Concetti Chiave
- Il modello di specializzazione internazionale assegna ai Paesi ricchi la produzione di beni industriali e ai Paesi poveri quella di prodotti agricoli.
- Questo modello è il risultato di un processo storico legato alla colonizzazione, non delle forze di mercato in condizioni iniziali paritarie.
- Per valutare se il commercio avvantaggia i Paesi poveri, è necessario analizzare la formazione dei prezzi e l'elasticità della domanda rispetto al reddito.
- Nelle economie sviluppate, gli aumenti di produttività incrementano salari e profitti, mentre nei Paesi poveri portano a un calo dei prezzi.
- Le ragioni di scambio internazionali per i Paesi arretrati sono peggiorate significativamente, con un calo del 36% tra il 1900 e il 1986.
Il modello di specializzazione internazionale del lavoro
Già Ricardo, con la teoria dei costi comparati, aveva messo in evidenza i vantaggi del commercio internazionale sul benessere dei sistemi economici. Tuttavia, volendo considerare gli effetti del commercio internazionale sulle economie sottosviluppate, non si deve dimenticare che l’attuale modello di specializzazione, che attribuisce ai Paesi ricchi la produzione di beni industriali e di servizi, lasciando ai Paesi poveri la produzione di prodotti agricoli e risorse primarie, non è frutto del libero agire delle forze di mercato a parità di condizioni iniziali, ma piuttosto la conseguenza di un processo storico nel quale hanno avuto un ruolo determinante la conquista e la colonizzazione, da parte dei Paesi occidentali, di vaste aree del Sud del mondo.
Resta allora da chiedersi se, nel mondo contemporaneo, lo scambio tra Paesi ricchi e poveri possa in qualche modo avvantaggiare lo sviluppo di questi ultimi. La risposta a tale quesito richiede un esame sia del meccanismo di formazione dei prezzi nelle diverse aree, sia dell’elasticità della domanda rispetto al reddito per le due diverse tipologie di prodotti.
Il problema delle ragioni di cambio internazionali
Per quanto riguarda il meccanismo di formazione di prezzi, è da rilevare come nelle economie sviluppate, grazie alla presenza di mercati oligopolistici e di forti sindacati dei lavoratori, gli aumenti della produttività si traducono generalmente in un incremento di salari e profitti piuttosto che nella riduzione dei prezzi, mentre nei Paesi poveri la concorrenza internazionale e l’assenza di associazioni di categoria, unite all’abbondanza di manodopera, portano a un calo costante dei prezzi dei beni prodotti.
Nel complesso, così, le ragioni di scambio internazionali dei Paesi arretrati peggiorano (tra il 1900 e il 1986 il peggioramento è stato del 36%, con un tasso medio annuo dello 0,5%).