Concetti Chiave
- La volontà divina e l'amore si intrecciano nel canto dei beati, rappresentando un contrasto con la cupidigia terrena che allontana dall'amore di Dio.
- La Croce Luminosa simboleggia la missione divina di Dante, evocando l'incontro tra Enea e Anchise e confermando il destino assegnato da Dio.
- Cacciaguida, trisavolo di Dante, racconta la purezza dell'antica Firenze, evidenziando la sua fede e il desiderio di un ritorno a un passato virtuoso.
- La decadenza di Firenze è attribuita alla corruzione e al lusso, contrastando con la sobrietà delle antiche famiglie fiorentine come i Vecchietti e i Nerli.
- La vita familiare e le tradizioni di Firenze sono celebrate attraverso racconti storici e affetti domestici, offrendo un modello di città perfetta e giustizia.
Indice
La Volontà Divina e l'Amore
La volontà di fare il bene nella quale si risolve sempre l’amore che deriva direttamente da Dio, come la cupidigia si risolve nella volontà di fare il male, fece cessare quel dolce coro e fece fermare il moto dei beati, i quali sono come le corde di una lira che la mano di Dio allenta o tende.
Come potranno essere sorde alle preghiere dei giusti quelle anime beate che, per invogliarmi a interrogarle, furono concordi a cessare il loro canto? E’ giusto che soffra eternamente colui che, per amore delle cose terrene che sono caduche, si priva per sempre dell’amore di Dio.
Come attraverso gli spazi sereni del cielo tranquillo e limpido di tanto in tanto sfreccia improvvisa una stella cadente attirando lo sguardo di chi se ne stava ozioso, e sembra una stella che muti posto in cielo, se non che dalla parte dove si
è accesa non scompare nessun astro, e quella presto si spegne, così dal braccio della croce che si protendeva verso destra fino ai piedi di essa corse una delle luci della costellazione (di spiriti) che risplende nell’interno della croce: né quella
gemma si distaccò dal nastro luminoso (della croce), ma corse via lungo la lista formata dai due raggi, sì che sembrò una fiamma che risplende dietro ad un alabastro (trasparente):
Con la stessa manifestazione d’affetto corse incontro (ad Enea, per abbracciarlo) l’ombra di Anchise, quando nell’oltretomba riconobbe il figlio, se merita fede il racconto di Virgilio, il nostro maggior poeta.
La Croce Luminosa e Cacciaguida
Recuperato il senso dello spazio infinito con la visione di un sereno cielo notturno - che diffonde su tutto il canto una pace superiore, un'arcana immobilità, quasi ad aiutare l'evocazione di un mitico passato e la speranza di un lontano futuro - ritorna l'immagine della croce luminosa, delineata attraverso preziosi accostamenti ( la gemma, il nastro, il foco che traspare dietro la diafana luminosità dell'alabastro) che ripropongono le suggestioni lirico-visive delle metafore del canto precedente. Infatti anche qui l'immagine non è fine a se stessa, edonistico godimento dell'occhio che segue attento il bagliore della gemma o le variazioni di luce prodotte dal foco dietro ad alabastro. ma serve a determinare la situazione intima di Cacciaguida, che, pur partecipando della beatitudine delle altre anime (non si distacca, infatti, dalla croce, ma la percorre per la lista radiai), nella sua sollecitudine affettuosa e paterna ''corre" verso il suo discendente, si illumina per un accrescimento improvviso di caritas, "si porge", si protende verso Dante con un gesto intenso di pietà, da padre a figlio. Sorge così, con la naturalezza di un ricordo che affiora improvviso alla memoria, il richiamo all'incontro nei Campi Elisi di Enea con il padre Anchise (Virgilio, Eneide VI, 684-686), che gli profetizza i travagli attraverso i quali dovrà passare prima di porre le fondamenta di quella che diventerà Roma; anzi l'economia della Commedia l'incontro di Dante con Cacciaguida assume la stessa funzione - rivelazione di missione - che nel poema virgiliano rivestiva quell'episodio. E' il momento centrale del poema sacro, è il momento nel quale Dante riceve la sanzione del destino che Dio gli ha assegnato. Nel canto secondo dell'Inferno il Poeta aveva obiettato a Virgilio, che lo esortava al viaggio, di non essere né San Paolo né Enea, coloro che ebbero il privilegio di vedere il mondo ultraterreno, il primo per ricevere forza nella sua opera di diffusione della fede, il secondo per contemplare la Roma futura. Ora egli è veramente come San Paolo, come Enea: attraverso la visione del mondo sovrannaturale attinge la promessa e la certezza delle cose future, la promessa e la certezza di un rinnovamento del mondo, e Cacciaguida, il martire della fede, conferma solennemente la sua missione. Ma per rinnovare il mondo occorre un esempio da indicare agli uomini, un modello che si possa realizzare concretamente: è il passato della sua Firenze dentro dalla cerchia antica, quando si stava in pace, sobria e pudica. Il discorso di Cacciaguida nel canto XV "non è soltanto l'espressione di un rimpianto del tempo passato, una fuga nella memoria di cose antiche abbellite dall'animo, un moto di laudator temporis acti [lodatore del tempo passato], la voce di un conservatorismo incapace di comprendere la presente realtà" (Montano), perché, evocata dall'avo nell'animo del Poeta "come un'immagine mitica, è la città della purezza e della fede che muove la sua ansia e che egli vorrebbe restaurare". Osserva ancora il Montano, che ha dato una fine interpretazione di tutto l'episodio di Cacciaguida: "L'ansia profetica della restaurazione e della riforma non può non rifarsi a un passato da far ritornare, a una purezza originaria da riattingere". E questo è il puro mondo fiorentino, anteriore ai guadagni e alla corruzione portata dalla gente nova. In questo senso l'ideale ritorno a Firenze non è certo una interruzione del moto di ascesa verso Dio, un indugio autobiografico nel processo di elevazione spirituale, ma è un ritrovare, da parte del Poeta, le ragioni della sua speranza, del suo sogno di un futuro migliore, della sua stessa missione.
“ O sangue mio, o grazia di Dio (in te) infusa in maniera singolare, a chi mai fu dischiusa due volte la porta del cielo come a te ? ”.
Cosi parlò quello spirito: perciò io mi rivolsi con attenzione verso di lui;
poi guardai la mia donna, e restai stupito da una parte e dall’altra, perché nei suoi occhi risplendeva un un sorriso tale, che io credetti di toccare con i miei il limite estremo della grazia concessami da Dio e della mia beatitudine.
Poi quello spirito, che ispirava gioia a udirlo e vederlo, aggiunse alle sue prime parole cose che io non compresi, tanto era profondo il loro significato;
né si sottrasse alla mia comprensione di proposito, ma per necessità, perché il suo pensiero andò oltre il limite a cui arriva l’intelligenza di un mortale.
E allorché la tensione dell’ardente carità fu sfogata, tanto che il suo linguaggio si rese comprensibile alla nostra mente, la prima cosa intesa da me fu:
“ Sii benedetto, o Dio trino e uno, che sei tanto munifico verso la mia discendenza del mio seme)! ”
E continuò: “ Un caro e antico desiderio, sorto in me dall’aver letto (la tua futura venuta) nel grande libro della mente di Dio dove non si aggiunge e non si toglie mai nulla a ciò che è scritto, hai saziato, o figlio, in me che ti parlo avvolto in questa luce, grazie a Beatrice, colei che ti diede le ali per il grande volo.
Tu sei convinto che il tuo pensiero discenda in me direttamente da Dio, che è l’Ente primo, così come dall’unità, quando è conosciuta, derivano il cinque e il sei (e gli altri numeri ): e perciò non mi domandi chi sono e perché mi mostro a te più festoso di qualunque altro spirito di questa moltitudine beata.
Quello che credi è vero, perché in questa vita tutti gli spiriti, siano essi dotati di un grado minore o maggiore di beatitudine, vedono in Dio come in uno specchio nel quale manifesti il tuo pensiero, prima ancora che tu lo abbia concepito:
ma affinché l’amore divino nella contemplazione del quale io veglio godendone perpetuamente la visione e che fa nascere in me la sete del dolce desiderio (di appagarti), s’adempia meglio, la tua voce esprima senza timore, franca e lieta la tua volontà, esprima il tuo desideri, per il quale è già pronta la mia risposta!”
Io mi rivolsi a Beatrice, ed ella comprese prima che parlassi, e sorridendo mi fece un cenno che accrebbe il mio desiderio.
Poi incominciai così: “ Non appena aveste la visione di Dio, che è perfetta uguaglianza (perché tutti i suoi infiniti attributi sono mente uguali e commisurati fra di loro), in ciascuno di voi sentimento e intelligenza si corrisposero perfettamente , poiché Dio, il sole che vi illumina con la luce (della sua sapienza) e vi infiamma con il fuoco (del suo amore), è così uguale (nei suoi attributi), che ogni somiglianza risulta inadeguata ad esprimerLo.
Invece nei mortali la volontà e lo strumento per esprimerla adeguatamente, per il motivo che voi conoscete ( la limitatezza e l’imperfezione umana), sono provveduti di ali di diversa potenza (cioè: la parola non sempre può realizzare ciò che la volontà desidera);
per cui io, che sono ancora mortale, sento di essere in questa disuguaglianza (tra volontà e parola), e perciò non ringrazio che col cuore per l’accoglienza festosa e paterna. Io ti supplico però, o spirito splendente come vivo topazio che adorni questo prezioso gioiello della croce, di appagare il mio desiderio di conoscere il tuo nome ”.
Allorché mi rispose, questo fu l’inizio del suo discorso:
“ O figlio mio, nel quale mi compiacqui anche solo aspettandoti, io fui tuo capostipite”.
Poi mi disse: “Alighiero, colui dal quale prende nome il tuo casato e che gira da più di cento anni nella prima cornice del monte del purgatorio, fu mio figlio e fu tuo bisavolo:
è proprio opportuno che tu gli abbrevi la lunga pena con i tuoi suffragi.
La Firenze del Passato
Firenze chiusa dentro la cerchia delle antiche mura, donde la città sente ancora il suono delle ore di terza e di nona, se ne stava in pace, sobria e onesta.
Le donne non usavano braccialetti, nè corone preziose, né gonne ricamate, né cinture tanto ricche da essere più vistose della persona che le portava).
La figlia, nascendo, non faceva ancora paura al padre, perché l’età e la dote non uscivano da una parte e dall’altra dalla giusta misura.
Non vi erano case vuote di prole; non era ancora giunto Sardanapalo a insegnare quali vizi e lussi si possono avere nel segreto della camera.
Monte Mario non era ancora vinto dal vostro Uccellatoio, il quale Monte Mario, come fu superato in magnificenza, così sarà superato nella decadenza.
La Decadenza di Firenze
Il fasto di Firenze, che si può ammirare dal monte Uccellatoio, non aveva ancora vinto il fasto della città di Roma, osservata dall'alto di Monte Mario. Ma come è stata rapida l'ascesa, altrettanto lo sarà l'inevitabile decadenza, che colpirà presto Firenze a causa della sua corruzione.
Le Famiglie Fiorentine
lo vidi Bellincione Berti portare una cintura di cuoio con fibbie d’osso, e vidi sua moglie tornare dallo specchio senza il viso dipinto;
e quelli della famiglia dei Vecchietti accontentarsi di indossare una semplice pelle non ricoperta di panno, e le loro donne intente agli umili lavori del fuso e della rocca.
Le famiglie guelfe dei Nerli e dei Vecchietti furono fra le più ragguardevoli di Firenze, secondo la notizia del Villani ( Cronaca IV, 12-13 ) .
La Vita Familiare e le Tradizioni
Oh donne fortunate! ciascuna sapeva con certezza il luogo dove sarebbe stata sepolta, e ancora nessuna era lasciata sola nel letto nuziale dal marito andato in Francia (per mercanteggiare ) .
Una vegliava amorosamente il bimbo in culla e, per consolarlo (quando piangeva), si serviva di quel linguaggio infantile che per primi i genitori stessi si divertono ad usare;
un’altra, filando, raccontava, stando seduta in mezzo alla sua servitù, le antiche storie dei Troiani, di Fiesole e di Roma.
Accanto alla dolcezza degli affetti familiari il Poeta ricorda il retaggio delle antiche glorie e degli antichi racconti, coltivato nell'intimità delle case. Nella gioia e nella pace della famiglia venivano rievocati l'arrivo dei Troiani in Italia, l'origine di Fiesole, la fondazione di Firenze da parte dei Romani dopo la distruzione di Fiesole: i tre cicli che costituivano il fulcro dei racconti tradizionali molto diffusi in Toscana (cfr. Villani, Cronaca 1, 6 sgg.). In queste tre terzine la rappresentazione dell'antica Firenze culmina in una poesia intima e delicata, celebrante gli aspetti della vita familiare, quelli, cioè, su cui si fonda la vita di ogni uomo. E Dante, I'exul immeritus, li avverte con la tenerezza disperante della nostalgia, che si fa sempre più acuta man mano che la speranza di un ritorno si allontana nel tempo. E' questa una pagina autobiografica che per il fatto di essere rivissuta nell'atmosfera paradisiaca, dove tutto acquista un valore superiore e una dimensione eterna, si trasferisce su un piano universale, per cui la Firenze antica diventa il modello di ogni città perfetta, i dolori dell'esule rappresentano i dolori di chi ama la giustizia e ricerca la verità, e la memoria degli affetti goduti nella pace della propria casa e dellà propria città si trasforma nella celebrazione del culto della famiglia.
Cacciaguida e la Sua Discendenza
In quel tempo una donna dissoluta come Cianghella della Tosa, un barattiere come Lapo Saltarello sarebbero stati considerati una cosa straordinaria come, ora, un uomo probo come Cincinnato o una donna virtuosa come Cornelia.
A una vita cittadina cosiì tranquilla e bella, tra una cittadinanza cosi affiatata, in una così dolce dimora, mi fece nascere la Vergine Maria, che era stata invocata con alte grida da mia madre durante il parto (cfr. Purgatorio XX, 19-21); e nel vostro antico Battistero divenni cristiano e insieme ricevetti il nome di Cacciaguida.
Cacciaguida e la Sua Storia
Di Cacciaguida, trisavolo di Dante, nato intorno al 1091 e morto verso il 1147, non abbiamo altre notizie (ad eccezione di un documento del 1189 dal quale risulta che era già morto) se non quelle che il Poeta ci presenta in questi ultimi versi del canto.
Cacciaguida e la Sua Famiglia
Miei fratelli furono Moronto ed Eliseo: la mia sposa fu originaria della valle del Po; e da lei ebbe origine il tuo cognome.
Non abbiamo notizie neppure dei due fratelli di Cacciaguida. Poiché un'antica tradizione ricorda che la famiglia fu legata da vincoli di parentela con quella degli Elisei, che vantava un'origine romana, il Ricci diede questa spiegazione: Moronto fu anche Eliseo, cioè mantenne il cognome degli Elisei, mentre Cacciaguida, che sposò un'appartenente alla famiglia Ferrarese (di dal di Pado) degli Aldighieri, diede origine al ramo degli Alighieri.
Cacciaguida e l'Imperatore Corrado
Poi seguii l’imperatore Corrado; ed egli mi fece suo cavaliere, tanto ero entrato nelle sue grazie per il mio valore.
Lo seguii andando a combattere contro l’iniquità di quella religione il cui popolo, per colpa dei papi (che si disinteressano di questo problema ), usurpa i diritti della cristianità (sulla Terrasanta).
Qui ad opera di quella gente turpe fui sciolto dai legami del mondo fallace, l’amore del quale abbrutisce molte anime;
e dal martirio ( della morte per la fede) venni alla pace del paradiso ”.
Domande da interrogazione
- Qual è il significato della croce luminosa e il suo legame con Cacciaguida?
- Come viene descritta la Firenze del passato?
- Chi era Cacciaguida e quale ruolo ha nella storia di Dante?
- Quali sono le tradizioni familiari e culturali ricordate da Dante?
- Qual è il significato della missione di Cacciaguida con l'imperatore Corrado?
La croce luminosa rappresenta la beatitudine e la missione divina, e Cacciaguida, pur partecipando della beatitudine, si protende verso Dante con affetto paterno, simboleggiando la rivelazione della missione di Dante, simile a quella di Enea con Anchise.
Firenze del passato è descritta come una città sobria e onesta, con famiglie unite e tradizioni semplici, lontana dalla corruzione e dal lusso eccessivo che caratterizzano la sua decadenza futura.
Cacciaguida era il trisavolo di Dante, nato intorno al 1091, e rappresenta un legame con il passato glorioso di Firenze. Egli conferma la missione divina di Dante e simboleggia la purezza e la fede che Dante desidera restaurare.
Dante ricorda le tradizioni familiari di affetto e unità, come le storie raccontate in famiglia sui Troiani, Fiesole e Roma, che rappresentano un modello di vita perfetta e un retaggio culturale importante.
Cacciaguida seguì l'imperatore Corrado come cavaliere, combattendo per la cristianità contro l'iniquità, e morì martire, trovando la pace in paradiso. Questo simboleggia il sacrificio per la fede e la giustizia, valori centrali nella missione di Dante.