Concetti Chiave
- Nel Canto XXVI dell'Inferno, Dante e Virgilio incontrano lo spirito di Ulisse, punito nella bolgia dei consiglieri fraudolenti per l'inganno del cavallo di Troia.
- Ulisse, secondo Dante, sfida la grazia divina oltrepassando i limiti della ragione umana, simboleggiato dal suo ultimo viaggio oltre le colonne d'Ercole.
- Ulisse è avvolto in una fiamma biforcuta come punizione per aver usato il linguaggio per inganni, un chiaro esempio della legge del contrappasso.
- Dante rappresenta Ulisse come un esempio di orgoglio umano destinato a fallire senza il supporto della grazia divina, culminando nella sua morte durante una tempesta divina.
- Il confronto tra Ulisse dantesco e omerico mostra un eroe che antepone la sete di conoscenza agli affetti familiari, diversamente dall'Ulisse protettivo dell'Odissea.

Indice
Inferno Canto XXVI: Virgilio e Dante incontrano lo spirito di Ulisse
Nel Canto XXVI dell’Inferno, Dante e Virgilio (accompagnatore di Dante nei due dei tre regni ultraterreni, cioè Inferno e Purgatorio) si allontanano dalla settima bolgia dell’ottavo cerchio, per dirigersi verso l’ottava bolgia dell’ottavo cerchio, quella dei consiglieri fraudolenti.
Prima di giungere nell’ottava bolgia dell’ottavo cerchio, Dante rivolge delle aspre invettive contro Firenze, in quanto, nella settima bolgia dell’ottavo cerchio, ha visto ben cinque ladri fiorentini che non fanno certo onore alla sua città e dice che, se i sogni mattutini sono veritieri, allora Firenze avrà il suo castigo e più passerà il tempo dell’attesa del castigo, più forte sarà il castigo, quando esso giungerà. Dante, risale insieme a Virgilio lungo le rocce, fino al ponte che sovrasta l’ottava bolgia. Qui brillano nell’oscurità numerose fiammelle, simili a lucciole. Virgilio spiega che ognuna di esse ospita un peccatore. I dannati vengono ora nascosti dalle fiamme, così come in vita ordirono nascostamente le loro frodi. Quando parlano, le fiammelle si agitano come lingue, essendo la lingua l’organo con cui si costruiscono gli inganni. In questa metafora si nasconde il contrappasso della loro pena. Dante, ansioso di entrare in contatto con uno di loro, si sporge appoggiandosi ad una roccia. Notando una fiamma divisa in due chiede a Virgilio chiarimenti e viene a sapere che al suo interno sono punite due anime, quelle di Ulisse e di Diomede, che peccarono congiuntamente ordendo la frode del cavallo di Troia. Dante vorrebbe a tutti i costi parlare con loro, ma Virgilio gli spiega che è meglio evitare perché, essendo stati Greci, sarebbero restii a parlare con Dante. Quindi, sollecitato da Dante, Virgilio chiama le due anime. Gli risponde la fiamma biforcuta che afferma di contenere lo spirito di Ulisse e riepiloga rapidamente le sue imprese. La curiosità del poeta si concentra sulle ignote modalità della morte del grande eroe. Ulisse afferma che, dopo essersi allontanato dalla dimora della maga Circe, non volle tornare coi suoi compagni a Itaca, ma scelse di navigare in mare aperto. Quindi confessa di essere stato di nuovo travolto dall’ardore di conoscere il mondo e l’umanità e di avere abbandonato ancora Itaca e sua moglie fedele, per intraprendere un viaggio ai confini del mondo. Raggiunto lo stretto di Gibilterra, limite delle terre conosciute, rivolse ai compagni un grande discorso per invogliarli ad oltrepassare le colonne d'Ercole. Attraversato il mediterraneo e le colonne d’Ercole esortò nuovamente i suoi compagni a sostenerlo nell’esplorazione dell’emisfero australe, ritenuto allora disabitato, appellandosi al desiderio umano di conoscenza. Virò verso sud, guidato dagli astri e dopo cinque mesi avvistò una montagna altissima, il monte del Purgatorio. L’epilogo del viaggio è un monito di Dante all’orgoglio umano, destinato a fallire se procede follemente oltre i limiti consentiti, non sostenuto dalla grazia di Dio. Giunto in vista della terra agognata, Ulisse venne punito dalla volontà divina, che con una fortissima tempesta capovolse e affondò immediatamente la nave, causando la morte dell'eroe e del suo equipaggio.
Per ulteriori approfondimenti sul Canto XXVI dell'Inferno vedi anche qua
Peccati dell’Ulisse dantesco
Andando ad analizzare il capolavoro dantesco, la Divina Commedia, possiamo notare come il poeta fiorentino abbia inserito all’ interno dell’opera numerose figure storiche.
In particolare, nel Canto XXVI dell’Inferno, è possibile osservare come Dante abbia introdotto al suo interno la famosa figura della mitologia classica Ulisse, protagonista dell’Odissea, e il suo fedele amico Diomede, dedicando al primo buona parte del canto. Vengono collocati fra i consiglieri fraudolenti e sono tenuti a scontare le serie di imbrogli che avevano architettato durante la loro vita tramite un uso sapientissimo del linguaggio (primo su tutti l'inganno del cavallo di Troia). Per la legge del contrappasso, poiché in vita sfruttarono la lingua per ordire inganni e frodi, adesso si ritrovano avvolti in una lingua di fuoco. In questo caso, un grande dell’antichità, che avrebbe potuto ambire a far parte degli spiriti magni del limbo viene sprofondato da Dante in malebolge. Ulisse non sconta soltanto il peccato della frode, quanto la più pericolosa tendenza a sfidare orgogliosamente la grazia divina, basandosi sulle limitate forze della ragione umana.
Ulisse dantesco e Ulisse omerico a confronto
E' possibile mettere a confronto l'Ulisse dantesco e quello omerico, tra i quali emergono delle discrepanze. Infatti il primo non è l'eroe omerico del ritorno alla patria e alla famiglia: non ignora gli affetti familiari, ma questi non riescono a deviarlo dal suo bisogno di conoscenza. Inoltre, in Dante, Ulisse si rivolge ai compagni chiamandoli "fratelli" e invitandoli ad interrogarsi sul senso della vita e a non privarsi dell’ occasione di continuare ad ampliare le proprie conoscenze, mentre, l'Ulisse omerico, era più apprensivo e protettivo nei confronti dei suoi compagni.
Domande da interrogazione
- Qual è il contesto dell'incontro tra Dante e lo spirito di Ulisse nel Canto XXVI dell'Inferno?
- Quali sono i peccati attribuiti a Ulisse nel Canto XXVI dell'Inferno?
- Come viene rappresentato il contrappasso per i consiglieri fraudolenti, come Ulisse, nell'Inferno di Dante?
- In che modo l'Ulisse dantesco differisce dall'Ulisse omerico?
- Qual è il messaggio di Dante riguardo all'orgoglio umano attraverso la storia di Ulisse?
Nel Canto XXVI dell'Inferno, Dante e Virgilio si trovano nell'ottava bolgia dell'ottavo cerchio, dove sono puniti i consiglieri fraudolenti. Qui incontrano lo spirito di Ulisse, che condivide la sua storia e il suo peccato di frode e sfida alla grazia divina.
Ulisse è punito per il peccato di frode, avendo ideato l'inganno del cavallo di Troia, e per aver sfidato la grazia divina, confidando eccessivamente nella ragione umana.
I consiglieri fraudolenti sono avvolti in lingue di fuoco, un contrappasso che riflette l'uso ingannevole della lingua per ordire frodi durante la loro vita.
L'Ulisse dantesco è spinto da un insaziabile desiderio di conoscenza, che lo porta a trascurare gli affetti familiari, mentre l'Ulisse omerico è più attento al ritorno alla patria e alla protezione dei suoi compagni.
Dante usa la storia di Ulisse come monito contro l'orgoglio umano, sottolineando che la ricerca di conoscenza senza il supporto della grazia divina è destinata a fallire, come dimostrato dalla tragica fine di Ulisse e del suo equipaggio.