Concetti Chiave
- Manzoni utilizzò strategie provocatorie per evidenziare le contraddizioni e i paradossi del sistema artistico.
- La Merda d'artista era una critica alla commercializzazione dell'arte, confezionata come un comune prodotto di consumo.
- Ogni scatoletta includeva una firma autografa e un numero di serie, come fossero stampe d'autore.
- Il prezzo di ogni opera era fissato al valore di 30 grammi d'oro, sottolineando l'eccessivo valore attribuito all'artista.
- Manzoni voleva dimostrare che il nome del creatore poteva rendere prezioso anche un oggetto senza senso o osceno.
Concetti in scatola
Comprendendo, con un’intuizione straordinaria, i meccanismi del successo nella società di massa, Manzoni realizzò opere che destarono scalpore e indignazione per la loro intenzione provocatoria, mirata a denunciare le contraddizioni del fare arte e i paradossi del sistema artistico.
Merda d'artista
È il caso della Merda d’artista (1961), ovvero un piccolo contenitore di latta, identico a quelli della carne in scatola reperibili sugli scaffali di tutti i supermercati, ma recante un’etichetta, scritta in varie lingue, inusuale e piuttosto inquietante.
Essa recita infatti, in linea con la classica descrizione degli alimenti di produzione industriale: «Merda d’artista. Contenuto netto gr. 30. Conservata al naturale. Prodotta ed inscatolata nel maggio 1961». La precisione del breve testo, di tipo puramente denotativo, risulta ironicamente stridente se confrontata con il contenuto della scatoletta, poi riprodotta in numerosi esemplari. Sul coperchio di ciascuno di essi si leggono la firma autografa di Manzoni e il numero di serie, come per le stampe d’autore. Dato imprescindibile per la comprensione dell’opera è infine il prezzo, che, secondo l’autore, doveva corrispondere a quello di 30 grammi d’oro, allusione palese al valore dell’artista, il quale, sfruttando i meccanismi commerciali della società dei consumi, poteva permettersi di vendere letteralmente a peso d’oro anche le sue deiezioni.Manzoni voleva dimostrare come un acquirente potesse arrivare a comprare un’opera senza senso, o addirittura oscena, a condizione che essa fosse siglata dalla mano di un maestro, come un qualunque abito griffato. La scelta di confezionare le proprie feci, un “oggetto” in sé deperibile, conteneva inoltre un’implicita polemica, quella verso la tradizionale visione dell’arte come mezzo per rendere eterno ciò che ha valore.