Concetti Chiave
- I tre esempi di mansuetudine sono presentati come spettacoli religiosi, con un preciso gusto scenico che evidenzia i contrasti tra i personaggi.
- Dante si ispira al Vangelo di Luca, Valerio Massimo e agli Atti degli Apostoli, arricchendo i racconti con la sua personalità e sensibilità drammatica.
- Il primo esempio coinvolge Maria, che ritrova Gesù dodicenne nel tempio, esprimendo tenerezza anziché rabbia, con parole tradotte letteralmente dalla vulgata.
- Il secondo esempio riguarda Pisistrato, che risponde con calma alla richiesta di vendetta della moglie, arricchendo la scena con un senso teatrale.
- Il terzo esempio narra il martirio di S. Stefano, con Dante che arricchisce la scena di dettagli per suscitare pietà, pur mantenendo fedeltà al testo sacro.
Introduzione
I tre esempi di mansuetudine, contenuti in tre gruppi di terzine disposti simmetricamente, sono altrettanti piccoli spettacoli religiosi. Se il secondo consta solo d'un dialogo, tra
Pisistrato e sua moglie, con qualche didascalia che accentua anche visivamente il contrasto tra i due (lei piangente di rabbia, lui «
con viso temperato»), gli altri due esempi son costituiti, oltre che di battute orali, d'una dislocazione dei personaggi, cui presiede un preciso gusto scenico: nel primo il tempio affollato di Gerusalemme, Maria ferma sulla soglia che chiama a sé il figlio ritrovato; nel terzo uomini furibondi che scagliano pietre contro un giovane, S. Stefano, al centro della storia, che si accascia sotto i colpi.
Le fonti degli esempi
Le fonti del poeta sono rispettivamente il
Vangelo di Luca,
Valerio Massimo, gli
Atti degli Apostoli; ma, alcuni commentatori hanno mostrato come egli, pur seguendole da vicino, naturalmente le impronti della sua personalità. Le parole che
Dante fa pronunciare a
Maria sono le stesse, tradotte parola per parola, che le attribuisce l'evangelista; ma a questo proposito è da osservare che quando, in quattro dei sette esempi di virtù che concernono la
Vergine, il poeta riferisce parole di lei, lo fa sempre traducendo letteralmente il
Vangelo.
Primo esempio di mansuetudine: Maria
Il primo esempio di mansuetudine che Dante vede, in stato di estasi, è quello di Maria. Si tratta del noto passo evangelico (
Luc. II 41-48) in cui narra come Maria e Giuseppe, recatisi con Gesù dodicenne alla festa di Gerusalemme, lo smarrissero in mezzo alla folla. Dopo averlo cercato affannosamente per tre giorni, lo ritrovarono nel tempio mentre disputava coi dottori. Maria, invece di adirarsi, gli si rivolse teneramente con le parole, che Dante traduce esattamente dal testo della vulgata: "
Figlio, perché ci hai fatto una cosa come questa? Ecco tuo padre ed io ti cercavamo angoscianti".
Secondo esempio di mansuetudine: Pisistrato
Il secondo esempio di mansuetudine viene ricavato dal mondo classico. La fonte è Valerio Massimo (
Mem. V, I ext. 2), che narra come un giovane ateniese, innamorato della figlia di Pisistrato, incontrandola per la via, la baciasse pubblicamente. Alla madre, indignata, che chiedeva al marito vendetta dell'oltraggio, Pisistrato rispose: "
Si eos, qui nos amant, interficimus, quid iis faciemus quibus odio sumus?" (= se uccidiamo coloro che ci amano, che faremo a quelli che ci odiano?); anche qui Dante traduce le parole di Valerio Massimo alla lettera. Arricchisce invece, con un vero senso teatrale, la scena, presentando la madre in lacrime e ponendole in bocca un vigoroso discorso, in luogo del nudo discorso indiretto dello scrittore latino.
Terzo esempio di mansuetudine: Martirio di S. Stefano
Il terzo esempio di mansuetudine è il più drammatico dei tre. i Giudei, indignati contro Stefano per la sua predicazione, lo cacciarono fuori dalla città e lo lapidarono. Egli, caduto sulle ginocchia e alzati gli occhi al cielo, chiese a Dio perdono per i suoi uccisori. In questo esempio Dante, pur seguendo alla lettera il racconto del testo sacro, non traduce più le parole del discorso diretto, ma arricchisce di particolari la scena, creando intorno alla figura del martire un profondo senso di pietà.