Fabrizio Del Dongo
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Concetti Chiave

  • Il De Monarchia di Dante è un trattato politico scritto in latino tra il 1312 e il 1313, destinato a un pubblico colto e strutturato in tre libri.
  • Dante sostiene nel primo libro che l'Impero è essenziale per il benessere dell'umanità, garantendo la pace e permettendo lo sviluppo delle potenzialità individuali.
  • Nel secondo libro, Dante giustifica il diritto del popolo romano all'Impero, riconoscendone il valore intrinseco e difendendo la legittimità delle loro conquiste.
  • Il terzo libro affronta la questione del rapporto tra Imperatore e Papa, sostenendo l'autonomia di entrambe le autorità, con un'attenzione particolare alla teoria regalista.
  • Dante si oppone alla teoria teocratica, valorizzando la storia e i valori universali di Roma, ma riconosce che la sua proposta politica era utopistica nel contesto del XIV secolo.

Il trattato De Monarchia, scritto fra il 1312 e il 1313,è un’opera di Dante, scritta in latino perché destinata ad un pubblico di dotti. Dispone di una solida struttura argomentativa e contiene un’esposizione organica del pensiero politico dell’autore. Esso è articolato in tre libri.

Indice

  1. L'Impero come garante di pace
  2. Il diritto e il popolo romano
  3. Rapporto tra Imperatore e Papa
  4. Opposizione alla concezione teocratica
  5. Valorizzazione della storia romana
  6. Utopia politica di Dante

L'Impero come garante di pace

Si sostiene che per il benessere dell’umanità è necessario l’Impero: affinché possano essere sviluppate appieno le potenzialità dell’individuo è indispensabile la pace e questa può essere garantita soltanto dalla giurisdizione di un solo reggente che Dante definisce “pastore”. Con una serie di argomentazioni vengono così legittimate sia la felicità e le finalità terrene dell’uomo, sia l’Impero romano che con Augusto portò la pace universale e che rappresentò l’attuazione di un ben preciso disegno della Provvidenza.

Il diritto e il popolo romano

Dante dimostra che il popolo romano per valore intrinseco e per diritto meritava l’Impero. Confessa di aver creduto, inizialmente, che alla base della potenza e delle conquiste romane ci fosse la violenza ed espone il motivo che, in seguito, gli hanno fatto cambiare idea. Per questo, analizza il concetto di diritto di cui il popolo roano si dimostrò interprete e difensore. Inserisce alcune citazioni di Tito Livio, Cicerone e Virgilio e presenta le figure esemplari di Catone, Camillo e Cincinnato.

Rapporto tra Imperatore e Papa

Viene affrontato il problema del rapporto fra Imperatore e Papa, peraltro molto discusso e attuale in quel tempo. Innanzitutto, confuta gi argomenti addotti da coloro che sostengono la supremazia del papa ricorrendo alle Sacre Scritture e alla storia. Fra tali argomenti abbiamo la donazione di Costantino che, per Dante, giuridicamente è nulla dal momento che né l’Imperatore, il cui dovere è di garantire l’integrità dell’Impero, poteva alienarne una parte, ne il papa poteva ricevere una donazione perché, in tal caso, avrebbe violato il precetto evangelico che esclude il possesso di qualsiasi bene terreno. I compiti e gli ambiti di competenza dell’uno e dell’altro sono per Dante distinti e autonomi, anche se complementari: alla felicità terrena dell’uomo deve provvedere l’Imperatore e al raggiungimento della felicità celeste e quindi alla salvezza dell’anima, deve provvedere il Papa. Quindi, si tratta di due autorità autonome, volte entrambe ad attuare i disegno provvidenziali di Dio: né l’Imperatore riceve legittimazione e autorità dal Pontefice, né il Pontefice dall’Imperatore. La prima teoria prende il nome di tesi teocratica e la seconda di tesi regalista; entrambi ricevono l’autorità da Dio e da Dio dipendono. Con una similitudine che in parte attenua l’autonomia precedentemente affermata, Dante conclude però il libro, sostenendo che come la felicità terrena è in subordine rispetto alla beatitudine celeste, così l’Imperatore deve mantenere nei confronti del Pontefice quella riverenza (che potrebbe essere anche intesa come subordinazione) che ha il figlio primogenito verso il padre.

Opposizione alla concezione teocratica

L’opposizione di Dante alla concezione teocratica è netta. La teoria era stata ben chiarita e sostenuta da Bonifacio VIII nella bolla Unam sanctam Ecclesiam che comportava la dipendenza totale dello Stato dalla Chiesa e la giurisdizione completa e diretta del Papa negli affari temporali e in quelli spirituali. A questa teoria Dante si oppone muovendo da una premessa filosofica (duplicità del destino dell’uomo che consiste nel raggiungimento della felicità terrena e della felicità eterna) e contestando la legittimità della donazione di Costantino dalla quale il Papa faceva derivare la sua “plenitudo potestatis”. Queste argomentazioni si ritrovano frequentemente anche nella Divina commedia.

Valorizzazione della storia romana

Sul piano storico-culturale la valorizzazione che opera Dante a proposito dei dati umani e terreni (uno dei due scopi dell’uomo è il raggiungimento della felicità terrena e lo strumento ideale per raggiungere tale fine è l’Impero) è di notevole importanza. Lo scrittore recupera e valorizza la storia di Roma che ha avuto una funzione provvidenziale; il popolo romano, come popolo eletto, è quasi assimilato a quello d’Israele anche se non destinatario della Rivelazione. Dante riconosce alla cultura e alla saggezza classica un notevole credito perché il suoi valori sono talmente universali che non li possiamo rifiutare.

Utopia politica di Dante

Sul piano contingente (siamo agli inizi del XIV secolo), la proposta politica di Dante è una pura utopia. Ormai il Papato e l’Impero erano entrati in una crisi senza ritorno e l’Impero stava disgregandosi, a seguito della formazione degli Stati nazionali e dei Comuni. Pertanto, sostenendo l’idea di “un solo pastore” e di “un solo gregge”, Dante si poneva al di fuori della realtà.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il ruolo dell'Impero secondo Dante nel trattato De Monarchia?
  2. Dante sostiene che l'Impero è essenziale per il benessere dell'umanità, poiché solo un reggente unico può garantire la pace necessaria per sviluppare appieno le potenzialità dell'individuo.

  3. Come giustifica Dante il diritto del popolo romano all'Impero?
  4. Dante dimostra che il popolo romano meritava l'Impero per il suo valore intrinseco e diritto, inizialmente credendo che la potenza romana derivasse dalla violenza, ma poi cambiando idea attraverso l'analisi del concetto di diritto.

  5. Qual è la posizione di Dante sul rapporto tra Imperatore e Papa?
  6. Dante ritiene che Imperatore e Papa siano autorità autonome e complementari, con l'Imperatore responsabile della felicità terrena e il Papa della felicità celeste, opponendosi alla concezione teocratica di supremazia papale.

  7. In che modo Dante valorizza la storia romana nel suo trattato?
  8. Dante valorizza la storia romana riconoscendo il suo ruolo provvidenziale e assimilando il popolo romano a un popolo eletto, attribuendo alla cultura classica un valore universale.

  9. Perché la proposta politica di Dante è considerata un'utopia?
  10. La proposta politica di Dante è vista come un'utopia perché, nel contesto del XIV secolo, il Papato e l'Impero erano in crisi e l'idea di un unico reggente era ormai irrealistica a causa della formazione degli Stati nazionali e dei Comuni.

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