Concetti Chiave
- Ulisse, nella Commedia di Dante, incarna il desiderio inarrestabile di conoscenza e l'ambizione di superare i limiti umani, sfidando l'ignoto con la sola intelligenza umana.
- Dante descrive Ulisse come un eroe che, ingannando i suoi compagni con eloquenza, decide di oltrepassare le Colonne d'Ercole, simbolo dei confini invalicabili della conoscenza umana nella cultura medievale.
- L'eroismo di Ulisse è contrapposto al suo orgoglio e alla sua imprudenza, che lo portano a un tragico naufragio, rappresentando l'errore di affidarsi esclusivamente alla ragione umana.
- Nel canto XXVI dell'Inferno, Dante esprime sia condanna che ammirazione per Ulisse, evidenziando la complessità del personaggio e il suo fascino duraturo.
- Il viaggio di Dante si contrappone al "folle volo" di Ulisse: attraverso la grazia divina, simboleggiata dalle ali, Dante trascenderà i limiti umani e raggiungerà una conoscenza superiore.
Indice
Ulisse e la sete di conoscenza
Ulisse è uno dei personaggi più straordinari della Commedia: uomo astuto e ingannatore, ma perennemente assetato di conoscenza. Di quell’incendio è rimasta solo una flebile fiamma: essa racchiude per l’eternità l’anima di Ulisse assieme a quella del compagno Diomede. Dante chiede di poter parlare con loro, ma Virgilio, che conosce la superbia dei due Greci, suggerisce di lasciare che sia lui a parlare, poiché essi non rivolgerebbero mai la parola a un uomo non famoso
● la brama di conoscenza
● il desiderio di superare i limiti
● l’impossibilità di penetrare il mistero senza l’aiuto della grazia divina
● Terzine di endecasillabi a rima incatenata (schema: ABA BCB CDC ecc.).
Il viaggio di Ulisse
Nei versi non antologizzati Virgilio ha rivelato a Dante che la fiammella biforcuta al fondo dell’ottava bolgia imprigiona le anime degli eroi greci Ulisse e Diomede. Dante, allora, è ansioso di sapere in che modo l’eroe sia morto: Virgilio glielo chiede e Ulisse risponde. Appena liberatosi dall’incantesimo di Circe, egli lasciò l’Italia. Non si diresse però verso Itaca, ma prolungò il viaggio per soddisfare la sua sete di conoscenza. Anche se aveva una piccola nave e compagni ormai vecchi, non esitò a varcare le Colonne d’Ercole e a inoltrarsi nell’oceano inesplorato. Dopo cinque mesi di navigazione, giunse in vista di una montagna altissima (il monte del purgatorio). A quel punto, però, si levò un turbine improvviso, che sprofondò nell’abisso lui e i suoi compagni.
Il discorso di Ulisse
Scegliendo questa versione del mito, Dante sottolinea il tema dell’esplorazione dell’ignoto. Nulla può distogliere Ulisse dal desiderio di conoscere: a tal fine sacrifica ogni altro affetto, incluso il «debito amore» (v. 95) verso Penelope. Egli sa bene che il suo tentativo è impossibile: «aperto», cioè sconfinato, è il mare oggetto della sua esplorazione, mentre «picciola» è la «compagna» che lo segue nella sua impresa. Perciò, per convincere i membri del suo equipaggio a proseguire, l’eroe usa un’eloquenza straordinaria: prima li elogia (vv. 112-114), poi li incita all’impresa (vv. 115-117), fino all’appello finale (vv. 118-120), colmo di orgoglio nella distinzione fra l’uomo e i «bruti». Questa «orazion picciola» è la sintesi del personaggio Ulisse: eroe e, insieme, ingannatore. Il suo è un discorso improntato ai più alti valori umani, ma è anche un capolavoro di ambiguità e, forse, di astuzia ingannatrice. Infatti mostra solo il lato eroico dell’impresa, tacendo i rischi che essa comporta.
Limiti della conoscenza umana
Ulisse ha voluto indagare il mare sconfinato dell’essere confidando sulla sola umana intelligenza. Dal suo punto di vista, l’unica possibile conoscenza è quella che si ottiene mediante i sensi, mediante l’esperienza, trascurando del tutto la dimensione spirituale. Perciò, nel suo racconto, l’eroe usa un linguaggio materialista: (vv. 114-115); (vv. 97-98), (vv. 116-117). Ma a giudizio di Dante, e di tutta la cultura medievale, è sbagliato perseguire virtù e conoscenza con le sole forze umane, è un errore sfidare l’ignoto in modo tanto imprudente. La conoscenza umana, fondata su ragione ed esperienza, ha infatti dei limiti, dei «riguardi» invalicabili. In questo canto sono rappresentati dalle Colonne d’Ercole, che nella geografia medievale separano l’emisfero abitato da quello ignoto dell’oceano, che è disabitato perché completamente ricoperto dalle acque. Quest’altro emisfero è, per Dante, territorio del soprannaturale; perciò egli vi colloca la montagna del purgatorio. L’eccesso di fiducia nelle capacità umane è una colpa grave, che porta a una conseguenza inevitabile: chi non si ferma davanti a nulla non può che fare naufragio. Dante, uomo del Medioevo cristiano, non può accettare la trasgressione di Ulisse.
Condanna e ammirazione per Ulisse
Anche se nobile nella sua origine, il desiderio di conoscenza di Ulisse si trasforma in superbo orgoglio: l’eroe del «folle volo» non può che fare naufragio, trascinando nella morte anche i compagni. Tuttavia, pur condannandolo, Dante riconosce che Ulisse si è dimostrato un grande spirito, un magnanimo. Da una parte, la volontà dell’eroe greco di forzare ogni limite e la sua superbia intellettuale sono condannabili; dall’altra parte, però, è ammirevole lo sforzo titanico di Ulisse di andare “oltre”, di uscire dagli ambiti ristretti che tale limite impone. Condanna e ammirazione – due dimensioni che normalmente si escludono a vicenda – convivono nel canto XXVI dell’Inferno: è la ragione del suo fascino perenne. Anche Dante, nel racconto della Commedia, arriverà vicino al punto in cui è naufragato Ulisse. Dopo aver attraversato tutto l’inferno giungerà infatti, assieme a Virgilio sulla spiaggia del purgatorio. Lì assisterà all’arrivo di un angelo «nocchiero», che trasporta sulla sua barca le anime dei defunti che espieranno i propri peccati nel secondo regno dell’oltretomba. Virgilio preciserà a Dante come quell’angelo voli servendosi di vere «ali», e che non ha bisogno del «remo» di cui si era servito Ulisse (Purgatorio II, vv. 31-33). Questa precisazione è molto importante: le ali simboleggiano il mezzo (la grazia divina) con cui l’uomo può conoscere il mistero. Lo stesso Dante, nel canto I del Paradiso, spiccherà il volo verso il cielo: “trasumanerà” verso l’alto. Il suo viaggio si contrappone quindi al «folle volo» di Ulisse, ossia al tragico naufragio a cui vanno incontro coloro che fondano il sapere solo sulla ragione, sui sensi e sull’esperienza umana.
Domande da interrogazione
- Qual è il tema centrale del viaggio di Ulisse nella Commedia di Dante?
- Come viene descritto il discorso di Ulisse e quale significato ha?
- Quali sono i limiti della conoscenza umana secondo Dante?
- In che modo Dante esprime sia condanna che ammirazione per Ulisse?
- Qual è la differenza tra il viaggio di Ulisse e quello di Dante nella Commedia?
Il tema centrale è la sete di conoscenza di Ulisse, che lo spinge a superare i limiti umani e a esplorare l'ignoto, nonostante i rischi e le conseguenze.
Il discorso di Ulisse è un esempio di eloquenza e ambiguità, in cui l'eroe incita i suoi compagni a proseguire l'impresa, mostrando solo il lato eroico e nascondendo i pericoli.
Dante ritiene che la conoscenza umana, basata solo su ragione ed esperienza, abbia limiti invalicabili e che sfidare l'ignoto senza la grazia divina porti inevitabilmente al fallimento.
Dante condanna l'orgoglio e la superbia di Ulisse, ma ammira il suo spirito titanico e il desiderio di andare oltre i limiti imposti, creando un fascino perenne nel canto XXVI dell'Inferno.
Il viaggio di Ulisse si basa solo sulla ragione e porta al naufragio, mentre quello di Dante, guidato dalla grazia divina, culmina nel "trasumanare" verso il cielo, simboleggiando una conoscenza più alta e spirituale.