Concetti Chiave
- L'ordinamento costituzionale italiano vieta la creazione di associazioni con carattere militare che perseguono scopi politici, per proteggere la democrazia.
- Le associazioni militari sono definite come quelle con una struttura gerarchica di tipo militare, anche senza uso di armi.
- Il divieto di associazioni militari politiche mira a prevenire intimidazioni simili a quelle delle camicie nere fasciste.
- La legge vieta alle associazioni politiche di adottare uniformi o divise, per evitare influenze militari.
- La Corte costituzionale ha stabilito che il divieto non si applica agli Schützen, poiché non affiliati a partiti politici.
Organizzazioni associative di carattere militare
L’ordinamento costituzionale italiano impone il rigoroso divieto di costituire organizzazioni associative di carattere militare. In particolare, il divieto riguarda la formazione di associazioni che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare. Il d.lgs. 43/1948 (norma di diretta attuazione della Costituzione: v. sent. 5/2014) esplicita che per associazioni aventi un’organizzazione di carattere militare si intendono quelle caratterizzate da una struttura gerarchica di tipo militare, con relativo inquadramento in «corpi, reparti o nuclei», non necessariamente unita all’uso di armi.
Lo scopo sotteso al divieto, che preclude ad associazioni così organizzate solo il perseguimento di finalità politiche, è anche in questo caso quello di tutelare la libera dialettica democratica che sarebbe lesa da organizzazioni potenzialmente violente, come era accaduto in Italia durante il fascismo con l’opera intimidatoria delle camicie nere. Memore di ciò, la legge vieta l’adozione di «uniformi o divise» da parte di associazioni aventi finalità politiche. La Corte costituzionale ha comunque escluso che tale divieto si applichi agli Schützen, l’associazione dei tiratori tirolesi, non essendo collegata ad alcun partito politico (sent. 26/1976).
Fra le formazioni sociali, ve ne sono alcune che hanno una grande rilevanza costituzionale.
In primo luogo, la Costituzione considera la famiglia quale «società naturale fondata sul matrimonio» (art. 29.1). Nonostante la dottrina cattolica più integralista abbia dedotto da tale formulazione l’idea della famiglia come realtà che il diritto positivo deve limitarsi a riconoscere, la dottrina maggioritaria ammette un’incisiva regolamentazione giuridica, escludendo comunque interventi troppo invasivi quali per esempio quelli previsti dal codice civile del 1942. Il legislatore fascista, infatti, considerando la famiglia la struttura basilare della nazione, strumento di realizzazione della politica demografica del regime, aveva previsto una disciplina che ne mortificava la natura di comunità fondata sull’intimità e sugli affetti.