Concetti Chiave
- Gorgia evidenzia la funzione psicagogica dell'arte, capace di guidare l'anima verso la verità tramite la suggestione del linguaggio e del canto.
- Platone collega il concetto di bellezza all'ideale di verità e bene, criticando l'arte imitativa come una mera copia della realtà che allontana dall'ideale.
- Aristotele propone una visione naturalistica dell'arte, considerandola imitazione della natura e riconoscendo alla mimesi un valore conoscitivo del verosimile.
- La tragedia, secondo Aristotele, purifica le passioni attraverso la catarsi, educando eticamente l'uomo e contrastando la visione moralistica di Platone.
- Plotino risolve il contrasto tra Platone e Aristotele, vedendo l'arte come mimesi dell'intelligibile, che traduce spiritualmente l'essenza dell'Uno nella realtà.
Indice
La mimesi artistica secondo Gorgia
La riflessione sul tema della mimesi artistica prende le mosse dal sofista Gorgia, che è il primo a riconoscere all'arte e al linguaggio un'essenziale funzione psicagogica. L'arte è cioè capace di guidare la nostra anima alla scoperta della verità, agendo sia sulla componente razionale sia su quella emotiva. La seconda non è meno importante della prima, dal momento che l'arte e la poesia persuado no l'anima con la suggestione della parola e del canto.
Platone e la verità poetica
Platone critica il relativismo sofistico, sostenendo che la verità poetica non può porsi in contrasto con quella filosofica. Per questo egli pone il bello in relazione con il vero e con il bene, concependolo secondo un canone ideale. L'arte è una forma di eccesso o di delirio poetico dell'anima (mania), che può elevarsi alla verità mediante l'educazione dell'eros. L'ascensione alla bellezza ideale si compie per gradi, passando dall'amore per le forme sensibili dei corpi a quello per le idee. Vi è tuttavia una forma degradata di arte e di poesia, che Platone concepisce come imitazione della natura. L'arte imitativa non ci avvicina alla verità, ma ce ne allontana, perché riproduce l'immagine di un'apparenza, la copia di una copia. I poeti fanno leva sul lato emotivo e irrazionale dell'anima, diseducandone l'aspirazione all'ideale. Per questo essi vanno banditi dallo stato, che deve avere nei filosofi gli unici educatori e persuasori dell'anima.
Aristotele e la rivalutazione dell'arte
Aristotele capovolge il punto di vista di Platone, introducendo una visione naturalistica del bello e dell'arte. L'arte è imitazione della natura, nel senso in cui l'uomo è per essenza un animale mimetico, che apprende tramite il piacere dell'imitare. Abolendo l'idealismo platonico, egli rivaIuta il sensibile e riconosce all'arte un valore conoscitivo, prima ignorato. La mimesi poetica non ci dà il vero, ma il verosimile. La poesia si colloca nel grado intermedio tra la storia e la filosofia. La prima ci dà una verità empirica e fattuale, la seconda una verità universale. L'arte consente di passare dall'empirico all'universale non in base a un procedimento logico, ma mediante un ampliamento del vero, dall'ambito del reale a quello del possibile. L'arte è più vera della storia, in quanto ci mostra l'ampiezza delle possibilità, che l'azione dell'uomo traduce poi in atto.
La tragedia e la catarsi
Aristotele attua anche una rivalutazione della tragedia, rispetto alla condanna moralistica di Platone. Egli ne interpreta l'azione emotiva sui sentimenti (timore e compassione) non come una falsificazione del vero, ma come una purificazione e catarsi delle passioni, che possono impedire o ostacolare l'esercizio dell'attività razionale dell'anima. La tragedia è mimesi dell'azione, e in quanto tale educa l'uomo a comportarsi eticamente secondo virtù.
Plotino e l'esegesi spirituale
Il contrasto apparente dei punti di vista di Platone e di Aristotele è affrontato e risolto da Plotino attraverso un'esegesi non letterale dei testi, che consente di rilevarne il senso profondo, spirituale e spesso allegorico. Così, egli non interpreta la definizione platonica dell'arte come imitazione della natura nel significato svalutativo, che appare nella lettura del testo dei Dialoghi. La natura non l'ha un'essenza materiale, ma spirituale. Essa è la traduzione alienata dell'Uno, da cui discendono tutte le forme. La natura è espressione del divino e, imitandola, l'artista ripete il procedimento del Demiurgo. La creazione dell'arte è mimesi dell'intelligibile, non del sensibile. La vera opera d'arte è quella che l'artista concepisce nella sua mente, come modello da tradurre nella realtà. Il materiale sensibile è solo involucro esterno della bellezza sovrasensibile, e l'artista (in quanto creatore) è superiore all'opera da lui prodotta.
Domande da interrogazione
- Qual è la funzione psicagogica dell'arte secondo Gorgia?
- Come Platone collega il bello con il vero e il bene?
- In che modo Aristotele differisce da Platone nella sua visione dell'arte?
- Qual è la concezione aristotelica della tragedia?
- Come Plotino risolve il contrasto tra Platone e Aristotele riguardo all'arte?
Gorgia riconosce all'arte e al linguaggio una funzione psicagogica essenziale, capace di guidare l'anima alla scoperta della verità, agendo sia sulla componente razionale sia su quella emotiva.
Platone collega il bello con il vero e il bene concependolo secondo un canone ideale, sostenendo che l'arte può elevarsi alla verità attraverso l'educazione dell'eros, ma critica l'arte imitativa che allontana dalla verità.
Aristotele introduce una visione naturalistica del bello, rivalutando il sensibile e riconoscendo all'arte un valore conoscitivo, considerando la mimesi poetica come un ampliamento del vero, più vera della storia.
Aristotele vede la tragedia come una purificazione e catarsi delle passioni, educando l'uomo a comportarsi eticamente secondo virtù, in contrasto con la condanna moralistica di Platone.
Plotino risolve il contrasto interpretando l'arte come mimesi dell'intelligibile, non del sensibile, vedendo la natura come espressione del divino e l'artista come superiore all'opera prodotta, in quanto creatore.