoscia esistenziale secondo Kierkegaard
Per Kierkegaard la condizione esistenziale generata dalle infinite possibilità a cui l'uomo si trova davanti si concretizza nell'angoscia, essa non si riferisce tuttavia solitamente a nulla di preciso o un fatto concreto, come accade anche i sentimenti analoghi all'angoscia, ovvero ad esempio la pausa e la disperazione. La disperazione si palesa come un sentimento del possibile rispetto a se stessi, sorge quando ci raccogliamo in noi stessi e ci concentriamo sugli effetti che l'angoscia prova su di noi. Questa intensa preoccupazione può nascere da un'eccessiva libertà oppure può nascere da una libertà difettosa, il passato solitamente genera angoscia come possibile futuro per l'effetto di ripetizione di eventi.
Riferimenti biblici e angoscia
Kierkegaard cita la Bibbia in due momenti precisi prelevati dal Nuovo Testamento:
• "Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?!", che sono le parole pronunciate da Gesù sulla croce in relazione a suo padre a causa del dolore fisico e psicologico che sta provando;
• "Ciò che tu fai, affrettalo", sono le parole pronunciate sempre da Gesù ma rivolte al discepolo traditore Giudo, questo crea più angoscia rispetto al primo a causa dell'incertezza del futuro avvenire;
La disperazione e l'io
La disperazione si riferisce dunque al rapporto dell'uomo con se stesso, l'io più voler essere se stesso, non giungendo ad un equilibrio a causa della sua limitatezza che lo rende insufficiente a se stesso. Oppure l'io può non voler essere se stesso cercando invano di rompere il rapporto con il proprio essere individuale. Entrambe le condizioni sono però caratterizzate da quella che Kierkegaard definisce "malattia morale", in quanto consiste nel vivere la morte del proprio io, in esso la disperazione può nascere per due motivi principali che il filosofo indica come a seguire:
• Mancanza di necessità, le possibilità non si concretizzando rendendo tutto potenzialmente possibile e rendendo l'io quasi ingoiato da un abisso;
• Mancanza di libertà, la possibilità in questo caso appare come l'unico rimedio, senza di essa sarebbe infatti come vivere senza aria, quindi assolutamente impossibile;
Fede come terapia
Solo la fede infine si presenta come terapia efficace in quanto appare come la condizione in cui l'uomo non si illude di poter essere autosufficiente ed ammette finalmente la propria limitatezza e in questo caso, la dipendenza da Dio. La fede tuttavia non solleva l'uomo dall'onere della scelta, la fede ha inoltre carattere di un attimo implicando un'improvvisa discesa della verità divina nella vita dell'uomo.
Domande da interrogazione
- Qual è la causa principale dell'angoscia secondo Kierkegaard?
- Come si manifesta la disperazione nell'individuo?
- Qual è il ruolo della fede nella filosofia di Kierkegaard?
L'angoscia, secondo Kierkegaard, è generata dalle infinite possibilità a cui l'uomo si trova davanti, senza riferirsi a nulla di preciso o concreto.
La disperazione si manifesta come un sentimento del possibile rispetto a se stessi, sorgendo quando ci si concentra sugli effetti dell'angoscia e si riflette sulla propria insufficienza o sul desiderio di rompere il rapporto con il proprio essere.
La fede è vista come una terapia efficace che permette all'uomo di riconoscere la propria limitatezza e dipendenza da Dio, senza sollevarlo dall'onere della scelta, ma implicando un'improvvisa discesa della verità divina nella sua vita.