pexolo
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Concetti Chiave

  • Le teodicee aspirano a giustificare razionalmente Dio, affrontando il problema del male e del bene nella condizione umana.
  • Nel pensiero greco, il male è legato al concetto di Non-Essere, mentre il cristianesimo lo vede come un nulla radicale creato da Dio.
  • Filosofi come Platone e Aristotele considerano il Bene e la Felicità come fini supremi, con Aristotele che associa la vita organizzata a un fine vero e proprio.
  • Gli stoici e gli epicurei identificano rispettivamente la virtù e il piacere come espressioni del Bene, con approcci diversi alla moralità e alla serenità.
  • La filosofia ellenica affronta il male come un'ombra del Bene, giustificando le sofferenze e le aberrazioni storiche come parte del migliore dei mondi possibili.

La soluzione saggia viene a coincidere grossomodo con la vanificazione del male: è la soluzione di tutte quelle filosofie che aspirano alla saggezza e che sono alla base delle teodicee di tutti i tempi; queste teodicee (termine derivato da Theós e dìkaios, cioè “giustificazione razionale” di “Dio”) considerano la condizione umana ordinata sia al bene, sia al male: i filosofi pagani si rivolgono, ovviamente, al versante del bene. Nel pensiero greco, alla riflessione sul Male è strettamente legato il problema del Non-Essere, cioè del Nulla, che è relativo (Parmenide: “solo l’Essere è, il non-Essere non è e solo ciò che è può essere pensato”→coincidenza di Essere=Pensiero=Parola, ontologizzazione di ogni oggetto di pensiero) e mai assoluto, come lo è invece nel pensiero cristiano (che parla di un nulla radicale, secondo l’idea di un Dio che crea ex-nihilo, o meglio, da se stesso); la ricerca di Platone è un esempio si saggezza pagana: il Bene è sussistente, illumina e vivifica tutto ciò che è al di sotto di Lui; Aristotele, invece, pone una gemellarità fra il Bene supremo e la Felicità: la vita dev'essere organizzata in vista di un fine, cioè la sophìa, o saggezza richiede essa stessa che la vita sia organizzata secondo un fine vero e proprio; gli stoici identificavano bonum et virtus, intendendo quest’ultima nel senso di una vis vera e propria, ossia di una forza morale: l’uomo degno di questo nome è un campione di perfezione morale, che “lavora se stesso e su stesso”, perciò assimilabile all'opera di quello sculture che compie su stesso la trasformazione della materia, proprio in vista di se stesso e del suo corretto progredimento; la sua è una natura docile e disponibile, su cui la natura ha un potere assoluto.

Ricercatori del Bene sono anche gli Epicurei, che collocano nel piacere la suprema saggezza, pur rendendosi conto della fragilità di tale saggezza (del piacere), la sua frugalità e sfuggevolezza, poiché il piacere non cresce su se stesso come la virtù stoica, anzi, una volta raggiunto l’acme del piacere esso comincia inesorabilmente ad estinguersi; per ricercare qualcosa di più duraturo, solido, gli stoici cercano di eliminare la paura della morte, di Dio, dicendo che non sono cose da temere: liberandosi da questi terrori il piacere viene a scoprire una serenità fine a se stessa, proprio perché ci siamo liberati di ogni prospettiva ultraterrena; rinnegando ogni possibile retaggio del male, la filosofia viene a dispensare, ad essere la “dispensiera” del Bene, della Felicità e della Virtù. Tuttavia, l’uomo che sperimenta la pesantezza del vivere e il vero dolore resta del tutto indifferente alla risposta elargita dalla saggezza pagana, poiché la sua risposta al male appartiene a quel tipo di consolazioni filosofiche che, come afferma Maritain, “non consolano nessuno”; la saggezza ci insegna a passare accanto al dolore, vicino ad esso, come “si passa vicino agli schiavi” (Maritain), cioè senza alcuna commozione. La filosofia ellenica viene ad “adombrare” il problema del male, dietro l’idea che il Bene sovrasta il Male, che questo è il “migliore dei mondi possibili” (Teodicea, Leibniz) e che, quindi, la bellezza, il Bene viene a nullificare, a sovrastare il Male stesso (la sofferenza degli innocenti, il trionfo dei malvagi, il vilipendio dei valori, le criminalità e le aberrazioni della storia vengono giustificate, perché tutto va nel migliore dei modi). Plotino, nella prima Enneade 8, afferma: «Ma dunque, come si spiega che (se esiste il bene) deve perciò stesso esistere anche il male? Forse in quanto che, nell'universo, bisogna pur che ci sia la materia? Di contrari, infatti, consta necessariamente questo universo; altrimenti non potrebbe neppure esistere, se non vi fosse materia. Proprio così: questo nostro mondo è una natural ganga “di spirito e necessità”; e quante cose vengono a lui da Dio sono buone; i mali, invece, derivano “dalla natura originaria”, dalla materia che fa da sustrato» (→identificazione Male=Materia).

Domande da interrogazione

  1. Qual è la soluzione proposta dalle teodicee per il problema del male?
  2. Le teodicee propongono una giustificazione razionale di Dio, considerando la condizione umana ordinata sia al bene che al male, con i filosofi pagani che si concentrano sul bene.

  3. Come viene affrontato il problema del Non-Essere nel pensiero greco rispetto a quello cristiano?
  4. Nel pensiero greco, il Non-Essere è relativo e mai assoluto, mentre nel pensiero cristiano è visto come un nulla radicale, con Dio che crea ex-nihilo.

  5. Qual è la visione di Platone e Aristotele riguardo al Bene?
  6. Platone vede il Bene come sussistente, che illumina e vivifica tutto, mentre Aristotele associa il Bene supremo alla Felicità, organizzando la vita in vista di un fine.

  7. Come gli stoici e gli epicurei concepiscono la saggezza e il piacere?
  8. Gli stoici identificano il bene con la virtù, una forza morale, mentre gli epicurei vedono nel piacere la suprema saggezza, pur riconoscendone la fragilità e sfuggevolezza.

  9. Qual è la critica di Maritain alla saggezza pagana riguardo al male?
  10. Maritain critica la saggezza pagana per la sua indifferenza al dolore reale, affermando che le sue consolazioni filosofiche non consolano nessuno e passano accanto al dolore senza commozione.

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