Andrea301AG
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Concetti Chiave

  • La previdenza complementare in Italia raccoglie contributi da imprese e lavoratori per erogare pensioni integrative.
  • Il d.lgs. 124/1993 ha introdotto i fondi pensione come alternativa obbligatoria ai fondi a prestazione definita.
  • Il d.lgs. 252/2005 ha riformato i fondi pensione, destinando il TFR ancora da maturare a questi fondi, salvo consenso contrario del lavoratore.
  • La regola del silenzio-assenso implica che il TFR venga destinato automaticamente a un fondo pensione se il lavoratore non esprime dissenso entro sei mesi dall'assunzione.
  • Il capitale accumulato nei fondi pensione è trasferibile e il rendimento varia in base agli investimenti effettuati.

Previdenza complementare

Negli anni recenti il sistema previdenziale italiano è stato oggetto di numerose riforme. La più importante riguarda la creazione della previdenza complementare o integrativa), il cui obiettivo è quello di raccogliere i contributi versati dalle imprese ed eventualmente dai lavoratori, e di erogare, al maturare di date condizioni anzitutto di età, prestazioni pensionistiche integrative di quelle pubbliche.
La previdenza complementare era già stata introdotta dal d.lgs.

124/1993, il quale ne prevedeva l’adozione obbligatoria al posto dei cosiddetti «fondi a prestazione definita». In questi, la prestazione pensionistica ammontava a una percentuale dell’ultima retribuzione percepita.
I fondi pensione sono stati però riformati dal d.lgs. 252/2005, che ha previsto la destinazione degli accantonamenti per il TFR ai fondi pensione. Essa è stata limitata al TFR ancora da maturare e subordinata al consenso dei lavoratori titolari degli accantonamenti.
In quest’ambito vale tuttavia la regola del silenzio-assenso: entro 6 mesi dall’assunzione il dipendente che voglia mantenere il TFR presso l’azienda ha l’onere di esprimere formalmente tale volontà, sottoscrivendo un apposito modulo; la mancata manifestazione di dissenso implica la destinazione del TFR a un fondo pensione previsto dalla legge (solitamente quello sindacale della categoria).
Una volta destinati a un fondo, gli accantonamenti annuali alimentano, non più il TFR, ma il conto contributivo acceso presso il fondo pensione, che beneficia di un determinato rendimento a seconda dell’impiego delle relative somme in investimenti a basso o alto rischio.
La dote contributiva del lavoratore è portabile, cioè trasferibile da un fondo all’altro. Da essa deriva, al raggiungimento della soglia di età prevista, l’erogazione di una pensione complementare che varia a seconda dei rendimenti finanziari conseguiti dal capitale accumulato.
In sintesi, dunque, l’accantonamento del TFR nei fondi pensione non è obbligatorio, ma la legislazione ha fatto in modo di renderlo la scelta più conveniente.

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