Concetti Chiave
- Il poeta si concentra su un complesso schema letterario per descrivere 13 esempi di superbia punita, enfatizzando l'importanza di evitare questo peccato.
- Dante utilizza un'articolata struttura di terzine, con ripetizione di parole iniziali, per competere con i classici e creare un effetto simbolico attraverso l'uso del numero tre.
- Gli esempi di superbia punita sono organizzati in tre gruppi, ciascuno con una struttura specifica, ma solo il primo gruppo rappresenta una chiara unità concettuale.
- Il primo esempio di superbia punita è Lucifero, seguito da giganti e Nembrot, mentre le altre quaterne presentano difficoltà di categorizzazione univoca.
- La rassegna si conclude con Troia, simbolo di superbia etnica e militare, riprendendo motivi biblici e classici per sottolineare il tema della punizione della superbia.
Introduzione
In questo canto, il poeta non s'impegna in esplorazioni d'anime o in approfondimenti dottrinali o politici. Il massimo impegno è di tecnica letteraria: elabora un complesso schema per enumerare ben 13 esempi di superbia punita, che immagina figurati nel pavimento del girone: l'impegno nasce ovviamente dall'importanza che il poeta attribuiva al peccato di superbia e alla necessità, sua e di tutti, di affrancarsene.Si noti che le punizioni di cui si danno esempi in questo e negli altri gironi sono state sofferte già nella vita terrena: quelle dell'oltretomba costituiscono naturalmente la materia dell'Inferno e del Purgatorio. Dante in sostanza ci vuol dire, anche con questi esempi, che Dio non punisce solo dopo la morte: spesso il peccato si sconta anche da vivi.
Schema costruttivo
Veniamo allo schema costruttivo. Anzitutto, la lunga enumerazione è essa stessa un artificio del classici, coi quali Dante entra anche per questo riguardo in gara, e che sara ampiamente ripresa, a tacer d'altri, dal Petrarca dei Trionfi e dal Boccaccio dell'Amorosa visione. Delle 13 terzine contenenti gli esempi, 12 son disposte in 3 quaterne, comincianti ciascuna con una stessa parola («vedea», «o», «mostrava»); ciascun verso della tredicesima comincia con quelle stesse tre parole, nell'ordine: una sorta di 'congedo'.D'una costruzione simile il poeta si compiace (Pd XIX 115-141) nell'enumerare vituperandoli i re cristiani lontani dal vero cristianesimo: anche colà tre gruppi composti ciascuno di tre terzine, comincianti con una stessa parola: sennonché l'enumerazione continua dopo queste 9 terzine per altri 7 versi, senza che ci sia dunque il 'congedo' che osserviamo in questo luogo. Qui il poeta ha voluto costruire una specie di sestina, la quale, secondo lo schema innovato da Dante rispetto a quello di Arnaldo Daniello è, come si sa, composta da 6 strofe nelle quali ritornano in rima, con un certo rigoroso ordine, le stesse parole; un 'congedo' di 3 versi le riprende tutte e sei; la sestina ha quindi 39 versi (36 + 3) come questo elenco di esempi (si pensi all'importanza simbolica del 3 e dei suoi multipli).
Sia in questo canto sia in Pd XIX le iniziali delle parole ricorrenti sembrano costituire un acrostico; VOM, cioè 'uom' e LVE (lue): la cosa, quasi unanimemente ammessa, è verosimile; sarà tuttavia legittimo avanzare una riserva circa quel troncamento ('uom') che non sembra giustificato da alcunché, mentre nella lingua del tempo conferiva alla parola valore quasi di particella impersonale.
Esempi di superbia punita
Tale struttura distingue gli esempi di superbia punita in tre gruppi (più la terzina conclusiva): sembrerebbe dunque che ciascuno di questi gruppi rappresentasse un diverso tipo di superbia ovvero di punizione. Bisogna dire che tutti gli sforzi in questa direzione, fatti anche da uomini egregi, non hanno portato ad alcun risultato pienamente accettabile, salvo che per la prima quaterna, in cui sono chiaramente raggruppati quattro casi di lotta contro la divinità. Le categorie fin qui proposte per le altre due quaterne non arrivano a comprendere tutte le figure dei colpevoli di ciascuna quaterna.Ad esempio, la partizione più autorevole, quella del Parodi, importerebbe per la seconda quaterna una categoria di vanagloriosi che fanno la rovina di sé stessi: ma la definizione, se va bene per Niobe e per Aragne, non si addice a Saul e a Roboam; la terza quaterna sarebbe composta da violenti contro il prossimo: ma tali furono Sennacherib, Ciro, Oloferne, non Erifile che semmai andrebbe ascritta al secondo gruppo.
Sembra certa una sola cosa: che il primo gruppo stia a sé: ipotesi confermata anche da una considerazione strutturale: mentre in esso i due esempi biblici e i due classici son disposti come le rime in una quartina incrociata (BC CB), nelle altre due quaterne gli esempi stessi son disposti come rime alterne (BC BC, BC BC). D'altra parte, i quattro esempi della prima quaterna costituiscono concettualmente, essi sì, una salda unità; è naturale che il primo esempio di superbia punita sia Lucifero, «'l primo superbo» (Pd XIX 46), e che egli sia in gruppo coi giganti e Nembrot (a essi assimilato), la cui connotazione essenziale è appunto la superbia, e proprio per questo costituiscono, nell'Inferno, la prefigurazione di lui.
Né deve stupire il luogo particolare assegnato tra i giganti a Briareo, che anche nel canto dell'Inferno era, secondo il testo lucaneo, detto particolarmente «feroce» (If XXXI 105). Per gli esempi delle altre due quaterne, allo stato degli studi si possono solo proporre, e dubitativamente, raggruppamenti non quaternari, osservando che a Niobe punita nei figli si affiancano Saul e Aragne, ambedue suicidi, e Roboam che è una sorta di suicida politico, dal momento che fugge di fronte alle tribù ribelli «sanza ch'altri il cacci» (48). Seguono una coppia di uccisi dai figli, Erifile e Sennacherib, e un'altra di uccisi dai loro nemici, Ciro e Oloferne.
Esempio di superbia troiana
Se è naturale che la rassegna cominci da Lucifero, non meno naturale è che finisca con Troia, esempio topico di superbia etnica e militare; una città chiude una rassegna di 12 persone o gruppi di persone. Lo spunto per quel primo esempio viene dalle Sacre Scritture, anche nel «vedea» iniziale («Videbam Satanam sicut fulgur de caelo cadentem », Luc. X 18); quello dell'ultimo viene dai classici e in particolare da Virgilio («ceciditque superbum / Ilium et omnis humo fumat Neptunia Troia», Aen. III 2-3).II topos della superbia troiana è ripreso da Dante anche altrove (If I 75); e val la pena osservare come qui i concetti di 'superbo' nel senso morale e di 'alto, a capo eretto' nel senso fisico identificano; come del resto anche in Virgilio, dove al « superbum » è contrapposto «humo»: e cfr. «te basso e vile / mostrava il segno» (62-63); e in altro luogo (If XXX 13-14) Dante segue assai da vicino il testo virgiliano: «quando la fortuna volse in basso / l'altezza de Troian che tutto ardiva».
Su questa identificazione è basato ovviamente il contrapasso dei superbi penitenti di questo girone; e anche qui essa porta con sé l'esclamazione «Or superbite, e via col viso altero, / figliuoli d'Eva, e non chinate il volto / sì che veggiate il vostro mal sentero!» (70-72, dove «altero» vale 'alto', come spesso in Dante).