Concetti Chiave
- Il sistema pensionistico italiano ha subito diverse riforme dagli anni Novanta, culminando con la riforma Fornero nel 2011, che ha aumentato l'età pensionabile.
- Le riforme hanno introdotto le pensioni complementari e integrative, offrendo ai lavoratori la possibilità di aggiungere queste forme a quelle obbligatorie tradizionali.
- Il metodo di calcolo delle pensioni è passato dal sistema retributivo, basato sulle ultime retribuzioni, al sistema contributivo, legato ai contributi versati durante l'intera carriera lavorativa.
- Il sistema contributivo è considerato più equo e sostenibile, poiché elimina le distorsioni intergenerazionali create dal sistema retributivo.
- Il diritto al pensionamento deve essere bilanciato con il diritto alla salute, un diritto soggettivo perfetto tutelato dalla Costituzione italiana.
Riforme del sistema pensionistico
A partire dagli anni Novanta, per esigenze di bilancio, il sistema pensionistico è stato riformato più volte (da ultimo con la riforma Fornero contenuta nel d.l. 201/2011, che ha alzato sensibilmente l’età pensionabile). Queste riforme, in particolare, hanno introdotto la disciplina delle pensioni complementari e integrative, che possono essere sottoscritte dall’interessato in modo da affiancarle alle tradizionali forme di previdenza obbligatoria, e modificato il metodo di calcolo della pensione passando dal sistema retributivo (importo pensionistico calcolato secondo una percentuale delle ultime retribuzioni) a quello contributivo (ammontare della pensione rapportato ai contributi che il lavoratore ha effettivamente versato nell’arco dell’intera vita professionale).
Il sistema contributivo, oltre che maggiormente sostenibile sul piano finanziario, appare più equo poiché elimina le distorsioni che il sistema retributivo creava fra diverse generazioni: trattamenti favorevoli per i pensionati attuali, ma con costi elevati a carico delle generazioni future.
Il diritto al pensionamento è controbilanciato dal diritto alla salute, tutelato dall’articolo 32 del dettato costituzionale. L’articolo 32 lo definisce «fondamentale diritto dell’individuo» e anche «interesse della collettività». Pur essendo un tipico diritto sociale, ha una natura assimilabile a quella dei diritti di libertà, poiché presuppone la titolarità di uno status personale e naturale – la salute – che non può essere messo a repentaglio né dai singoli né dai poteri pubblici né da altri soggetti privati. Ecco perché il diritto alla salute, in quanto volto a preservare l’integrità fisica e psichica dell’individuo nei confronti di tutti, deve essere considerato come un diritto soggettivo perfetto, azionabile quindi dinanzi al giudice senza la necessità dell’intervento del legislatore. Esso ricomprende non solo l’interesse alle cure in caso di malattia, ma anche l’interesse a condizioni di vita e di lavoro che non mettano in pericolo la salute (sotto questo profilo ricomprende il diritto a un ambiente salubre).
In sostanza, il diritto al pensionamento e il diritto alla salute devono essere contestualmente tutelati e bilanciati.
Domande da interrogazione
- Quali sono state le principali modifiche apportate al sistema pensionistico dagli anni Novanta?
- In che modo il diritto alla salute è tutelato dalla Costituzione?
- Come devono essere bilanciati il diritto al pensionamento e il diritto alla salute?
Le riforme hanno introdotto le pensioni complementari e integrative e hanno modificato il metodo di calcolo della pensione dal sistema retributivo a quello contributivo, rendendolo più sostenibile ed equo.
L'articolo 32 della Costituzione definisce il diritto alla salute come un "fondamentale diritto dell’individuo" e un "interesse della collettività", garantendo la sua protezione contro minacce da parte di singoli, poteri pubblici o soggetti privati.
Entrambi i diritti devono essere tutelati e bilanciati contestualmente, garantendo che le condizioni di vita e di lavoro non mettano in pericolo la salute, preservando l'integrità fisica e psichica dell'individuo.