Concetti Chiave
- Il riconoscimento del diritto di accesso a Internet è visto come un diritto sociale di nuova generazione in alcuni paesi, ma non è ancora costituzionalmente tutelato in Italia.
- La Corte costituzionale italiana considera l'accesso a Internet come una finalità di interesse generale, piuttosto che un diritto soggettivo, legato alla promozione della cultura informatica.
- La discussione sul diritto di accesso a Internet è in continua evoluzione e potrebbe portare a nuovi sviluppi nel diritto costituzionale italiano ed europeo.
- La libertà di pensiero, che include la libertà di religione e coscienza, è protetta da diverse convenzioni internazionali e considerata fondamentale nelle società democratiche.
- Il referendum popolare in Italia, previsto dall'art. 75 Cost., è visto come un esercizio di potestà normativa, influendo sulle fonti del diritto attraverso l'abrogazione di leggi.
Indice
Il diritto di accesso a Internet
L’importanza assunta dal web ha portato, in alcuni paesi, al riconoscimento anche con norme costituzionali di un «diritto di accesso a Internet». Da ciò discenderebbe l’obbligo, gravante sui pubblici poteri, di assicurare la connessione alla rete in forza di un vero e proprio diritto sociale di nuova generazione. Nell’ordinamento italiano, in assenza di un intervento legislativo che definisca le coordinate tipiche del diritto sociale (la copertura di spesa, l’individuazione dell’ente erogante e dei soggetti destinatari della prestazione), non pare possa configurarsi oggi un diritto ad accedere alla rete costituzionalmente tutelato. Come ha chiarito la Corte costituzionale, infatti, non siamo in presenza di un diritto soggettivo, ma di una «finalità di interesse generale» riconducibile all’art. 9 Cost., che dovrebbe essere perseguita nell’ambito delle politiche di promozione della cultura informatica (sent. 307/2004).
Interpretazioni e prospettive future
Si tratta di un’interpretazione del fenomeno riduttiva, e forse transitoria. Ma il discorso non è chiuso: può considerarsi aperto, anzi, un nuovo capitolo del diritto costituzionale. Tanto più che, per quanto detto sopra, si discute dell’opportunità che il legislatore europeo e nazionale individui strumenti più adeguati per controllare le sorgenti di informazioni e messaggi lanciati in rete.
Libertà di pensiero e religione
Nell’alveo della libertà di pensiero si collocano anche la libertà di religione e la libertà di coscienza: tanto la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (art. 18) quanto la Cedu (art. 9) e la Cdfue (art. 10), infatti, le proclamano in un unico articolo. Nella decisione Kokkinakis c. Grecia del 25 maggio 1993 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ribadito che la libertà di religione è uno dei fondamenti delle società democratiche, bene prezioso anche per gli atei, gli agnostici e gli indifferenti.
Referendum e abrogazione delle leggi
L’art. 75 Cost. prevede il referendum popolare per l’abrogazione, totale o parziale, di leggi e di atti aventi forza di legge. La dottrina prevalente include l’atto abrogativo referendario fra le fonti del diritto in quanto l’abrogare puramente e semplicemente non è mai un «non disporre», ma più precisamente un «disporre diversamente», e come tale costituisce «esercizio di potestà normativa» (come scrisse uno dei grandi giuspubblicisti italiani del Novecento, Vezio Crisafulli).
Domande da interrogazione
- Qual è l'importanza del riconoscimento del diritto di accesso a Internet in alcuni paesi?
- Come viene interpretato il diritto di accesso a Internet nell'ordinamento italiano?
- Qual è il ruolo del referendum popolare secondo l'art. 75 della Costituzione italiana?
L'importanza del web ha portato al riconoscimento del diritto di accesso a Internet come un diritto sociale di nuova generazione, obbligando i pubblici poteri ad assicurare la connessione alla rete.
In Italia, non esiste un diritto costituzionalmente tutelato di accesso a Internet, ma è considerato una "finalità di interesse generale" da perseguire attraverso politiche di promozione della cultura informatica.
L'art. 75 prevede il referendum popolare per l'abrogazione di leggi, considerato un esercizio di potestà normativa, poiché abrogare è un "disporre diversamente".