Concetti Chiave
- I parlamenti europei pre-dopoguerra erano bicamerali, con una camera spesso di origine monarchica, seguendo il modello della Camera dei Lord inglese.
- Il bicameralismo statutario del Regno di Sardegna prevedeva funzioni differenziate e una struttura paritaria tra i due rami del parlamento.
- La Camera dei deputati era il fulcro del sostegno politico, con il Senato che rimaneva in una posizione di minor rilevanza decisionale.
- I governi influenzavano le nomine senatoriali, utilizzando le "infornate" per garantire una maggioranza a loro favorevole.
- Durante il fascismo, il parlamento fu asservito al regime, con la Camera dei deputati trasformata in un organo di partito e corporazioni, perdendo la sua rappresentatività elettorale.
Indice
Il bicameralismo nel Primo dopoguerra
Fino al Primo dopoguerra tutti i parlamenti furono bicamerali e, se si fa eccezione per Stati Uniti e Svizzera da un lato, Belgio e (dal 1875) Francia dall’altro, una delle due camere fu sempre espressione monarchica: in tutta l’Europa continentale si trattò di un voluto contrappeso nei confronti della camera elettiva, costruito a partire dalla carta costituzionale francese della Restaurazione borbonica del 1814 sul modello della Camera dei Lord inglese. Proprio alla carta francese, nella versione del 1830, avevano guardato gli estensori dello Statuto del Regno di Sardegna.
Il bicameralismo statutario
Quello statutario era stato pensato come bicameralismo differenziato (nel quale cioè i due rami avessero funzioni in parte diversificate, oltre a essere formati in modo radicalmente diverso), ma anche tendenzialmente paritario, senza cioè che un ramo dovesse prevalere sull’altro. E tuttavia la forza del principio rappresentativo si fece subito sentire: infatti, fu sempre alla Camera dei deputati che i governi si rivolsero per ottenere sostegno politico, sin dagli esordi dell’esperienza statutaria; e fu dunque con la Camera sola che essi instaurarono il rapporto fiduciario, mentre si applicava la regola secondo la quale «il Senato non fa crisi» (non poteva cioè determinare la cessazione dalle funzioni dell’esecutivo). Inoltre, furono quasi sempre i governi a suggerire al re le personalità (fra quelle elencate nella lista dell’art. 33 St.) da nominare senatori; e se ne avvalsero a piene mani per le «infornate», cioè periodiche immissioni di uomini di stretta fiducia governativa, volte a garantire l’esecutivo (prima che il re) sulla remissività senatoriale al suo indirizzo. Sicché si può dire senz’altro che il bicameralismo statutario fu, alla resa dei conti, non paritario e diseguale (oltre che differenziato).
Il parlamento durante il fascismo
Durante il fascismo il parlamento conobbe prima l’asservimento al «capo del governo» e al Partito nazionale fascista, poi la soppressione della Camera dei deputati, trasformata in Camera dei fasci e delle corporazioni, non più espressione del corpo elettorale ma degli organi di partito e corporativi.
Domande da interrogazione
- Qual era la struttura parlamentare in Europa continentale fino al Primo dopoguerra?
- Come funzionava il bicameralismo statutario nel Regno di Sardegna?
- Come cambiò il parlamento durante il fascismo?
Fino al Primo dopoguerra, i parlamenti erano bicamerali, con una camera spesso espressione monarchica come contrappeso alla camera elettiva, ispirata alla Camera dei Lord inglese.
Il bicameralismo statutario era differenziato e tendenzialmente paritario, ma nella pratica la Camera dei deputati aveva un ruolo predominante nel sostegno politico ai governi, mentre il Senato non poteva causare crisi governative.
Durante il fascismo, il parlamento fu asservito al capo del governo e al Partito nazionale fascista, con la Camera dei deputati trasformata in Camera dei fasci e delle corporazioni, non più rappresentativa del corpo elettorale.