Concetti Chiave
- La Convenzione di Londra del 1976, riguardante la responsabilità degli armatori, è stata ratificata a livello globale, ma inizialmente non dall'Italia.
- In Italia, le disposizioni della Convenzione sono state integrate nel 2012 attraverso un decreto che recepisce una direttiva UE del 2009.
- Il Codice della navigazione italiano definisce la figura dell'armatore e introduce la società di armamento, una forma di comproprietà navale.
- La società di armamento è regolata dall'articolo 278 del Codice della navigazione e dagli articoli del Codice civile sulla comunione.
- Le quote di proprietà nella società di armamento sono espresse in carati, fissate a 24 per facilitare la determinazione delle maggioranze.
Ratifica e applicazione della Convenzione di Londra (1976)
La Convenzione di Londra in materia di responsabilità dell’armatore è stata ratificata nel 1976 da moltissimi Paesi del mondo, con eccezione dell’Italia e di altri Stati che hanno rifiutato la ratifica per ragioni politiche. Tuttavia negli ultimi anni essa ha trovato applicazione anche in Italia in seguito all’emanazione di un decreto legislativo del 2012 mediante cui è stata recepita una direttiva dell’Unione europea del 2009 in materia di copertura assicurativa e assicurazione degli armatori: la direttiva ripropone numerose norme dettate dalla Convezione di Londra (soprattutto quelle riguardanti la somma limite).
Di conseguenza, dunque, il recepimento della direttiva ha introdotto nell’ordinamento italiano molte disposizioni della Convenzione di Londra.
Dopo aver definito la figura giuridica dell’armatore, il Codice della navigazione introduce un istituto ad essa strettamente connesso: la società di armamento. Mentre per la qualifica di armatore risulta del tutto irrilevante essere proprietario della nave, la costituzione della società di armamento presuppone sempre una comproprietà navale: in questo caso vi sono più soggetti che risultano proprietari del mezzo e fra questi nasce una società di armamento.
Tale istituto è disciplinato dall’articolo 278 del Codice della navigazione, il quale però non fornisce una regolamentazione molto dettagliata. Per questo motivo gli studiosi ritengono che alla materia possano applicarsi anche gli articoli 1100 e successivi del Codice civile, inerenti alla comunione.
All’interno della società di armamento, le quote sociali di ogni comproprietario sono espresse in carati. Per questo motivo i soci comproprietari sono chiamati «caratisti». Il numero delle quote (carati) è predefinito: esso è sempre uguale a 24 e può essere frazionato liberamente. Il numero delle quote è stato fissato a 24 per questioni logistiche: in questo modo risulta estremamente semplice determinare la maggioranza (superiore a 12). A prescindere dalle quote sociali che si detengono tutti i soci sono considerati ugualmente comproprietari della nave nella sua interezza (comunione forzosa): dunque non si potrà dire che chi possiede un carato possa vantare un diritto sul timone, mentre chi ne ha due vanta un diritto sul timone e sulla nave. Tutti ne sono proprietari nella interezza ma ognuno incide in maniera diversa sulle attività societarie in base alla propria quota.
Domande da interrogazione
- Qual è stato l'impatto della Convenzione di Londra del 1976 sull'ordinamento italiano?
- Qual è la differenza tra un armatore e una società di armamento secondo il Codice della navigazione?
- Come sono distribuite le quote sociali all'interno di una società di armamento?
La Convenzione di Londra è stata applicata in Italia grazie a un decreto legislativo del 2012 che ha recepito una direttiva dell'Unione Europea del 2009, introducendo molte disposizioni della Convenzione nel sistema giuridico italiano.
L'armatore non deve necessariamente essere proprietario della nave, mentre la società di armamento presuppone una comproprietà navale, con più soggetti proprietari che formano una società.
Le quote sociali sono espresse in carati, con un numero totale di 24 carati che possono essere frazionati liberamente. Ogni socio è considerato comproprietario della nave nella sua interezza, ma la loro influenza sulle attività societarie varia in base alla quota posseduta.