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La formazione e la maturazione del pensiero: il periodo
precritico e la “Dissertazione” del 1770.
Kant studia all’università di filosofia, matematica e fisica e rimane particolarmente colpito da:
_ Newton per le sue grandi intuizioni scientifiche che lo conducono ad unificare la fisica terrena
e quella celeste ( che Aristotele non distingueva affatto). Inoltre è affascinato dal metodo
sperimentale galileiano che Newton fa proprio basato sull’ “hypotesis non fingo” ( non ipotizzo al
di là della realtà).
_ Leibniz che egli viene a conoscere nella versione di Wolff. Fondamentale per la sua
formazione sarà il razionalismo ottimista, la tesi secondo cui “viviamo nel migliore dei mondi
possibili” e secondo cui l’uomo è libero.
_ Rousseau perché mette in enorme rilievo l’importanza della dignità dell’uomo.
_ Hume che lo scuote dal suo “sonno dogmatico”. Infatti il filosofo inglese nega il rapporto di
causa effetto e, così facendo, nega l’universalità della scienza identificandola come opinione ed
abitudine.
Nel periodo precritico Kant si occupa principalmente di scienza, arrivando addirittura a formulare
una teoria sulla nascita dell’universo. Fondamentale però è lo scritto che chiude questo periodo,
vale a dire la “Dissertazione”, o meglio “ De mundi sensibilis atque intelligibilis forma et
principiis”. Questo scritto è la sua tesi di dottorato e gli permette di diventare professore
ordinario. Per scriverla egli stesso disse di aver ricevuto una “grande luce”. È il primo frutto nato
dal suo “risveglio dal sonno dogmatico”.
Nella “Dissertazione” Kant accoglie da Hume l’idea secondo la quale i nessi fra i dati
dell’esperienza non sono esperienza ma sono solamente pensati. Proprio perché non sono
nessi constatati ma sono pensati, Kant afferma che essi prescindono dall’esperienza e, di
conseguenza, sono pensati necessariamente. Per concretizzare questa geniale deduzione
accoglie la tesi di un matematico francese, Lambert, secondo il quale la conoscenza è una sintesi
fra materia (vale a dire le sensazioni, l’esperienza) e la forma (in altre parole la ragione). Kant,
accogliendo questa tesi, ricerca le forme innate dell’intelletto vale a dire modalità di conoscenza,
operatori mentali che permettono ad ogni individuo di percepire la realtà esterna allo stesso
modo. Queste forme innate vengono definite da Kant forme a priori in quanto esse prescindono
dall’esperienza e sono quindi condizioni trascendentali di quest’ultima. Esse non sono idee
innate, concetti già presenti in ognuno dalla nascita. Proprio in questo risiede l’originalità di Kant
rispetto a tutti i filosofi che avevano sostenuto l’innatismo come Cartesio e Platone. Kant fornisce
esempi che chiariscono molto questo complicato concetto. Ad esempio, egli afferma che, se tutti
avessimo delle lenti blu davanti agli occhi, allora tutti vedremmo il mondo blu e quindi lo
vedremmo così necessariamente. Il soggettivo diventa, come si potrà notare in particolar modo
nella prima critica, necessario.
Arrivato a questo punto decide di operare una distinzione fra due realtà: il mondo fenomenico
ed il mondo noumenico.
Il mondo fenomenico ( dal greco phainomenon, ciò che appare ) è il mondo sensibile, il mondo
dell’esperienza, dove l’uomo riceve sensazione passivamente ricavandone delle impressioni. Però
le sensazione ricevuto passivamente vengono organizzate dalla mente umana attivamente
mediante due forme a priori: lo spazio ed il tempo.
Esse sono intuizioni pure, condizioni trascendentali dell’esperienza, forme a priori della
sensazione. Più dettagliatamente lo spazio è la modalità con cui la psiche struttura i fenomeni
esterni mentre il tempo, è la modalità con cui la psiche struttura i fenomeni interni. Quindi
l’uomo ha chiara l’intuizione dello spazio e del tempo. Arriva così a giustificare la matematica e
la meccanica pura. È la prima forma di unificazione della molteplicità delle sensazioni.
Va sottolineato ancora che spazio e tempo non sono realtà, ma schemi mentali. Per rendere
comprensibile questo concetto ed evitare ogni malinteso, Kant scrive che:
“Lo spazio non costituisce in alcun modo una proprietà delle cose in sé, neppure delle cose nei
loro rapporti reciproci; ossia non è una determinazione delle cose…
Lo spazio altro non è che la forma di tutti i fenomeni dei sensi esterni…
Il tempo non è alcunché di sussistente per se stesso o di inerente alle cose come loro
determinazione oggettiva…
Il tempo non è altro che la forma del senso interno, ossia l’intuizione di noi stessi e del nostro
stato interno.”
Il mondo noumenico ( dal greco noein, intelletto ) è il mondo intellegibile, il mondo che può solo
essere pensato e di cui non si può avere esperienza alcuna.. Il noumeno è quindi la cosa in sé, la
vera realtà: riguarda la metafisica. Kant si chiede se sia possibile fondare scientificamente questa
realtà intelligibile e ne cerca le forme a priori. Non riesce però nel suo intento e rimanda la
riflessione sulla metafisica, riflessione che attuerà in maniera particolarmente accurata nell’ultima
parte della “Critica della Ragion pura”.
Quindi la “Dissertazione” permette a Kant di affermare che la matematica sia necessaria ed
universale. Ma la fisica? Lo spazio ed il tempo sono sufficienti per giustificarla? Da queste
domande nascerà appunto, dopo undici anni di lunghe riflessioni, la “Critica della Ragion pura”.
1781: la “Critica della Ragion pura”
La domanda centrale dell’opera è “ che cosa ho il diritto di sapere?”
Da questa domanda era già nata la “Dissertazione”ma ora il filosofo di Könisberg estende il
concetto di “a priori” anche alle forme della conoscenza intellettuale ed esaurisce anche il discorso
sul noumeno.
L’opera è articolata come segue:
1) Due Prefazioni relative alla prima e alla seconda edizione ( 1781 – 1787)
2) Una prima sezione, più ampia e significativa, che egli intitola Dottrina trascendentale degli
elementi e comprende al suo interno:
Una dettagliata Introduzione in cui risponde alla domanda “come sono possibili
giudizi sintetici a priori?”
L’Estetica trascendentale, vale a dire lo studio della sensibilità e delle sue forme a
priori.
La Logica trascendentale che studia il pensiero discorsivo e si suddivide in:
_ Analitica trascendentale, vale a dire lo studio dell’intelletto e delle sue
forme a priori;
_ Dialettica trascendentale che studia la ragione e le sue forme a priori;
3) Una seconda sezione, la Dottrina del metodo, che si propone di chiarire l’uso
degli elementi, il metodo della conoscenza.
L’introduzione: i giudizi
Va detto innanzi tutto con il termine giudizio Kant intende una l’attribuzione di un predicato ad un
soggetto. La conoscenza è la formulazione di giudizi. Ma quale tipologia di giudizio? Quello dei
razionalisti, degli empiristi o nessuno dei due?
Kant afferma che i giudizi utilizzati dai razionalisti siano giudizi analitici a priori. Questi giudizi
essendo a priori prescindono dall’esperienza e sono quindi universali e necessari ma hanno un
limite: sono analitici quindi non ampliativi ma tautologici. Il concetto del predicato è incluso nel
soggetto. Essi pur essendo universali non aumentano il bagaglio delle nostre conoscenze.
I giudizi invece utilizzati dagli empiristi sono giudizi sintetici a posteriori.
Essendo sintetici essi sono ampliativi, aumentano la nostra conoscenza ma hanno un limite: si
fondano sull’esperienza e di conseguenza non sono universali e non possono essere fondamento di
alcuna scienza.
Né i primi né i secondi sono quindi capaci di soddisfare le esigenze di una scienza che sia feconda e
insieme universale. Si dovrebbe operare una sintesi fra le due differenti tipologie di giudizi per
arrivare a formulare dei giudizi sintetici a priori. Kant, chiedendosi come siano possibili questi
giudizi, si chiede come sia possibile il sapere scientifico.
L’Estetica trascendentale
Nell’Estetica trascendentale egli non fa altro che riprendere ciò già concluso nella Dissertazione
vale a dire che matematica e meccanica pura possono essere considerate scienze basate sulle due
intuizioni pure: spazio e tempo.
L’Analitica trascendentale
L’Analitica è la prima parte della Logica ed è l’unica che prendiamo in considerazione ai fini
della tesina.
Fino ad ora Kant ha giustificato l’universalità della matematica e della meccanica pura ma non
della fisica. Per fare questo non sono più sufficienti lo spazio ed il tempo in quanto, e lo si
sperimenta, la fisica non si fonda solo su tali intuizioni pure. Essendo l’Analitica parte della
Logica, essa studia il pensiero discorsivo e quindi, il pensiero che ha origine dai concetti. I
concetti sono funzioni operative della mente. Kant afferma di dover individuare i concetti puri,
vale a dire quelle funzioni attive che consistono nell’ordinare e nell’unificare le diverse
rappresentazioni sotto una rappresentazione comune. Questi concetti puri vengono definiti da
Kant, riprendendo Aristotele, categorie. Egli però non si limita ad imitare Aristotele, ma lo
emula: infatti le categorie dello Stagirita sono “leges mentis et entis” e quindi sono entità non
solo gnoseologiche ma anche ontologiche. Kant invece le considera solo come delle realtà
presenti nell’intelletto e quindi le categorie kantiane sono soltanto “leges mentis”. Non hanno
alcun riscontro dal punto di vista ontologico.
Kant afferma che pensare equivale ad applicare un giudizio e suddivide le modalità di
conoscenza, e quindi i giudizi, secondo Quantità, Qualità, Realzione e Modalità e tali sono le
categorie. Ognuno di questi quattro raggruppamenti include al suo interno tre categorie per un
totale di dodici. Grazie alle categorie l’intelletto è capace di unificare i dati dell’esperienza, di
operare una sintesi, esercitando la sua funzione che è quella del giudizio.
_La categoria della Quantità è suddivisa in: Unità, Pluralità e Totalità.
_La categoria della Qualità è suddivisa in: Realtà, Negazione e Limitazione.
_La categoria della Relazione è suddivisa in: Inerenza e Sussistenza, Causa ed
Effetto, Comunanza.
_La categoria della Modalità è suddivisa in: Possibilità e Impossibilità, Esistenza e
Inesistenza, Necessità e Contingenza.
La principale fra tutte le categorie è sicuramente quella di Causa ed Effetto in quanto rappresenta
il superamento definitivo delle tesi scettiche di Hume.
Ciononostante Kant vuole ancora giustificare la legittimità dell’applicazione delle categorie alla
realtà. Si chiede egli stesso: “Come si giustifica che la realtà obbedisca ai nostri pensieri?”
Nasce così la Deduzione Trascendentale. Deduzione è un termine che Kant prende dal “quid
iuris”, dal linguaggio giuridico del tempo, e significa giustificazione. La soluzione trovata dal
filosofo della finitudine è l’ “IO PENSO”.
L’ “Io Penso” è l’appercezione trascendentale pura, originaria, è il centro unificatore mentale che
svolge l’attività sintetica nell’intelletto: è la struttura mentale presente in tutti gli uomini. L’”io”
di cui parla Kant non è un “io” personale, individuale come quello di Cartesio, non è empirico,
ma risiede nell’intelletto. Questa forma mentale fa percepire l’unità del mondo fenomenico
permettendo così di arrivare a giustificare, definitivamente, la fisica.
Kant opera così la Rivoluzione Copernicana del pensiero:
scrive Nicola Abbagnano che “ Copernico, incontrando grosse difficoltà nello spiegare i
movimenti celesti a partire dall’ipotesi che gli astri ruotano intorno allo spettatore sulla Terra,
suppose che sia lo spettatore a ruotare intorno agli astri.
Così Kant, incontrando grosse difficoltà nello spiegare la conoscenza a partire dall’ipotesi che
siano gli oggetti a ruotare intorno al soggetto ( cioè fuor di metafora a condizionare il soggetto )
suppone che sia il soggetto a ruotare intorno all’oggetto ( cioè fuor di metafora a condizionare
l’oggetto ).”