Concetti Chiave
- Il linguaggio umano è descritto come un'espressione che ha perso la sua dimensione di ascolto dopo Platone.
- Aristotele presenta i suoni della voce e le lettere come simboli delle affezioni dell'anima, comuni a tutti.
- Heidegger offre una reinterpretazione del passo aristotelico, focalizzandosi sulla funzione dei suoni e delle lettere.
- La cultura occidentale si basa su un lògos che privilegia il dire piuttosto che l'ascoltare, enfatizzando l'espressione.
- La tradizione filosofica ha sviluppato un linguaggio plasmativo, in cui il silenzio e la parola sollecitano un autentico dialogo.
Indice
Linguaggio e affezioni dell'anima
L’uomo è l’unico animale dotato di parola (zòon lògon èchon); in un passo iniziale di quest’opera egli presenta il linguaggio come espressione, sottolineando come, dopo Platone, è andata persa la sua dimensione auscultativa. «Or dunque, i suoni della voce sono simboli delle affezioni che hanno luogo nell'anima e le lettere scritte sono simboli dei suoni della voce. Allo stesso modo poi che le lettere non sono medesime per tutti, così neppure i suoni sono i medesimi; tuttavia suoni e lettere risultano segni, anzitutto, delle affezioni dell'anima che sono le medesime per tutti e costituiscono le immagini di oggetti già identici per tutti» (a cura di G. Colli).
Interpretazioni di Heidegger
Tuttavia, Heidegger ritraduce questo passo cercando di offrirne una differente interpretazione: «I suoni della voce mostrano le affezioni dell’anima, e le lettere scritte mostrano i suoni della voce. Allo stesso modo poiché le lettere scritte non sono uguali per tutti gli uomini, così neppure i suoni sono i medesimi. Quello che poi questi (suoni e lettere scritte) in primo luogo mostrano, sono le affezioni dell’anima, che sono le medesime per tutti, e le cose di cui queste (affezioni) costituiscono le immagini, sono del pari le stesse per tutti».
Funzione espressiva del linguaggio
Il passo aristotelico evidenzia la funzione espressiva del linguaggio, che appare, fin dalle origini, come parlare, discorrere: perciò, la cultura occidentale (imperniata sul lògos) appare incardinata al potere altamente espressivo di un lògos più capace di dire che di ascoltare; il linguaggio è essenzialmente preoccupato del dire e non mostra atteggiamenti relazionali che promuovano le dinamiche dell’ascolto. Un certa tradizione filosofica si è convogliata su questo senso del “dire”, da cui ne è risultato un linguaggio plasmativo, non facilmente recepibile, in cui sono fondamentali il silenzio e la parola sollecitatrice, in grado di sviluppare un autentico dia-lògos.
Domande da interrogazione
- Qual è la funzione espressiva del linguaggio secondo il passo aristotelico?
- Come Heidegger interpreta il rapporto tra suoni della voce e affezioni dell'anima?
- Qual è la critica alla cultura occidentale riguardo al linguaggio?
Il passo aristotelico evidenzia che il linguaggio ha una funzione espressiva, fin dalle origini, come parlare e discorrere, sottolineando il potere altamente espressivo del lògos.
Heidegger interpreta che i suoni della voce mostrano le affezioni dell’anima, e le lettere scritte mostrano i suoni della voce, sottolineando che queste affezioni sono le medesime per tutti.
La critica è che la cultura occidentale è imperniata su un lògos più capace di dire che di ascoltare, mostrando un linguaggio preoccupato del dire e non delle dinamiche dell’ascolto.