Concetti Chiave
- Omberto Aldobrandeschi apparteneva a una famiglia nobile, divisa in due rami, uno ghibellino e uno guelfo, con Omberto appartenente al ramo guelfo.
- Nel Purgatorio di Dante, l'episodio di Omberto Aldobrandeschi non è collegato direttamente al lamento per la decadenza dei conti di Santafiora.
- Omberto è rappresentato come un esempio di superbia punita, sia nella sua vita che nella sua morte, ricordato per il suo disprezzo verso gli altri.
- La morte di Omberto è raccontata in due versioni: ucciso da sicari senesi nel letto o morto combattendo, ma Dante non la presenta come eroica.
- Dante sceglie Omberto per la notorietà della sua punizione, evidenziando la sua importanza nel contesto storico e letterario.
Episodio di Omberto Aldobrandeschi
Per quel che concerna l'episodio di Omberto Aldobrandeschi, bisogna fare innanzitutto una precisazione storica. Generalmente si dice che lui apparteneva alla famiglia ghibellina dei conti di Santafiora; e si ritiene obbligatorio il rinvio a Purgatorio VI 109-111, dove, quale che sia il discusso significato preciso della terzina, si lamenta la decadenza nel 1300 dei conti di Santafiora. In verità, sin dal 1216 gli Aldobrandeschi si erano divisi in due rami: uno ebbe per capostipite il padre di Omberto, Guiglielmo, che assunse il titolo di conte di Soana e di Pitigliano; l'altro ramo ebbe origine dal fratello di Guiglielmo, Bonifazio, che fu appunto il primo conte di Santafiora. L'ultimo conte di Soana, Ildebrandino il Rosso, morì nel 1284, lasciando una figlia, la famosa Margherita dai molti mariti: i possessi del ramo passarono, dopo molte lotte, in mani non aldobrandesche.L'accenno di Purgatorio VI si riferisce dunque solo al ramo dei conti di Santafiora che, a differenza dall'altro ramo, nel 1300 era ancora vivo, sebbene in decadenza; era questo il ghibellino, mentre l'altro era guelfo, al ; punto che GUiglielmo fu assediato da Federico II come imperii nomini inimicus; era invece amico della guelfa Firenze. Tale politica fu continuata dal figlio Omberto. L'episodio che ora stiamo considerando non ha dunque alcun rapporto con l'accenno di Purgatorio VI, comunque, par certo che sia il rammarico circa i conti di Santafiora, sia, in questo canto, il ricordo delle opere leggiadre dei conti di Soana (ma esso potrebbe riferirsi anche al periodo anteriore alla scissione della famiglia) prescindono, come spessissimo in Dante, da ogni simpatia partitica.
Omberto: l'esempio della superbia
Omberto è solo un esempio di grande superbia, punita anche in vita, in lui e tutti i suoi consorti: "ogn'uomo ebbi in despetto tanto avante, ch'io ne morì": una punizione clamorosa, le cui modalità ricordano ancora, dopo più di quarant'anni (Omberto morì nel 1259), i Senesi che ne furono gli artefici e gli abitanti di Campagnatico che ne furono i testimoni, e le hanno raccontate ai loro bambini: "ne morì, come i Sanesi sanno, e sallo in Campagnatico ogni fante" (Inferno XXXIII 19-21: "quel che non puoi avere inteso, cioè come la morte mia fu cruda, udirai", o Purgatorio V 134-135 "...disfecemi Maremma: salsi colui").Si hanno di questa morte due discordanti versioni, ambedue documentariamente credibili: secondo l'una, Omberto sarebbe stato ucciso nel suo letto da sicari senesi; secondo l'altra, sarebbe morto combattendo furiosamente ("correva per la piazza di Campagnatico come un drago"). Effettivamente, nel 1259 Siena era in guerra col conte di Soana: ma ciò non escluderebbe, in concomitanza con la guerra, l'uccisione proditoria. Certo, in contrasto con la cronaca ora citata, la morte non è rappresentata da Dante come eroica: ne avrebbe scapitato l'esemplarità della punizione. Della quale esemplarità, secondo la condizione dantesca, è coefficiente essenziale la notorietà del personaggio e dell'avvenimento: sta qui la ragione della scelta, come in tanti altri casi; e difatti il poeta espressamente lo sottolinea.