Soquini
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Concetti Chiave

  • Socrate viene accusato di corrompere i giovani, non riconoscere gli dei della città e introdurre nuovi dei, ma contesta queste accuse dimostrando la loro inconsistenza.
  • Nella sua difesa, Socrate sostiene di non temere la morte perché non si può temere ciò che non si conosce e perché vivere nell'ingiustizia è peggiore della morte stessa.
  • Rifiuta di proporre una pena pesante per sé stesso, suggerendo invece un mantenimento a spese dello stato, evidenziando la sua innocenza e l'ironia della situazione.
  • Durante il processo, Socrate insiste sull'importanza della ricerca della verità e dell'obbedienza al daimon, che non lo ha mai fermato durante la sua autodifesa.
  • Dopo essere stato condannato a morte, Socrate esprime fiducia nel fatto che la morte sia un bene, vedendola come un'opportunità per incontrare gli eroi dell'antichità e continuare a esaminare la saggezza.

Indice

  1. L'accusa contro Socrate
  2. La difesa di Socrate
  3. Il verdetto e le sue implicazioni
  4. La proposta di pena di Socrate
  5. Le ultime parole di Socrate

L'accusa contro Socrate

Dato che Socrate aveva questa abilità di mettere a nudo/di mostrare l’ignoranza della gente, Meleto, Anito e Licone rappresentano la volontà di riaffermare il loro valore e quello delle categorie oltraggiate da Socrate (poeti, politici, artigiani oratori).

Socrate è accusato di:

1)corrompere i giovani con le sue idee, portandoli al disordine sociale

2)Non riconoscere gli dei della città

3)Ma anzi, professarne dei nuovi (dei)

La difesa di Socrate

Socrate non si è mai occupato realmente della cura dei giovani e dimostra facilmente la sua ignoranza in materia: secondo lui tutti i cittadini ateniesi si curano dei giovani nel giusto modo tranne Socrate, che invece li svia.

Socrate gli fa notare come sia impossibile non credere agli dèi ma professarne alcuni, per di più Meleto sta contraddicendo la propria accusa.

Da qui, Socrate dovrà solo provare di credere in un dio della città e reputarne il suo daimon figlio, malgrado non lo dica mai – e vi riesce per analogie: "non possono esistere cose attinenti ai cavalli senza cavalli, né sonate di flauto senza suonatori di flauto: allo stesso modo non possono esistere nuovi dèi se non originati dagli dèi, sia pure come figli impuri." cit.

Il verdetto e le sue implicazioni

Nella difesa finale e nel verdetto, egli non si riferisce e non parla di vita o di morte, teme solo di non vivere nel giusto!! Egli non teme la morte perché è consapevole di non sapere: sarebbe una contraddizione temerla, poiché si può temere solo qualcosa che si sa essere un male. La sola cosa che Socrate sa è che non si deve vivere nell'ingiustizia, sia nei confronti dell'uomo sia nei confronti di dio: se fosse rilasciato a patto di non esercitare più la "filosofia", egli non potrebbe accettare, dato che starebbe disobbediendo agli ordini divini e non si starebbe prendendo cura degli ateniesi che ama, lasciandoli in balia di sé stessi.

Ripete di non poter corrompere i giovani semplicemente perché non ha nulla da insegnarli; Socrate non è un maestro né chiede soldi: pertanto, se qualcuno diventa cattivo, egli non può averne la colpa…

Socrate ricorda ai giudici che egli avrebbe potuto far ricorso alle suppliche, in questo modo vuole riproporsi come uomo determinato a fare il giusto, come spinto dalla verità e come ossequioso delle leggi: se supplicasse la grazia, e gli venisse accordata, farebbe infrangere ai giudici il giuramento di giudicare secondo legge. Con queste ultime considerazioni, si va al verdetto.

Egli è ritenuto colpevole per soli 30 voti: 220 a favore, 280 contro; se solo 30 persone in più fossero state convinte, si sarebbe risolto in un 250 a 250 e secondo la legge di quel tempo non ci sarebbe stata nessuna pena. “Non voglio scappare, non bisogna mai commettere un'ingiustizia nemmeno quando la si riceve.”cit.

La proposta di pena di Socrate

Secondo le leggi del tribunale ateniese, tanto il processato quanto l'accusa dovevano proporre una pena, e metterla al voto. Ma come può Socrate proporre una pena per sé stesso, vale a dire per chi sa non aver commesso reato? Fa innervosire il tribunale chiedendo come pena di essere mantenuto a spese dello stato nel pritanèo, onore concesso alle personalità più illustri di Atene; successivamente, considera le altre opzioni: il carcere e l'esilio. Se non considera giusto essere carcerato e ridotto in schiavitù, molto meno probabile e onorevole gli sembra l'esilio: se è stato condannato dal popolo che ama, chi mai potrà accoglierlo, lui e il suo filosofare? Anche perché egli non può smettere di farlo: per obbedienza al dio, come per convinzione personale:

“Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta” cit.

Suggerisce allora una pena di una “mina d’argento” (cifra ridicola), poiché è tutto quel che possiede, salvo poi – sotto pressione e grazie al prestito degli amici Platone, Critobulo, Critone e Apollodoro – riuscire ad elevare la somma a 30 “mine”. I giudici ateniesi si trovarono a scegliere se accettare la pena proposta o condannare a morte Socrate, ma anzi i voti cambiarono a 140 a favore e 360 contro…

Le ultime parole di Socrate

Nel suo ultimo intervento Socrate fa notare le conseguenze del verdetto ai giudici a lui contrari: egli, già molto anziano, sarebbe morto da sé entro poco tempo.

Ai giudici che votarono in suo favore (è significativo notare che solo adesso usa il termine "giudici", riferito a coloro i quali lo vollero assolvere: prima dei verdetti negativi, usò sempre le parole "cittadini di Atene”) egli rivolge ancora qualche parola: Né quando uscì di casa per recarsi al tribunale, né durante tutta la sua difesa, il daimon gli impedì di parlare, come era suo solito quando Socrate sbagliava: egli stava agendo nel giusto, ragion per cui il destino gli apporterà dei beni: ma quali beni può portare una condanna a morte? In questo caso, la morte dovrà per forza essere un piacevole sonno, profondo e senza sogni o un ritrovarsi nell’Ade con i più grandi eroi dell'antichità; Socrate non si smentisce, pensando al piacere che proverà in questo caso a esaminarli uno per uno, per scoprire chi sia sapiente e chi non lo sia.

Con queste sue ultime parole, Socrate ricorda ai giudici che a un uomo per bene non è possibile che accadano dei mali, e li sollecita ad interrogare i propri figli come avrebbe fatto lui, per avvicinarli alla virtù.

Domande da interrogazione

  1. Quali sono le accuse principali mosse contro Socrate?
  2. Socrate è accusato di corrompere i giovani, non riconoscere gli dei della città e professarne di nuovi.

  3. Come Socrate difende la sua posizione riguardo agli dei?
  4. Socrate sostiene che non è possibile non credere agli dèi e professarne di nuovi, dimostrando che l'accusa di Meleto è contraddittoria.

  5. Perché Socrate non teme la morte?
  6. Socrate non teme la morte perché crede che si possa temere solo ciò che si sa essere un male, e lui è consapevole di non sapere.

  7. Qual è la proposta di pena di Socrate e come reagisce il tribunale?
  8. Socrate propone di essere mantenuto a spese dello stato, ma il tribunale si innervosisce e alla fine lo condanna a morte.

  9. Cosa dice Socrate ai giudici dopo il verdetto?
  10. Socrate sottolinea che la morte potrebbe essere un sonno piacevole o un'opportunità per incontrare eroi antichi, e invita i giudici a interrogare i propri figli per avvicinarli alla virtù.

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