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Sintesi

Kant



La filosofia di Kant si distingue in due periodi: il periodo pre-critico e il periodo critico.

Periodo precritico



Il periodo pre-critico va dall’inizio della filosofia di Kant al 1781. In questo periodo egli tratta temi naturalistici e newtoniani. Inoltre è un convinto sostenitore dell’applicabilità del metodo scientifico-matematico alla filosofia. Egli non nega la naturale tendenza dell’uomo a indagare temi e problemi che trascendono l’esperienza umana. Nell’opera Sogni di un visionario chiariti con i sogni della metafisica egli chiarisce il ruolo della metafisica definendola scienza dei limiti della ragione, infatti questa deve indagare i problemi che si limitano ai confini dell’esperienza umana; inoltre afferma che è vano credere che la saggezza e la vita morale dipendano da certe soluzioni metafisiche poiché esse dipendono esclusivamente dalla fede e dalla legge morale.

Dissertazione del 1770 (passaggio al periodo critico)



Nel breve saggio Sul primo fondamento della distinzione delle regioni dello spazio egli mostra come le posizioni reciproche delle parti della materia presuppongano il concetto di spazio e dunque lo spazio sia qualcosa di originario. Questo è il punto di partenza della Dissertazione del 1770, in cui egli risolve in maniera critica il problema dello spazio e del tempo.
Per fare ciò egli distingue conoscenza sensibile da conoscenza intellettuale; la prima è passiva, basata sulla ricettività e conosce il fenomeno; la seconda è attiva, basata su una facoltà del soggetto e conosce il noumeno.
La conoscenza sensibile si distingue in forma e materia dove per materia si intende la sensazione, la modificazione degli organi di senso; per forma si intende invece la legge indipendente dalla sensibilità che ordina i dati acquisiti.
La forma della conoscenza sensibile è costituita dallo spazio e dal tempo; esse sono intuizioni, ma intuizioni pure, che precedono ogni esperienza. Non sono realtà oggettive, ma condizioni soggettive necessarie ala mente per coordinare a se tutti i dati sensibili in funzione di una certa legge.
La conoscenza sensibile a sua volta si può distinguere in apparenza ed esperienza dove per apparenza si intende l’insieme delle modificazioni dei sensi, mentre per esperienza si intende il confronto tra molteplicità di apparenze dando origine così a una sorta di conoscenza riflessa.

Periodo critico



Il periodo critico va dal 1781 (anno di pubblicazione della critica della ragion pura) in poi.
In questo periodo Kant fa della critica l’arma principale della filosofia. Non è una critica scettica volta a demolire i fondamenti della scienza; è invece una critica volta a stabilire gli ambiti in cui considerare legittime le esperienze volte a costituire una scienza.

Critica della ragion pura



La Critica della ragion pura è un’analisi critica dei fondamenti del sapere, che si suddivide in scienza e metafisica. Mentre la scienza è certa grazie alle continue scoperte in ambito fisico e matematico, la metafisica non riusciva a trovare un equilibrio nel suo continuo disparare soluzioni talvolta antitetiche. Per ridare validità alla metafisica egli deve trovare i giudizi su cui si fonda la scienza e vedere se sono applicabili alla metafisica.
La critica della ragion pura si divide in dottrina degli elementi (in cui studia le forme a priori della sensibilità e dell’intelletto) e dottrina del metodo (in cui egli studia il modo con cui funzionano le forme a priori). La dottrina degli elementi si divide in estetica trascendentale (in cui egli studia le forme a priori della sensibilità) e logica trascendentale (in cui studia le forme a priori dell’intelletto), la logica a sua volta si divide in analitica (in cui studia le forme a priori dell’intelletto) e dialettica (in cui studia le forme a priori della ragione).

Giudizi sintetici a priori



I giudizi usati dagli “gnoseologici” per indagare l’ambito gnoseologico sono stati di tipo analitici a priori o sintetici a posteriori. I giudizi analitici a priori sono non fecondi ma certi, mentre quelli sintetici a posteriori sono fecondi ma, derivando dall’esperienza, non certi.
Kant introduce un nuovo tipo di giudizio: i sintetici a priori sono fecondi (poiché sintetici) e certi (perché a priori); possono dunque dare certezza alla scienza.
Kant deve ora spiegare da dove derivano i giudizi sintetici a priori; per fare ciò egli elabora una nuova teoria della conoscenza in cui egli distingue la forma dalla materia. Per materia si intende la molteplicità caotica e mutevole di impressioni sensibili. La forma è l’insieme delle modalità fisse attraverso cui la mente coordina a sé i dati sensibili, forme comuni a tutti i soggetti pensanti e dunque capaci di rendere universale la scienza.
Da questo ne deriva la rivoluzione copernicana in ambito filosofico e cioè il fatto che sia la realtà ad adattarsi alle forme a priori, il contrario di ciò che si riteneva prima. Ne deriva inoltre la distinzione tra fenomeno (ciò che si può cogliere tramite le forme a priori) e noumeno (parte della realtà che non si può conoscere con le forme a priori e che causa il fenomeno).

Estetica



Le forme a priori della sensibilità sono spazio e tempo; la prima è la forma a priori del senso esterno, la seconda del senso interno anche se tuttavia il tempo influenza tutti i dati sensibili in quanto “tutto è nel tempo”. Formula poi due esposizioni: l’esposizione metafisica e l’esposizione trascendentale. Nella prima si confronta con gli empiristi (che sostengono che spazio e tempo derivino dall’esperienza) affermando che per poter avere un’esperienza devono essere già posti; si confronta poi con gli oggettivisti (che sostengono che spazio e tempo siano contenitori vuoti) affermando che sarebbe assurdo pensare a qualcosa che esiste pur non esistendo nulla di reale. Infine contro i concettualisti ( che vedono spazio e tempo come rapporto tra le cose) afferma che avendo essi natura intuitiva e non discorsiva percepiamo i vari spazi come parte di un unico.
Nell’esposizione metafisica mostra come la matematica, formata da geometria e algebra, sia la scienza sintetica a priori per eccellenza della sensibilità. Infatti la geometria altro non è che la rappresentazione degli spazi, mentre l’aritmetica una successione di numeri.

Analitica



Nell’analitica Kant mostra le forme a priori dell’intelletto. L’intelletto pensa, ma pensare significa giudicare, quindi l’intelletto ricorre all’uso delle categorie per pensare. Le categorie saranno poi tante quante sono i possibili tipi di giudizi: 12. Sono tuttavia riconducibili a 4: quantità, qualità, modalità e relazione. Le categorie non sono altro che funzioni unificatrici che ordinano i dati provenienti dall’esterno. Mentre le categorie in Aristotele avevano valore ontologico-gnoseologico in Kant hanno valore gnoseologico-trascendentale. Le categorie sono concetti puri che a differenza di quelli empirici non derivano dall’esperienza.

Deduzione trascendentale



A questo punto Kant deve giustificare l’applicabilità delle categorie e lo fa attraverso la deduzione trascendentale. Kant afferma che l’unificazione del molteplice è un’attività sintetica che non ha luogo nella molteplicità stessa ma nell’intelletto, più precisamente essa è possibile grazie all’io-penso, una struttura mentale comune a tutti gli uomini, categoria suprema e condizione di applicabilità delle categorie. L’io-penso deve poter accompagnare tutte le mie rappresentazioni, sennò potrei avere la rappresentazione di qualcosa che non posso pensare, cosa assurda. L’io penso tuttavia opera attraverso le categorie; dunque tutti i pensieri e le rappresentazioni si fondano sulle categorie.

Schemi trascendetali



Ora Kant spiega come possono le categorie applicarsi ai dati sensibili, o più in generale come le categorie possano funzionare per la realtà. Ciò avviene attraverso gli schemi trascendentali e l’immaginazione produttiva, “le categorie calate nel tempo”. Il tempo, facoltà mediatrice tra sensibilità e intelletto, influenzato dalle categorie, influenza la realtà e rende possibile l’adeguazione della realtà alle categorie. Dagli schemi trascendentali derivano i principi dell’intelletto puro, principi che non andranno mai contro i principi naturali (della fisica) scoperti attraverso l’esperienza proprio perché la realtà è stata influenzata dagli schemi trascendentali.

Dialettica



Nella dialettica trascendentale Kant si domanda se sia invece possibile la metafisica come scienza. La facoltà della metafisica Kant afferma essere la ragione, che altro non è che l’intelletto che è portato a unificare anche in assenza di materiale sensibile.
Kant sostiene che la metafisica sia basata su un errore: l’esigenza di unificare mediante tre idee che indebitamente vengono trasformate in realtà. I dati del senso interno danno mediante l’idea di anima, i dati del senso esterno mediante l’idea di mondo, i dati del senso interno ed esterno mediante l’idea di Dio.
La psicologia razionale, basata sull’idea di anima, è basata su un paralogismo. Infatti viene applicata la categoria di sostanza all’io-penso dando così origine a una realtà permanente chiamata anima.
La cosmologia razionale, basata sull’idea di mondo, da origine a 4 antinomie. Infatti si fa uso della nozione di mondo inteso come totalità assoluta dei fenomeni cosmici; tuttavia la totalità dei fenomeni cosmici non costituisce essa stessa un fenomeno. Le quattro antinomie sono:
1. Il mondo ha un inizio nello spazio e nel tempo.
2. Tutto nel mondo consta del semplice.
3. Vi sono nel mondo cause con libertà.
4. Vi è una certa necessità nelle cause cosmiche.
La teologia razionale, basata sull’idea di Dio, è fondata su tre tipi di prove dell’esistenza di Dio, tutte riconducibili comunque alla prova ontologica che afferma “Tutto ciò che è reale è maggiore di ciò che può solo essere immaginato. Dio è ciò di cui non si può pensare nulla di più grande.” Kant afferma che l’esistenza di Dio non è una delle sue perfezioni necessarie e dunque si ha compiuto un indebito passaggio dal piano logico al piano ontologico.
Le tre idee della metafisica non sono però prive di funzione scientifica. Esse svolgono una funzione regolativa; infatti l’uomo spinto dalla ragione sulla base di queste tre idee a formulare una scienza metafisica fallace, è spinto sempre da questa tendenza ad andare oltre, a indagare sempre più approfonditamente negli ambiti della ricerca naturale.
Critica della ragion pratica
La Critica della ragion pratica è l’opera in cui Kant descrive il frutto della sua ricerca circa una morale universale ed eterna.
Innanzitutto per dare giustificazione all’esistenza della morale analizza le componenti umane che sono sia animali che razionali. Se l’uomo fosse completamente animale infatti la morale non potrebbe esistere perché egli agirebbe solo seguendo gli istinti ; se fosse solo razionale la morale non avrebbe senso perché agirebbe già in maniera moralmente corretta.
Distingue poi i principi pratici in massime e imperativi. Quest’ultimi a loro volta si dividono in ipotetici ed categorici. Di quest’ultimo tipo è la legge morale Kantiana. L’imperativo categorico per eccellenza è “agisci in modo che la massima del tuo agire possa valere come principio di una legislazione universale”. Vi sono poi altre due formulazioni: la prima “agisci in modo tale da trattare l’umanità sia in te che negli altri sempre anche come fine, mai solo come mezzo” la seconda “la volontà, in base alla massima, possa contemporaneamente considerare se stessa come universalmente legislatrice”.
I caratteri della morale kantiana sono dunque il formalismo (dice la forma dell’agire, non il contenuto) l’anti-utilitarismo (ordina senza un fine, che non sia l’agire morale), il rigorismo (non ammette emozioni e sentimenti – dunque elementi della sensibilità – tranne il sentimento del rispetto per la legge morale).

Definisce poi la libertà come la capacità della volontà di auto-determinarsi.
Il sommo bene è invece unione di virtù (perfetta adeguazione della volontà alla legge morale) e felicità; ciò da origine all’antinomia etica per eccellenza perché il sommo bene non è raggiungibile nel nostro mondo. Occorre dunque postulare l’esistenza di un aldilà in cui la virtù sia raggiungibile e dunque occorre postulare anche l’immortalità dell’anima. Oltre a ciò occorre postulare l’esistenza di una divinità che faccia corrispondere al giusto merito la meritata felicità. Il terzo postulato riguarda invece la libertà; Kant afferma “la libertà è la ratio essendi della moralità, la moralità è la ratio conoscendi della libertà”; questo significa che affinché possa esistere una morale occorre che esista la libertà, tuttavia essa non può essere dimostrata in modo teoretico perché da origine alla terza antinomia (in riferimento si veda la dialettica).
Per concludere Kant mostra quindi come la ragion pratica abbia un primato sulla ragion pura. Questa infatti è limitata al fenomeno e non può conoscere in modo certo il noumeno, mentre quella pratica, seppur in modo pratico, può conoscere il noumeno.
Estratto del documento

In questo periodo Kant fa della critica l’arma principale della filosofia. Non è

una critica scettica volta a demolire i fondamenti della scienza; è invece una

critica volta a stabilire gli ambiti in cui considerare legittime le esperienze volte

a costituire una scienza.

CRITICA DELLA RAGION PURA

Critica della ragion pura

La è un’analisi critica dei fondamenti del sapere, che si

suddivide in scienza e metafisica. Mentre la scienza è certa grazie alle continue

scoperte in ambito fisico e matematico, la metafisica non riusciva a trovare un

equilibrio nel suo continuo disparare soluzioni talvolta antitetiche. Per ridare

validità alla metafisica egli deve trovare i giudizi su cui si fonda la scienza e

vedere se sono applicabili alla metafisica.

La critica della ragion pura si divide in dottrina degli elementi (in cui studia le

forme a priori della sensibilità e dell’intelletto) e dottrina del metodo (in cui egli

studia il modo con cui funzionano le forme a priori). La dottrina degli elementi

si divide in estetica trascendentale (in cui egli studia le forme a priori della

sensibilità) e logica trascendentale (in cui studia le forme a priori

dell’intelletto), la logica a sua volta si divide in analitica (in cui studia le forme a

priori dell’intelletto) e dialettica (in cui studia le forme a priori della ragione).

GIUDIZI SINTETICI A PRIORI

I giudizi usati dagli “gnoseologici” per indagare l’ambito gnoseologico sono

stati di tipo analitici a priori o sintetici a posteriori. I giudizi analitici a priori

sono non fecondi ma certi, mentre quelli sintetici a posteriori sono fecondi ma,

derivando dall’esperienza, non certi.

Kant introduce un nuovo tipo di giudizio: i sintetici a priori sono fecondi (poiché

sintetici) e certi (perché a priori); possono dunque dare certezza alla scienza.

Kant deve ora spiegare da dove derivano i giudizi sintetici a priori; per fare ciò

egli elabora una nuova teoria della conoscenza in cui egli distingue la forma

dalla materia. Per materia si intende la molteplicità caotica e mutevole di

impressioni sensibili. La forma è l’insieme delle modalità fisse attraverso cui la

mente coordina a sé i dati sensibili, forme comuni a tutti i soggetti pensanti e

dunque capaci di rendere universale la scienza.

Da questo ne deriva la rivoluzione copernicana in ambito filosofico e cioè il

fatto che sia la realtà ad adattarsi alle forme a priori, il contrario di ciò che si

riteneva prima. Ne deriva inoltre la distinzione tra fenomeno (ciò che si può

cogliere tramite le forme a priori) e noumeno (parte della realtà che non si può

conoscere con le forme a priori e che causa il fenomeno).

ESTETICA

Le forme a priori della sensibilità sono spazio e tempo; la prima è la forma a

priori del senso esterno, la seconda del senso interno anche se tuttavia il

tempo influenza tutti i dati sensibili in quanto “tutto è nel tempo”. Formula poi

due esposizioni: l’esposizione metafisica e l’esposizione trascendentale. Nella

prima si confronta con gli empiristi (che sostengono che spazio e tempo

derivino dall’esperienza) affermando che per poter avere un’esperienza devono

essere già posti; si confronta poi con gli oggettivisti (che sostengono che spazio

e tempo siano contenitori vuoti) affermando che sarebbe assurdo pensare a

qualcosa che esiste pur non esistendo nulla di reale. Infine contro i

concettualisti ( che vedono spazio e tempo come rapporto tra le cose) afferma

che avendo essi natura intuitiva e non discorsiva percepiamo i vari spazi come

parte di un unico.

Nell’esposizione metafisica mostra come la matematica, formata da geometria

e algebra, sia la scienza sintetica a priori per eccellenza della sensibilità. Infatti

la geometria altro non è che la rappresentazione degli spazi, mentre

l’aritmetica una successione di numeri.

ANALITICA

Nell’analitica Kant mostra le forme a priori dell’intelletto. L’intelletto pensa, ma

pensare significa giudicare, quindi l’intelletto ricorre all’uso delle categorie per

pensare. Le categorie saranno poi tante quante sono i possibili tipi di giudizi:

12. Sono tuttavia riconducibili a 4: quantità, qualità, modalità e relazione. Le

categorie non sono altro che funzioni unificatrici che ordinano i dati provenienti

dall’esterno. Mentre le categorie in Aristotele avevano valore ontologico-

gnoseologico in Kant hanno valore gnoseologico-trascendentale. Le categorie

sono concetti puri che a differenza di quelli empirici non derivano

dall’esperienza.

DEDUZIONE TRASCENDENTALE

A questo punto Kant deve giustificare l’applicabilità delle categorie e lo fa

attraverso la deduzione trascendentale. Kant afferma che l’unificazione del

molteplice è un’attività sintetica che non ha luogo nella molteplicità stessa ma

nell’intelletto, più precisamente essa è possibile grazie all’io-penso, una

struttura mentale comune a tutti gli uomini, categoria suprema e condizione di

applicabilità delle categorie. L’io-penso deve poter accompagnare tutte le mie

rappresentazioni, sennò potrei avere la rappresentazione di qualcosa che non

posso pensare, cosa assurda. L’io penso tuttavia opera attraverso le categorie;

dunque tutti i pensieri e le rappresentazioni si fondano sulle categorie.

SCHEMI TRASCENDETALI

Ora Kant spiega come possono le categorie applicarsi ai dati sensibili, o più in

generale come le categorie possano funzionare per la realtà. Ciò avviene

attraverso gli schemi trascendentali e l’immaginazione produttiva, “le categorie

calate nel tempo”. Il tempo, facoltà mediatrice tra sensibilità e intelletto,

influenzato dalle categorie, influenza la realtà e rende possibile l’adeguazione

della realtà alle categorie. Dagli schemi trascendentali derivano i principi

dell’intelletto puro, principi che non andranno mai contro i principi naturali

(della fisica) scoperti attraverso l’esperienza proprio perché la realtà è stata

influenzata dagli schemi trascendentali.

DIALETTICA

Nella dialettica trascendentale Kant si domanda se sia invece possibile la

metafisica come scienza. La facoltà della metafisica Kant afferma essere la

ragione, che altro non è che l’intelletto che è portato a unificare anche in

assenza di materiale sensibile.

Kant sostiene che la metafisica sia basata su un errore: l’esigenza di unificare

mediante tre idee che indebitamente vengono trasformate in realtà. I dati del

senso interno danno mediante l’idea di anima, i dati del senso esterno

mediante l’idea di mondo, i dati del senso interno ed esterno mediante l’idea di

Dio.

La psicologia razionale, basata sull’idea di anima, è basata su un paralogismo.

Infatti viene applicata la categoria di sostanza all’io-penso dando così origine a

una realtà permanente chiamata anima.

La cosmologia razionale, basata sull’idea di mondo, da origine a 4 antinomie.

Infatti si fa uso della nozione di mondo inteso come totalità assoluta dei

fenomeni cosmici; tuttavia la totalità dei fenomeni cosmici non costituisce essa

stessa un fenomeno. Le quattro antinomie sono:

1. Il mondo ha un inizio nello spazio e nel tempo.

2. Tutto nel mondo consta del semplice.

3. Vi sono nel mondo cause con libertà.

4. Vi è una certa necessità nelle cause cosmiche.

La teologia razionale, basata sull’idea di Dio, è fondata su tre tipi di prove

dell’esistenza di Dio, tutte riconducibili comunque alla prova ontologica che

afferma “Tutto ciò che è reale è maggiore di ciò che può solo essere

immaginato. Dio è ciò di cui non si può pensare nulla di più grande.” Kant

afferma che l’esistenza di Dio non è una delle sue perfezioni necessarie e

dunque si ha compiuto un indebito passaggio dal piano logico al piano

ontologico.

Le tre idee della metafisica non sono però prive di funzione scientifica. Esse

svolgono una funzione regolativa; infatti l’uomo spinto dalla ragione sulla base

di queste tre idee a formulare una scienza metafisica fallace, è spinto sempre

da questa tendenza ad andare oltre, a indagare sempre più approfonditamente

negli ambiti della ricerca naturale.

CRITICA DELLA RAGION PRATICA

Critica della ragion pratica

La è l’opera in cui Kant descrive il frutto della sua

ricerca circa una morale universale ed eterna.

Innanzitutto per dare giustificazione all’esistenza della morale analizza le

componenti umane che sono sia animali che razionali. Se l’uomo fosse

completamente animale infatti la morale non potrebbe esistere perché egli

agirebbe solo seguendo gli istinti ; se fosse solo razionale la morale non

avrebbe senso perché agirebbe già in maniera moralmente corretta.

Distingue poi i principi pratici in massime e imperativi. Quest’ultimi a loro volta

si dividono in ipotetici ed categorici. Di quest’ultimo tipo è la legge morale

agisci in modo che la

Kantiana. L’imperativo categorico per eccellenza è “

massima del tuo agire possa valere come principio di una legislazione

universale”. agisci in modo tale da

Vi sono poi altre due formulazioni: la prima “

trattare l’umanità sia in te che negli altri sempre anche come fine, mai solo

come mezzo” “la volontà, in base alla massima, possa

la seconda

contemporaneamente considerare se stessa come universalmente

legislatrice”.

I caratteri della morale kantiana sono dunque il formalismo (dice la forma

dell’agire, non il contenuto) l’anti-utilitarismo (ordina senza un fine, che non sia

l’agire morale), il rigorismo (non ammette emozioni e sentimenti – dunque

elementi della sensibilità – tranne il sentimento del rispetto per la legge

morale).

Definisce poi la libertà come la capacità della volontà di auto-determinarsi.

Il sommo bene è invece unione di virtù (perfetta adeguazione della volontà alla

legge morale) e felicità; ciò da origine all’antinomia etica per eccellenza perché

il sommo bene non è raggiungibile nel nostro mondo. Occorre dunque postulare

l’esistenza di un aldilà in cui la virtù sia raggiungibile e dunque occorre

postulare anche l’immortalità dell’anima. Oltre a ciò occorre postulare

l’esistenza di una divinità che faccia corrispondere al giusto merito la meritata

“la libertà è la

felicità. Il terzo postulato riguarda invece la libertà; Kant afferma

ratio essendi della moralità, la moralità è la ratio conoscendi della libertà” ;

questo significa che affinché possa esistere una morale occorre che esista la

libertà, tuttavia essa non può essere dimostrata in modo teoretico perché da

origine alla terza antinomia (in riferimento si veda la dialettica).

Per concludere Kant mostra quindi come la ragion pratica abbia un primato

sulla ragion pura. Questa infatti è limitata al fenomeno e non può conoscere in

modo certo il noumeno, mentre quella pratica, seppur in modo pratico, può

conoscere il noumeno.

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