Fabrizio Del Dongo
Genius
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Concetti Chiave

  • Il testo esprime un desiderio di durezza nel linguaggio, paragonando l'amata a una "petra" crudele, che non mostra pietà per il poeta.
  • La poesia esplora il tema dell'amore non corrisposto, evidenziando la sofferenza del poeta e il suo desiderio di vendetta verso l'amata insensibile.
  • Lo stile del poema è caratterizzato da rime aspre e dissonanti, riflettendo la durezza tematica e la complessità emotiva del contenuto.
  • Le rime petrose rappresentano una fase successiva all'opera "Vita Nuova", distinguendosi per il loro stile e i modelli letterari di riferimento.
  • Il testo è ricco di metafore materiali e immagini tratte da ambienti militari e marini, che sottolineano l'intensità e la fisicità delle emozioni descritte.

Indice

  1. L'Aspro Parlar
  2. La Durezza della Bella Petra
  3. L'Angoscia della Passione
  4. Il Tremore del Cuore
  5. La Spada di Amore
  6. Il Desiderio di Vendetta
  7. La Canzone della Vendetta
  8. Le Rime Petrose
  9. Lo Stile Aspro

L'Aspro Parlar

Così nel mio parlar voglio esser aspro

com’è ne li atti questa bella petra,

la quale ognora impetra

maggior durezza e più natura cruda,

e veste sua persona d’un diaspro

tal che per lui, o perch’ella s’arretra,

non esce di faretra

saetta che già mai la colga ignuda;

ed ella ancide, e non val ch’om si chiuda

né si dilunghi da’ colpi mortali,

che, com’avesser ali,

giungono altrui e spezzan ciascun’arme:

sì ch’io non so da lei né posso atarme.

La Durezza della Bella Petra

Non trovo scudo ch’ella non mi spezzi

né loco che dal suo viso m’asconda:

ché, come fior di fronda,

così de la mia mente tien la cima.

Cotanto del mio mal par che si prezzi

quanto legno di mar che non lieva onda;

e ’l peso che m’affonda

è tal che non potrebbe adequar rima.

L'Angoscia della Passione

Ahi angosciosa e dispietata lima

che sordamente la mia vita scemi,

perché non ti ritemi

sì di rodermi il core a scorza a scorza

com’io di dire altrui chi ti dà forza?

Il Tremore del Cuore

Che più mi triema il cor qualora io penso

di lei in parte ov’altri li occhi induca,

per tema non traluca

lo mio penser di fuor sì che si scopra,

ch’io non fo de la morte, che ogni senso

co li denti d’Amor già mi manduca:

ciò è che ‘l pensier bruca

la lor vertù sì che n’allenta l’opra.

La Spada di Amore

E’ m’ha percosso in terra, e stammi sopra

con quella spada ond’elli ancise Dido,

Amore, a cui io grido

merzé chiamando, e umilmente il priego:

ed el d’ogni merzé par messo al niego.

Egli alza ad ora ad or la mano, e sfida

la debole mia vita, esto perverso,

che disteso a riverso

mi tiene in terra d’ogni guizzo stanco:

allor mi surgon ne la mente strida;

e ‘l sangue, ch’è per le vene disperso,

fuggendo corre verso

lo cor, che ‘l chiama; ond’io rimango bianco.

Elli mi fiede sotto il braccio manco

sì forte che ‘l dolor nel cor rimbalza:

allor dico: "S’elli alza

un’altra volta, Morte m’avrà chiuso

prima che ‘l colpo sia disceso giuso".

Il Desiderio di Vendetta

Così vedess’io lui fender per mezzo

lo core a la crudele che ‘l mio squatra;

poi non mi sarebb’atra

la morte, ov’io per sua bellezza corro:

ché tanto dà nel sol quanto nel rezzo

questa scherana micidiale e latra.

Omè, perché non latra

per me, com’io per lei, nel caldo borro?

ché tosto griderei: "Io vi soccorro";

e fare’l volentier, sì come quelli

che nei biondi capelli

ch’Amor per consumarmi increspa e dora

metterei mano, e piacere’le allora.

S’io avessi le belle trecce prese,

che fatte son per me scudiscio e ferza,

pigliandole anzi terza,

con esse passerei vespero e squille:

e non sarei pietoso né cortese,

anzi farei com’orso quando scherza;

e se Amor me ne sferza,

io mi vendicherei di più di mille.

Ancor ne li occhi, ond’escon le faville

che m’infiammano il cor, ch’io porto anciso,

guarderei presso e fiso,

per vendicar lo fuggir che mi face;

e poi le renderei con amor pace.

La Canzone della Vendetta

Canzon, vattene dritto a quella donna

che m’ha ferito il core e che m’invola

quello ond’io ho più gola,

e dàlle per lo cor d’una saetta,

ché bell’onor s’acquista in far vendetta.

Nel mio modo di parlare voglio essere duro

com’è dura nel suo atteggiamento questa bella donna crudele

[petra = donna crudele. Si tratta della tecnica del “sehal”, caratteristica della letteratura provenzale];

che racchiude in se sempre

una maggiore durezza e una crudeltà di temperamento,

e si ricopre di un diaspro, tanto che

per causa sua o per il fatto che essa indietreggia

non esce nessuna freccia dalla faretra di Amore

in grado di colpire una parte ignuda non coperta;

mentre lei, viceversa, infligge ferite mortali e non serve che ci cerchi riparo

che ci si allontani dai colpi mortali,

i quali, come se avessero le ali,

raggiungono comunque il bersaglio e trafiggono qualsiasi armatura:

cosicché io non so in alcun modo proteggermi da lei.

Non esiste scudo che essa non possa spezzare

né luogo che mi nasconda dalla sua vista:

poiché come il fiore sta in cima alla fronda,

così lei è in cima ad ogni mio pensiero.

E pare che si curi della mia sofferenza

quanto una nave pare curarsi di in mare in bonaccia;

e l’angoscia che mi abbatte

è tale che nessun componimento poetico lo potrebbe esprimere.

Ahi angosciosa e spietata lima [metafora per indicare la passione che lega il poeta alla donna]

che senza far rumore, logori la mia vita [come la lima logora il ferro]

perché non hai alcun ritegno

di corrodermi così il cuore a poco a poco

come invece io ritengo di rivelare il nome di colei che ti dà tanto vigore?

[“colei” si riferisce a colei dà tanto vigore alla passione amorosa. Si tratta del principio cortese secondo cui si deve tacere l’identità della persona amata o vederla sotto un “sehal” o soprannome, come del resto, qui è Petra]

Giacché il cuore è in preda ad un tremito ogni volta che io penso

Aa lei in un luogo verso cui qualcuno possa spingere lo sguardo,

per paura che il mio pensiero d’amore traspaia all’esterno

tanto da farsi manifesto

[il mio tremito] è più forte è più forte di quello che mi procura il pensiero della morte

Che con i denti di Amor mi mangia:

ciò significa che il pensiero d’amore corrode

la loro [la facoltà dei sensi] facoltà, tanto che la loro attività è parzialmente impedita.

Amore, colpendomi, mi ha gettato a terra

E mi sta sopra con la spada con cui uccise Didone,

Amore, a cui mi rivolgo

Invocando pietà e pregandolo con umiltà:

ma egli sembra essere deciso a negarmi ogni grazia.

Ogni tanto, alza la mano e fa disperare

la mia debole vita, questo essere perverso [= Amore],

che in posizione distesa e supina

mi costringe a rimanere a terra, tanto esausto da non poter fare alcun movimento:

allora nella mente mi sorgono dei gridi;

e il sangue, che fluisce nelle vene,

fuggendo, scorre verso

il cuore, che lo sta chiamando; per cui io divento pallido [come un morto].

Egli mi colpisce sotto il braccio sinistro

così forte che il dolore subito si propaga al cuore;

allora dico: “Se egli alza la mano in atto di colpire

un’altra volta, la Morte mi avrà ucciso per sempre

prima che il colpo non arrivi fino in fondo”.

Così potessi io vedere da lui trafitto e spezzato in due

il cuore il cuore della donna crudele che squarta il mio;

dopo ciò non mi sarebbe sgradita

la morte verso la quale sto correndo a causa della sua bellezza:

poiché questa assassina e ladra

colpisce, senza fare alcuna distinzione tanto alla luce che al buio.

Ahimè, perché lei non urla

per causa mia, nell’infuocato baratro [ inferno, ricordato in senso metaforico] come faccio io per causa sua?

che io griderei subito: “Vengo in vostro aiuto”;

e lo farei volentieri, in quanto potrei mettere le mani

tra quei suoi capelli biondi

che Amore, per rodermi fino alla consunzione,

rende ricci e dorati.

Se io avessi afferrato le belle trecce,

che per me sono diventate scudiscio e frusta,

prendendole prima dell’ora terza [= prima delle nove]

le tratterrei fino all’ora del Vespro e a quella successiva della squilla [dell’ Ave Maria]

e non mi comporterei ne da persone compassionevole, né gentile,

anzi farei come l’orso quando si diverte;

[con l’immagine dell’orso siamo molto distanti dalla poesia spiritualizzata del dolce Stilnovo]

e se Amor mi frusta [con le sue trecce]

io mi vendicherei con più di mille frustate.

Inoltre negli occhi, da cui escono i raggi di luce

Che mi infiammano il cuore, che io reco in me ormai morto,

guarderei da vicino e con grande fissità,

per vendicarmi del fatto che ora lei sfugge ai miei sguardi

e poi la perdonerei e ricambierei il suo amore.

O Canzone, vattene dritto verso quella donna

che mi ha ferito il cuore e che mi ha sottratto

ciò che io più intensamente desidero [si riferisce all’amore, ma probabilmente anche alle gioie del corpo]

e colpiscila nel cuore con una freccia:

poiché l’onore si acquista vendicandosi.

Le Rime Petrose

Le rime petrose sono chiamate così perché dedicate ad una donna crudele. Nell lirica cortese la donna crudele è una donna che corrisponde all’amore dell’uomo e quindi che non mostra alcuna pietà per la sua sofferenza. Per questo, per la sua insensibilità, essa viene paragonata ad una pietra e designata, appunto con il sehal di “pietra”. Esse appartengono alla fase successiva a quella della Vita Nuova e dello Stilnovo da cui si differenziano dal punto di vista stilistico e per il modello letterario di riferimento. Questa canzone è l’ultima della quattro che compongono la raccolta: è articolata in sei strofe di 13 versi ciascuna (endecasillabi o settenari, seguite da un congedo (o sirma)

Lo Stile Aspro

Il testo è un esempio significato di stile “aspro” e di tematiche altrettanto “aspre, difficili e dolorose”. Infatti la vendetta sia fisica che erotica e psicologica del poeta nei confronti della donna crudele trova una corrispondenza nelle rime fatte di irregolarità e di dissonanze, come riportato alla fine dell’Inferno, canto XXXII, 1) “sìio avessi le rime aspre e chiocce,/come si converrebbe al tristo buco/sovra ‘l qual pontan tutte l’altre rocce/…” Anche nel De vulgari eloquentia, Dante ammette le rime aspre, purché mescolate con rime dolci, ma in questa canzone le rime aspre esistono soltanto allo stato puro. Inoltre, nella poetica medioevale vigeva la regola che lo stile doveva essere sempre rapportato alla situazione tematica, come fa Dante in questa canzone.

1) Presenza nelle rime di nessi consonantici aspri, quali TR, RZ, RM, ZZ, RS, LZ

2) Frequenti sequenze di suoni aspri che, a volte, creano allitterazioni: sfida, stanco, strida, perverso, riverso, disperso, mezzo, rezzo, borro, corro, soccorro

3) Presenza di rime rare e difficili: ferza/terza, scherza/sferza, squatra/atra/latra.

4) Presenza molto diffusa di metafore, quasi tutte di riferimento materiale: metafore tratte da ambienti militari marini o comunque ricavate da altri campi dell’esperienza.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il tema principale delle "Rime Petrose"?
  2. Le "Rime Petrose" sono dedicate a una donna crudele, paragonata a una pietra per la sua insensibilità verso l'amore del poeta, e rappresentano una fase successiva alla "Vita Nuova" e allo Stilnovo.

  3. Come viene descritto lo stile utilizzato nel testo?
  4. Lo stile è definito "aspro", caratterizzato da irregolarità, dissonanze e nessi consonantici duri, in linea con le tematiche di vendetta fisica, erotica e psicologica.

  5. Quali sono le caratteristiche delle rime nel testo?
  6. Le rime sono aspre e difficili, con frequenti allitterazioni e l'uso di metafore tratte da ambienti militari e marini, creando un effetto sonoro che riflette la durezza del tema.

  7. Qual è il ruolo della metafora della "lima" nel testo?
  8. La "lima" è una metafora per la passione amorosa che logora silenziosamente la vita del poeta, simboleggiando la sofferenza causata dall'amore non corrisposto.

  9. Come viene rappresentato il concetto di vendetta nel testo?
  10. La vendetta è un tema centrale, espressa attraverso il desiderio del poeta di colpire la donna crudele con una freccia, acquisendo onore attraverso l'atto di vendicarsi.

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