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Concetti Chiave

  • La scala verso la seconda cornice del Purgatorio è paragonata alla ripida salita verso la chiesa di S. Miniato a Firenze, evocando nostalgia e critica verso la città.
  • Dante utilizza la descrizione della scala per esprimere il malcontento verso il malgoverno fiorentino, attraverso un ricordo personale del paesaggio.
  • La mancanza di fatica di Dante durante la salita è spiegata da Virgilio; l'angelo dell'umiltà ha rimosso il primo peccato dalla sua fronte, dando sollievo al poeta.
  • Dante, inconsapevole del cambiamento, verifica con le dita la fronte, un gesto che suscita il sorriso di Virgilio, simbolo di sollievo e liberazione dal peccato di superbia.
  • La scena trae ispirazione da Ovidio, dimostrando come i poeti combinano osservazione diretta e influenze letterarie per creare una realtà poetica vivace e originale.

Indice

  1. Descrizione della scala verso la seconda cornice
  2. La salita per cui non prova fatica

Descrizione della scala verso la seconda cornice

Elenchiamo due brevi osservazioni che si possono fare del canto XII del Purgatorio. La prima concerne la descrizione della scala che porta dal l° al 2° girone: il poeta la paragona alla scala che rompe l'erta che da Firenze conduce al monte dov'è la chiesa di S. Miniato.

I commentatori in genere (ma non il Gabrieli) concentrano la loro attenzione sull'ironia con cui il poeta designa la sua città («la ben guidata», 102), e sullo sdegno con cui condanna i costumi corrotti di essa, ben diversi da quelli d'un tempo («le scalee che si fero ad etade / ch'era sicuro il quaderno e la doga», 104-105), con allusione a due scandali cittadini recenti.

Comunemente si dice, o si sottintende, che Dante abbia richiamato la scala di S. Miniato appunto per aver l'occasione di deplorare ancora una volta (e non è l'ultima) il malgoverno e la corruzione di Firenze. Il processo creativo va invece probabilmente in direzione opposta: il poeta per dare al lettore l'idea della scala purgatoriale in un erto pendio, da lui immaginata, ha bisogno d'un paragone, e ricorre a una delle sue «comparationes domesticae» come le chiama Benvenuto; era del resto naturale che Dante istintivamente pensasse soprattutto a lettori fiorentini.

Ma con la scala gli balza subito alla memoria il paesaggio di quella parte di Firenze: il monte che sovrasta la città, con la bella chiesa; ai suoi piedi il fiume col ponte: un'apertura della fantasia su un panorama tipico della città: è questa improvvisa visione che suscita un improvviso (e non necessario nel contesto) moto di nostalgia, e con la nostalgia l'amarezza e il rimpianto per il buon tempo antico.

La salita per cui non prova fatica

Altra osservazione. Dante si accorge di non far fatica a camminare; ne chiede la ragione a Virgilio che gli spiega che l'angelo dell'umiltà gli aveva tolto il primo e più grave dei P incisigli sulla fronte dall'angelo portiere. Dante, che non se n'era accorto, porta la sua mano alla fronte con le dita «scempie», staccate l'una dall'altra, per meglio contare: come fanno «color che vanno / con cosa in capo non da lor saputa, / se non che' cenni altrui sospecciar fanno». Virgilio osserva divertito il gesto del discepolo e sorride (127-136). Una piccola scena che dice «indirettamente il sollievo» di Dante, conscio del suo peccato di superbia, «al pensiero di esser libero da quel primo peccato; il sereno risolversi di una situazione lungamente tesa» (Momigliano). Una scena anch'essa, e in altro senso, 'domestica', che sembra derivare direttamente dalla realtà.

Ma essa è già in Ovidio: «falsamque in imagine credens / esse fidem, digitis ad fron-tem saepe relatis / quae vidit tetigit» (Met. XV 566-568).
Si nota ciò per ribadire un fatto essenziale: che i poeti giungono alla loro 'realtà poetica' sia mediante l'osservazione diretta, sia per il tramite di altri poeti; e questa seconda via nulla toglie alla vivacità e all'immediatezza della rappresentazione. Giacché quel che conta non è lo spunto che è all'origine della creazione d'un poeta, ma la sua capacità di rivivere, di 'rivedere' originalmente quello spunto, sia che questo gli derivi dall'osservazione d'un fatto di natura, sia che gli venga dalla lettura d'un libro.

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