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Concetti Chiave

  • Il sublime si manifesta come un piacere che attrae e respinge, caratterizzato da elementi come l'infinitamente grande e la potenza.
  • Kant considera il sublime come un concetto preromantico, legato all'idea che l'artista-genio possa cogliere la bellezza in modo innato.
  • I giudizi teleologici sono necessari per comprendere la finalità percepita delle cose, proiettando un fine sulla natura.
  • Secondo Kant, i giudizi teleologici non producono conoscenza ma sono regolativi, aiutando a interpretare la natura secondo fini umani.
  • Questi giudizi sono anche definiti euristici, in quanto stimolano la ricerca di significati ulteriori nella natura.

Indice

  1. Il concetto di sublime
  2. Il ruolo dell'artista secondo Kant
  3. Giudizi teleologici e finalismo

Il concetto di sublime

Esiste un altro tipo di piacere, che non è dato dall’armonia e dell’equilibrio: è il sublime, ossia un qualcosa che attrae e respinge allo stesso tempo. Il sublime è prodotto da due elementi:

• l’infinitamente grande: siamo attratti dall’estensione dell’universo, ma di fronte alla sua immensità è come se ci annullassimo;

• la potenza: per esempio un’eruzione vulcanica spaventa, ma, al tempo stesso, è affascinante.

Il ruolo dell'artista secondo Kant

Questo pensiero di Kant è preromantico. Vi sono altri aspetti preromantici nella sua filosofia: per esempio ritiene che a creare il bello sia l’artista, concepito come genio in quanto è in grado di cogliere e di esprimere la bellezza. Quest’ultima è una capacità innata di alcuni uomini e che non è possibile insegnare.

Giudizi teleologici e finalismo

Dopo aver compreso cosa sono le cose con l’intelletto, l’uomo ha l’esigenza di capire che fine abbiano. Sono perciò necessari i giudizi teleologici che riflettono sulla natura costituita dall’intelletto l’idea di fine. Per esempio l’occhio è fatto per vedere, quindi, sembra vi sia un finalismo nella natura. Ma non è una finalità oggettiva perché siamo noi uomini che, riflettendo sugli oggetti naturali in base ai nostri interessi, stabiliamo fini e scopi. Ne deriva che questi giudizi non producono una conoscenza ma sono regolativi: è possibile considerare le cose come se avessero un fine. Sono chiamati anche giudizi euristici (scopo) perché non sono una conoscenza, ma il proiettare un fine sulla natura ci spinge a cercare altro.

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