Andrea301AG
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Concetti Chiave

  • I contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) definiscono la figura dell'operaio, distinguendola dall'impiegato, basandosi sulla natura manuale del lavoro svolto.
  • Il sistema di inquadramento offerto dai CCNL differisce da quello del Codice civile, classificando i lavoratori in diversi livelli professionali.
  • La classificazione professionale nei CCNL si basa su criteri come autonomia, complessità tecnica e potere di direzione, limitando la libertà gestionale del datore di lavoro.
  • Una volta inquadrato in un livello, il lavoratore può esigere le relative mansioni, impedendo al datore di assegnare compiti di livello inferiore.
  • Il datore di lavoro può modificare le mansioni dei lavoratori senza consenso, grazie al potere direttivo noto come «ius variandi».

Categoria degli operai e classificazione professionale dei CCNL

La definizione di operaio non è contenuta nella legge, bensì nei contratti collettivi nazionali di lavoro, che ancora conservano la distinzione tra la figura dell’impiegato e dell’operaio. Quest’ultimo si caratterizza per la natura prevalentemente manuale della prestazione di lavoro.
I CCNL propongono un sistema di inquadramento diverso da quello previsto dall’articolo 2095 del Codice civile.

A seconda dei ruoli professionali svolti, essi classificano i lavoratori in un numero variabile di livelli (tra sette e otto), denominati parametri, categorie o aree professionali.
I requisiti di differenziazione delle categorie sono molteplici: tra questi i più importanti sono il grado di autonomia e discrezionalità esercitati nell’attività svolta, la difficoltà tecnica e gestionale per eseguirla, la titolarità di poteri di direzione e l’eventuale coordinamento di altri lavoratori.

La classificazione professionale contenuta nei contratti collettivi rappresenta una limitazione alla libertà gestionale del datore di lavoro. Dalla classificazione, infatti, scaturiscono due prerogative:
- il lavoratore può esigere le mansioni relative al livello di inquadramento in cui è stato collocato. Il datore, pertanto, non può assegnare al lavoratore mansioni che appartengono a un livello inferiore rispetto a quello in cui quest’ultimo è stato inserito;
- viceversa, a determinate mansioni deve corrispondere uno specifico livello di inquadramento.
Negli anni recenti, gli studiosi si sono chiesti se il datore di lavoro abbia o meno la possibilità di modificare le mansioni assegnate a ogni lavoratore anche in senso peggiorativo, servendosi del potere direttivo. In funzione del cosiddetto «ius variandi», il datore di lavoro ha la prerogativa di variare, senza addurre motivazioni o giustificazioni, le mansioni assegnate al lavoratore.
Il mutamento delle mansioni non richiede, quindi, una formale variazione contrattuale, perché non presuppone l’acquisizione del consenso del lavoratore.

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