Concetti Chiave
- L'Epistola XIII di Dante a Cangrande della Scala è fondamentale per capire i criteri di interpretazione della Divina Commedia, illustrando il rapporto tra senso letterale e allegorico.
- Dante utilizza un metodo analitico medievale, considerando sei aspetti fondamentali di ogni opera: soggetto, agente, forma, fine, titolo e genere filosofico.
- Nell'opera, Dante distingue tra allegoria dei poeti e allegoria dei teologhi, favorendo quest'ultima, dove il senso letterale possiede una verità storica oltre al significato allegorico.
- Dante spiega la differenza tra commedia e tragedia, sottolineando che la sua opera, la Commedia, inizia in una situazione difficile e si conclude positivamente, con un linguaggio umile.
- La Divina Commedia è definita commedia perché il viaggio di Dante parte dall'oscurità dell'Inferno e termina nella luce del Paradiso, utilizzando il volgare italiano per un linguaggio accessibile.
Indice
Riconoscenza di Dante a Cangrande
Fra le epistole di Dante, la XIII riveste un’importanza particolare. Insieme alla cantica del Paradiso, essa è indirizzata a Cangrande della Scala signore di Verona, presso il quale il poeta aveva trovato ospitalità e protezione. Nel testo, innanzitutto egli esprime una grande riconoscenza per il suo benefattore scrivendo di aver preso in esame i miseri doni messi da parte per lui, chiedendosi quale sarebbe stato il più degno e il più gradito.
Ma non riuscì a trovare niente di adatto eccetto la III cantica del Paradiso. L’importanza di questa epistola è costituita dalle indicazioni fornite dall’autore su come il lettore si debba avvicinare alla Divina commedia, quali sono i criteri di interpretazione e il rapporto esistente fra senso letterale e senso allegorico che sta alla base dell’intera opera.Metodo di analisi di Dante
Nell’affrontare i problemi, Dante procede secondo il metodo delle distinzioni e delle catalogazioni, tipico della tradizione medioevale. Egli analizza tutti gli elementi che costituiscono l’opera, precisando che prima di affrontare la lettura di una qualsiasi opera dottrinale, occorre discutere su sei aspetti: il soggetto, l’agente, la forma, il fine, il titolo del libro e il genere filosofico a cui esso appartiene. Occorre anche analizzare il criteri interpretativi.
Significato multiplo della Divina Commedia
Innanzitutto, Dante dichiara che il significato della sua opera non è uno solo: essa ha più significati. A tal fine egli fa distinzione fra senso letterale e senso allegorico e sembra che egli sia più propenso per l’allegoria dei teologhi. Nell’allegoria dei poeti il senso letterale è privo di qualsiasi verità: è una favola che rappresenta una cosa che sta al posto di un’altra cosa. Dante affronta la questione anche ne Il Convivio in cui riporta un’esemplificazione. Orfeo che con la sua cetra ammonisce gli animali feroci e fa muovere gli alberi è l’allegoria del saggio che rende docili gi animi crudeli e il punto di partenza è una favola, cioè un fatto irreale, mai storicamente avvenuto. Invece, nell’allegoria dei teologi anche il senso letterale è portatore di una verità, è un dato storico, con una propria autonomia. Un esempio ci è dato dal salmo In exitu Isräel de Aegypto in cui esso denota un fatto storico realmente accaduto che, però, ha un ulteriore significato: quello della Redenzione dell’uomo attraverso l’opera di Gesù Cristo. Nella Divina commedia si tratta di un’allegoria dei teologhi: il viaggio ultraterreno di Dante non è un artificio letterario che ci rimanda ad una verità spirituale; si tratta di un evento storico che ha due significati, uno letterario e uno allegorico.
Differenza tra commedia e tragedia
Quindi viene affrontano il problema del titolo. Dante chiarisce la differenza fra commedia e tragedia. Esse differiscono per il fatto che il linguaggio della tragedia è alto e sublime, mentre quello della commedia è più dimesso e umile. Aggiunge che, come sostenuto da Orazio, agli scrittori di commedie può essere ammesso, a volte, di esprimersi come scrittori di tragedie e viceversa. Inoltre l’inizio della tragedia presenta una situazione serena, ma alla conclusione si presenta “fetida e paurosa”. Per la commedia, è il contrario: essa, per regola, deve cominciare dalla narrazione di una situazione difficile che però, si risolve bene. Detto ciò, è chiaro che l’opera di Dante può essere definita Commedia. Infatti, la situazione iniziale è paurosa (il poeta si è smarrito in una selva oscura) perché siamo nell’Inferno, ma la fine è gradita e piacevole per il lettore perché ci troviamo nel Paradiso. Inoltre il linguaggio è di livello basso, dimesso e umile perché lo scrittore adopera l’italiano volgare, parlato dal popolo.
Domande da interrogazione
- Qual è l'importanza dell'epistola XIII di Dante a Cangrande della Scala?
- Qual è il metodo di analisi utilizzato da Dante per affrontare i problemi?
- Come Dante distingue i significati nella Divina Commedia?
- Qual è la differenza tra commedia e tragedia secondo Dante?
- Perché la Divina Commedia è definita una commedia?
L'epistola XIII è importante perché esprime la riconoscenza di Dante verso Cangrande e fornisce indicazioni su come avvicinarsi alla Divina Commedia, spiegando il rapporto tra senso letterale e allegorico.
Dante utilizza un metodo di distinzioni e catalogazioni, tipico della tradizione medievale, analizzando sei aspetti fondamentali di un'opera dottrinale prima della lettura.
Dante distingue tra senso letterale e allegorico, preferendo l'allegoria dei teologi, dove anche il senso letterale porta una verità storica, a differenza dell'allegoria dei poeti.
La tragedia ha un linguaggio alto e inizia serenamente per finire in modo pauroso, mentre la commedia inizia con difficoltà e termina piacevolmente, con un linguaggio umile.
È definita commedia perché inizia con una situazione paurosa (Inferno) e termina piacevolmente (Paradiso), utilizzando un linguaggio umile e volgare.