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KANT
PANORAMICA
Ha avuto una vita molto monotona senza grandi avvenimenti e non ha viaggiato molto ha studiato tanto e ci ha lasciato un mare di opere. Era antidogmatico (non accettare nulla senza aver vagliato le possibilità, ma è anche una scelta di vita) quindi è un esponente tipico dell’illuminismo. Abbracciò il pietismo: movimento religioso protestante ed esortava al rigorismo morale. Egli rappresenta un crocevia nella storia della filosofia perché quella che verrà dopo non potrà non tenere conto della sua svolta.
Si è definita la filosofia di Kant critica, ovvero si fonda sulla necessità di interrogarsi preliminarmente sulle possibilità e i limiti della ragione umana e tale concezione è chiamata “criticismo”, che consiste nel far propria l’esigenza di interrogarsi preliminarmente su quelli che sono i limiti e le possibilità della ragione e tale concezione è opposta al dogmatismo: accettazione acritica di dottrine e opinioni. Tale concezione è posta alla base del suo pensiero.
Tre sono le grandi opere del periodo critico dal 1780 e sono la Critica della ragione pura, la critica della ragion pratica e la critica del giudizio.
L’esigenza di vagliare ed esaminare le possibilità e i limiti della ragione umana non è soltanto tipica del campo conoscitivo ma si estende ad altri ambiti dell’esperienza umana come la morale e l’esperienza artistica.
Secondo Kant è la ragione stessa che stabilisce i suoi limiti e le sue possibilità, quindi non c’è un agente esterno (Dio), quindi essa esamina quelle che sono le sue possibilità (da sola) quindi “ha trascinato la ragione davanti al tribunale di se stessa “poiché è allo stesso tempo sia imputato che giudice.
Fissare i limiti della ragione, cioè dire ciò che può conoscere da sola e ciò che non può conoscere da sola non vuol dire svalutarla ma significa rafforzare la sua validità; quindi s’indica un ambito in cui essa può pretendere una validità universale e necessaria. Kant mostra il luogo entro cui la scienza può addentrarsi con sicurezza, quindi supera gli esiti scettici dell’empirismo.
CRITICA DELLA RAGION PURA
Nella critica della ragion pura Kant vuole rispondere alla domanda che cosa posso conoscere? Cioè che cosa può conoscere la ragion pura (che agisce da sola).
Afferma che le opere di Hume “l’hanno svegliato dal sonno dogmatico” poiché aveva avuto una formazione dogmatica, razionalista e volta alla fiducia totale della ragione. La grande lezione che ha dato Hume consiste nel fatto che affinché la ragione possa procedere speditamente verso la conoscenza certa, occorre che proceda insieme all’esperienza e i sensi.
Di Hume accoglie il suo scetticismo metafisico ma non può accettare quello scientifico.
Non accetta che il suo empirismo sia scivolato nello scetticismo, cioè nella concezione secondo la quale l’uomo non può raggiungere conoscenze certe, invece egli dice che c’è un ambito di conoscenze che l’uomo può raggiungere e sono certe ed è quello della scienza fisica. Infatti, tale opera può essere considerata un’epistemologia della scienza galileiana-newtoniana quindi dimostra la validità delle conoscenze scientifiche.
Il termine metafisica viene per la prima volta coniato da Andronico da Rodi nel 1°sec. D.C. Aristotele dava quattro definizioni di filosofia prima (studio dell’essere in quanto essere cioè delle caratteristiche fondamentali della realtà; studio della sostanza, delle cause e principi primi e di Dio)
In Kant il termine indica lo studio di Dio dell’anima e dell’ordine del mondo (il considerare se il mondo in cui viviamo risponda a un fine o vige la casualità.)
La critica della ragion pura è volta alla ricerca dei principi che rendono universale e necessario il sapere, che all’epoca di Kant si distingueva in scienza (conoscenza del mondo fisico) e metafisica (rappresenta il mondo dell’assoluto e dell’incondizionato cui Aristotele ha dedicato ben 14 libri e viene concepita come ontologia).
Kant constata che il sapere della natura esiste ed è certo, non lo mette in dubbio ma vuole esaminare di essa i fondamenti per garantirle universalità e necessità; la scienza della natura fa ricorso all’esperienza che di per se non ha il carattere dell’universalità e necessità ma pur provenendo dall’esperienza la conoscenza scientifica è ancorata a principi che garantiscono universalità e necessità.
Per questo opera la rivoluzione copernicana. Secondo il realismo gnoseologico il metro di misura della verità è la realtà (una conoscenza è vera se corrisponde alla realtà). Invece secondo Kant il soggetto sta al centro del processo conoscitivo e la conoscenza è un’elaborazione dei dati (che provengono dall’esperienza) da parte del soggetto in base a dei meccanismi.
Kant afferma che la conoscenza consta di due elementi: materia (dato) e la forma (o forme a priori o meccanismi che garantiscono la validità della conoscenza (universalità e necessità)). Poi i giudizi della scienza non sono né di tipo razionalistico né di tipo empiristico perché la conoscenza della natura pur basandosi sull’esperienza è un sapere universale e necessario.
Ha distinto due tipi di conoscenza: fenomeno (conoscenza della natura ma non è così come essa è ma come noi la possiamo conoscere attraverso le forme a priori validità; noumeno (conoscenza che corrisponde alla realtà così come essa è ma all’uomo non è dato conoscere.
La critica della ragion pura si divide in:
1) Dottrina degli elementi (dove Kant è impegnato a individuare quelli che sono gli elementi a priori della conoscenza paragonati ai programmi di un computer;
2) Dottrina del metodo che si occupa del modo di applicazione di tali elementi.
La dottrina degli elementi si divide in:
1) Estetica (nell’accezione di sensibilità o 1°livello della conoscenza) trascendentale (si occupa di analizzare i meccanismi della sensibilità);
Nel ricevere le impressioni sensibili non siamo del tutto passivi perché collochiamo le cose o nel tempo o nello spazio che non esistono e sono i meccanismi della sensibilità;
Sul tempo si fonda l’aritmetica, sullo spazio la geometria generale e la matematica che diventa un sapere universale, necessario e valido.
2) Logica trascendentale o 2°livello della conoscenza che è quella del pensiero. Kant distingue due facoltà: intelletto (analitica) e ragion propriamente detta (dialettica); i meccanismi dell’intelletto sono chiamati categorie o concetti puri sono 12 e sono divisi in 4 modalità: quantità, qualità, relazione e modalità (tutti i modi attraverso i quali possiamo dire qualcosa a riguardo del mondo esterno.
Nella relazione troviamo il principio di causalità, ossia la relazione di causa ed effetto. Affermando che la relazione causale è un meccanismo della nostra mente grazie al quale costruiamo le leggi della natura, ha salvato la scienza dallo scetticismo.
Su queste dodici categorie si fonda la fisica. L’estetica e l’analitica trascendentale hanno raggiunto lo scopo di giustificare la scienza fondando l’universalità e la necessità del sapere matematico e fisico sulla soggettività, cioè sulle forme a priori (né sulla realtà esterna né su dio).
CRITICA DELLA RAGION PRATICA
Nella Critica della ragion pratica, invece, tale critica si pone il problema della morale, cioè del comportamento e mira a rifondare le basi dell’etica. Quindi lo scopo è di conoscere le caratteristiche in base alle quali un’azione si può dire morale.
L’altro problema è di trovare chi ci dice quello che si deve fare. Kant afferma che la morale è un fatto della ragione, cioè è essa che ci dice cosa dobbiamo fare, in altri termini è la fonte della moralità.
Le caratteristiche della legge morale?
L’autonomia: deriva dalla fondazione, ovvero è la ragione che fonda la morale e non la sensibilità (l’insieme delle passioni e degli istinti). La categoricità: la legge morale si impone come un imperativo categorico, ossia come un comando, un ordine (tu devi). La legge morale è categorica perché l’azione per essere morale, deve essere fine a se stessa (il dovere per il dovere/rigorismo etico).
Il formalismo: la ragione non assegna nessuna regola che l’uomo deve seguire, non dà delle regole, ma è essa stessa che di volta in volta ci guida nelle nostre azioni.
Kant afferma che la legge morale è un fatto della deriva dalla ragione perché secondo lui, l’uomo non è composta dalla sola ragione, ma anche da passioni e istinti, le quali sono inaffidabili nel senso che la legge morale non può dipendere dagli istinti e dalle passioni e quindi l’unica facoltà dell’uomo che può garantire universalità e necessità dei principi da seguire è la ragione, perché è unica in tutti, è uguale per tutti e ci può garantire dei principi che siano uguali per tutti (questo vuol dire universalità) e che siano sempre quelli (necessità: che non possono diversi da ciò che sono)
Quindi ecco perché la ragion pratica, cioè la ragione che ci guida nelle nostre azioni deve essere criticata, ovvero analizzata per poter valutare quando un’azione segue la legge morale o no.
Kant in questa critica da dei consigli da seguire affinché tutte le nostre azioni seguano la legge morale e grazie ai quali possiamo stabilire se esse sono morali o no.
1) Principio di universalizzazione: consiste nel chiedersi prima di compiere un’azione se essa fosse generalizzata, cioè fosse fatta da tutti, quali conseguenze comporterebbe (es. persona in bancarotta);
2) Consiglio che afferma che bisogna trattare il nostro prossimo sempre come fine e mai mezzo, cioè rispettare la sua dignità;
3) Principio dell’intenzione: secondo Kant un’azione è morale se deriva dalla propria intenzione, cioè se la si vuole fare (es. due persone che hanno intenzione di rubare);
Rivoluzione copernicana in campo gnoseologico: ribaltamento tra soggetto e oggetto, in altre parole la conoscenza è frutto della costruzione dell’uomo.
Rivoluzione copernicana in campo etico: porre a fondamento della moralità la ragione umana.
Tale critica mette a nudo l’ambivalenza che sussiste nell’uomo, in altre parole l’uomo non è soltanto sottoposto alle leggi deterministiche della natura (sono così e non possono essere diverse da come sono), quindi non è soltanto costituito da materia (fenomeno: natura/materia), ma anche da una parte spirituale che è la volontà, in altre parole la parte noumenica che è libera di staccarsi dalle passioni e decidere se seguire la legge morale o no.
L’analisi della legge morale apre degli scenari fino ad ora impensabili, ovvero ciò che in sede teoretica era stato negato (la critica della ragion pura si era conclusa con la netta separazione tra fenomeno e noumeno, in altre parole il fenomeno era la natura e l’uomo può conoscerla, invece il noumeno no, in altre parole la metafisica è un ambito in cui l’uomo non può addentrarsi per conoscerlo) invece in sede pratica riguardante la metafisica, si apre uno spiraglio, questo vuol dire che la metafisica diventa un postulato, ossia una speranza.
Infatti, seguendo il rigorismo etico, l’uomo compiendo un’azione morale non può raggiungere la felicità e quindi è umanamente accettato che possa sperare che alla fine della vita ci possa essere un Dio che possa garantire la felicità e quindi l’immortalità dell’anima. Tutto questo rappresenta il primato della ragion pratica su quella teoretica.
CRITICA DEL GIUDIZIO
Nella Critica del giudizio, invece come oggetto di studio vi è una facoltà intermedia tra l’intelletto e la ragione, ovvero il sentimento, in altre parole la facoltà attraverso cui l’uomo si pone di fronte alla natura non con una mentalità scientifica ma con l’intento di ricercare l’aspetto noumenico, in altre parole il principio di finalità che è insito nella natura stessa.
Le tre facoltà la ragione, l’intelletto e il sentimento emettono dei giudizi, quelli dei primi due sono determinanti, ossia conoscitivi, invece i giudizi del sentimento sono dei giudizi riflettenti, che riflettono sulla natura già costituita per cogliere la finalità.
I giudizi riflettenti sono di due tipi quelli estetici e quelli teleologici, i quali hanno la stessa funzione, quello di cogliere la finalità ma la esplicano questa funzione in modo diverso.
Il giudizio estetico ha come oggetto il bello e il sublime, il bello è un giudizio che riguarda gli aspetti della natura che trasmettono all’uomo un senso di tranquillità e di pace interiore e sono aspetti limitati (esempio il fiore).
Invece il sublime è un giudizio che deriva dalla riflessione sugli aspetti smisurati e illimitati e sui sentimenti o sulle sensazioni che l’uomo prova quando la natura si manifesta nei suoi aspetti più terrificanti. Esiste il sublime matematico che riguarda l’immensità del mare e gli aspetti illimitati della natura. Invece il sublime dinamico riguarda la potenza della natura, cioè quelle sensazioni che proviamo quando assistiamo a un terremoto. Il sublime suscita in noi un sentimento che ci terrifica, ma nello stesso tempo ci affascina, perché ci fa paura l’illimitato e nello stesso tempo ci affascina perché l’infinità della natura non è altro che la metafora della nostra grandezza d’animo.