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Indice

  1. Introduzione
  2. I peccati che si espiano
  3. Tre terzine narrative 34-69

Introduzione

È stato opportunamente osservato che questo canto consta di due parti di estensione quasi esattamente uguale: nella prima (1-69), che è la continuazione e lo sviluppo del canto precedente, siamo ancora nel girone degli accidiosi o sulla scala che conduce a quello successivo, degli avari e prodighi; nella seconda (70-145) ha inizio la trattazione di quest'ultimo girone, che si protrarrà, variamente modulata e figurata, nei canti XX e XXI.

Qui ha inizio anche la trattazione dell'ultima fascia dei peccati: in Pg XVII 112- 139 Virgilio aveva spiegato al discepolo l'architettura morale e penale del Purgatorio. Tre peccati, nascenti dall'amore del male altrui, costituiscono la prima fascia: «Questo triforme amor qua giù di sotto / si piange», egli aveva detto alla soglia del quarto girone, che ospita i peccatori per troppo debole amore verso Dio; nei tre ultimi gironi «si piange per tre cerchi» il troppo amore per i beni terreni.

L'espressione è ripresa dallo stesso Virgilio in questo canto (58-59): «Vedesti... quell'antica strega / che sola sovr'a noi omai si piagne»; comincia qui, insomma, una zona strutturalmente e concettualmente bene individuata. Come il sogno dell'aquila (Pg IX) segna il passaggio dall'Antipurgatorio al Purgatorio, e quello di Lia (Pg XXVII) il passaggio dal Purgatorio al Paradiso terrestre, il sogno del canto che ora consideriamo segna un'altra svolta del racconto.

I peccati che si espiano

Il primo sogno rispecchia la realtà dell'ascensione di Dante al Purgatorio; questo secondo preannunzia la materia degli ultimi gironi; il terzo prefigurerà Matelda, cioè il Paradiso terrestre.

Negli ultimi tre gironi si espiano, in ordine decrescente di gravità, le propensioni all'avarizia, alla gola, alla lussuria, cioè in sostanza ai peccati detti nell'Inferno d'incontinenza, derivanti da mancanza di freno nel governo degli istinti: quelli stessi che, naturalmente in ordine inverso, sono puniti nei primi tre cerchi (dopo il Limbo) della voragine infernale.

Tra gli incontinenti infernali sono peraltro compresi anche gli iracondi, che nel Purgatorio popolano invece il terzo girone della prima fascia di peccati: difformità dovuta soprattutto al fatto che Dante segue nel Purgatorio esattamente la gerarchia dei peccati tradizionale ai suoi tempi, sancita da Gregorio Magno (Intr. a Pg XVII-XVIII).

Tre terzine narrative 34-69

Al secondo sogno fanno seguito (34-69) alcune terzine pienamente narrative, che registrano il risveglio di Dante e la ripresa del cammino, danno il ritratto del poeta che procede curvo, meditando sul sogno, e quello dell'angelo della sollecitudine che, senza attendere al solito richiesta, indirizza i due poeti all' «aperta», alla fessura nel monte attraverso la quale si sale al girone superiore; canta una beatitudine relativa agli accidiosi, cancella un'altra P dalla fronte di Dante ventilandolo con le sue bianchissime ali.

Infine si ha l'interpretazione del sogno e l'esortazione di Virgilio ad affrettare il passo, naturalmente rallentato dalla meditazione, e ad alzare la testa verso il cielo. Come al grido del falconiere il falcone, che prima si guardava le zampe, si volge e si protende verso l'alto, spinto dal desiderio del pasto che è lassù, nell'uccello che catturerà; così Dante, nell'esortazione del maestro, lascia la posizione curva e guarda al cielo, che costituisce il richiamo, il «logoro», di cui Dio, falconiere celeste, si serve per tirare a sé gli uomini.

Questo cambiamento di positura risponde, si, alla situazione narrativa (per un consimile cambiamento cfr. Pg XII 77-78: «Drizza la testa; / non è più tempo di gir sì sospeso», e anche Pg VIII 18); e prepara per contrasto la pena degli avari-prodighi, bocconi sul pavimento del girone; ma è anche un'evidente ripresa, in relazione ai restanti peccati e al modo di 'slegarsene', dell'invito solenne di Pg XIV 148-150. «Chiamavi 'I cielo e 'ntorno vi si gira... e l'occhio vostro pur a terra mira», in cui è già il girare 'dei cieli' e il 'richiamo' di Dio agli uomini.

Queste terzine narrative non danno adito a molte osservazioni. Parecchio si è discusso sulla convenienza agli accidiosi della beatitudine («Beati qui lugent, quoniam ipsi consolabuntur»): essa sembra piuttosto generica, ma forse si riferisce a «coloro che per seguire i beni spirituali non curano di esporsi ad affanni e dolori»: cosa che l'abito dell'accidia non permise di fare in vita a quei penitenti, almeno nel grado necessario.

Del resto è da osservare pedestremente che, sebbene il poeta avesse per i sette peccati sette beatitudini, dato che la seconda di queste («mites») si sovrappone alla settima («pacifici») utilizzata per gli iracondi, fu costretto a dividere in due, per gli avari e per i golosi, la quarta («qui esuriunt et sitiunt iustitiam»), e per gli accidiosi non gli restava che la terza («qui lugent»).

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