Concetti Chiave
- Il dolore è universale e perpetuo, legato alla volontà di vivere che genera conflitto.
- Non esiste una soddisfazione durevole, poiché ogni raggiungimento è temporaneo e porta nuova sofferenza.
- La conoscenza amplifica il dolore; più aumenta la volontà, più cresce la sofferenza umana.
- Schopenhauer identifica diciassette prospettive diverse sulla relazione inevitabile tra dolore e vita.
- Ogni ostacolo all'autoaffermazione individuale e collettiva provoca dolore, interrompendo solo momentaneamente con la sua rimozione.
Dolore come impedimento all'autoaffermazione
La nostra colpa è la volontà di vivere, per questo tendiamo a introdurre incessantemente il conflitto. Il dolore è un fatto universale e senza fine, perché ogni impedimento è sofferenza, e ovunque c’è volontà c’è impedimento. La soddisfazione poi non è mai durevole, non esiste un fine ultimo a cui tendere. Il dolore cresce con la crescita della conoscenza, tanto maggiore è la volontà, tanto maggiore è l’umano soffrire.
Tutto nella vita è dialettica di dolore.Nel IV libro del Mondo come volontà e rappresentazione è possibile enucleare diciassette sfumature della prospettiva doloristica di Schopenhauer. Si afferma di poter offrire un obiettivo generale, cioè mostrare l’inevitabile correlazione tra dolore e vita.
Ogni impedimento all’autoaffermazione della propria volontà è dolore, sia a livello individuale che collettivo. Paralisi dell’autoaffermazione. Quando l’impedimento è tolto, quando un fine è raggiunto, si ha momentanea soddisfazione e benessere.
Il dolore è un fatto universale senza fine e senza fini, non una un telos ed è interminabile. Infatti, fino a che è insoddisfatto, genera soffrire, ma nessun soddisfacimento è durevole.
Tanta è la conoscenza, tanto più si accresce il dolore. Un doppio livello, sia nella scala evolutiva di animale-uomo, ma anche nel livello intellettivo dell’individuo.